Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
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Relatori del convegno MOBBING E STALKING aspetti penali, procedurali e civili

ABSTRACT dell'INTERVENTO di FLORIANA MARIS *
Patrocinante in Cassazione, Foro di Milano

TITOLO: "Stalking: determinazione dei beni giuridici protetti dalla norma, adeguatezza e soglia della tutela penale"

Il fenomeno c.d. dello "Stalking", insidioso, in quanto si manifesta anche con condotte apparentemente lecite ed innocue (il c.d. stalking mite), grave e di indiscutibile rilevanza criminologica per l'impatto delle molestie ossessive sulle vittime ha trovato riconoscimento nel nostro ordinamento penale con il d.l. 20 febbraio 2009, n. 11 ("misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori") decreto poi convertito, praticamente senza modifiche (salvo quella relativa alla circostanza aggravante dell'omicidio) dalla L. 23 aprile 2009, n. 38.

L'iter legislativo suscita non poche perplessità in ordine al ricorso da parte del Governo al metodo della legiferazione per decreto. A una normativa di criminalizzazione dello stalking sarebbe stato più consono un dibattito ed un confronto più ampio nell'assemblea parlamentare: si sarebbero, probabilmente, potuti superare non pochi aspetti critici che la nuova fattispecie presenta in termini di chiarezza e precisione nonché di tassatività o sufficiente determinatezza.

I BENI GIURIDICI PROTETTI DALLA NUOVA FATTISPECIE PENALE

Con la previsione dell'art. 612 bis c.p., che reca il titolo "atti persecutori", il legislatore ha inteso sanzionare la complessa e articolata fenomenologia di comportamenti aggressivi, intrusivi dell'altrui sfera psichica, con conseguente compromissione dei diritti di libertà individuale, morale, psichica della vittima.

Secondo la dottrina 1, la nuova fattispecie di stalking nasce dall'esigenza di punire "condotte prive del requisito della violenza: ogni atto caratterizzato dalla violenza sulla persona, infatti, da sempre trova ben più di una norma nell'ordinamento penale preposta alla sua punizione (percosse, violenza privata, lesioni personali, violenza sessuale), sicché per le condotte sussumibili sotto queste fattispecie non poteva ravvisarsi alcuna lacuna, perlomeno sul piano strettamente sanzionatorio"; si tratterebbe di "condotte che precedono e in qualche modo annunciano (secondo l'esperienza) un fatto di violenza, a differenza delle norme incriminatrici già presenti nel nostro codice penale che sono applicabili quando la situazione è ormai "precipitata"".

Il bene giuridico protetto da condotte non violente di molestia o minaccia si sostanzierebbe nella "serenità psichica" della vittima, nel suo diritto a vivere tranquillamente al riparo di timori ingenerati dalle condotte assillanti del proprio molestatore. Questa tesi si giustifica, almeno in parte, per la collocazione della nuova norma nella sezione dedicata ai delitti contro la libertà morale, ma subito dopo l'art. 612 sulla minaccia, il cui bene giuridico, secondo la tesi più accreditata (Antolisei, Fiandaca e Musco, Dolcini e Marinucci) si ravviserebbe nella tranquillità psichica della vittima e non nella sua libertà morale o di autodeterminazione, bene specificatamente tutelato dalla norma sulla violenza privata (610 c.p.).

Si osserva che una collocazione nell'ambito contravvenzionale (660 bis c.p.) non avrebbe consentito di dare conto del disvalore del fenomeno criminale, volto a prevenire più gravi delitti e di offrire una adeguata tutela (attraverso provvedimenti restrittivi nei confronti dello stalker) alla vittima, mentre la collocazione dopo la violenza sessuale aggravata avrebbe tipicizzato la norma in un contesto specifico relativo alla tutela della sola libertà sessuale, bene non necessariamente violato dalle condotte di stalking. La collocazione, invece, immediatamente successiva all'art. 610, avrebbe inserito nella condotta di stalking l'elemento della violenza ("chiunque con violenza o minaccia costringe altri"), escludendo dalla sanzione le condotte prive del requisito della violenza, quelle minacciose, moleste, invadenti, petulanti poste normalmente in essere dallo stalker.

La nuova fattispecie di atti persecutori, pur se inserita tra i delitti contro la libertà morale, cerca di tutelare nel suo complesso una fascia di interessi individuali, non necessariamente omogenei. Da qui la difficoltà di tipizzazione del fatto. Il delitto in esame è generalmente interpretato 2 come fattispecie causale che richiede la realizzazione di almeno uno tra i tre diversi tipi di evento descritti: il perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone a lei vicine, o, infine, il mutamento delle abitudini di vita.

L'eterogeneità degli eventi costitutivi del reato induce alla conclusione che diversi sono anche i beni giuridici tutelati dalla nuova fattispecie incriminatrice: l'integrità psico-fisica, la tranquillità psichica e da ultimo la libertà di autodeterminazione. Quello di atti persecutori sembra, dunque, essere un reato (eventualmente) plurioffensivo volto a tutelare, innanzitutto, la libertà di autoderteminazione della vittima - che viene compromessa dalla condotta dello stalker - nonché la tranquillità personale e la stessa salute mentale e fisica (l'integrità individuale), compromessa dalle reiterate condotte di minaccia e di molestia. Peraltro le due modalità della condotta di atti persecutori, la minaccia e la molestia, integrano due autonome fattispecie; quella che tutela la libertà morale intesa come libertà interna e quella che tutela la tranquillità personale intesa come "privatezza" e intangibilità della sfera di vita privata.

Secondo Valsecchi "si profila così un rapporto di gravità scalare, rispetto in sostanza al medesimo bene giuridico (la tranquillità/serenità psichica), tra la contravvenzione di molestie (art. 660 c.p.), il delitto di minaccia (art. 612 c.p.) e il nuovo delitto atti persecutori (art. 612 - bis c.p.); rapporto di gravità scalare ben riflesso d'altronde dai diversi quadri sanzionatori predisposti per ognuna di queste tre fattispecie".

Come sottolineato da autorevole dottrina 3, "è inconfutabile che ad oggetto di tutela assurga innanzitutto la libertà morale del soggetto passivo, sotto il profilo specifico di libertà da intrusioni moleste e assillanti. Ma, nella misura in cui la violazione di tale libertà provoca nello stesso tempo disagi e turbamenti idonei a pregiudicare l'equilibrio psicofisico della vittima, ecco che la prospettiva di tutela è tale da trascendere la semplice libertà morale e da attingere l'ulteriore piano della integrità psichica del soggetto perseguitato".

ADEGUATEZZA E SOGLIA DELLA TUTELA PENALE

L'idoneità dell'intervento penale sullo stalking dovrà essere determinata in relazione al modello di intervento prescelto: fattispecie di pericolo o fattispecie di danno e della capacità del legislatore di tipizzare la fattispecie, secondo i principi di tassatività, determinatezza e di offensività. Le singole condotte poste in essere dallo stalker sono, infatti, talvolta in sé lecite e socialmente adeguate, ma la loro efficienza offensiva deriva dalla ripetizione ossessiva e caparbia. Proprio in funzione della reiterazione viene offeso un bene diverso da quelli già tutelati dalle norme sulle minacce e sulle molestie. Il concetto di "reiterazione" richiede non solo la ripetizione, ma anche la persistenza e la frequenza dell'azione.

Dunque reato di evento o reato di mera condotta? La Corte di Cassazione, in una delle primissime pronunce 4, stabilisce che "il delitto di atti persecutori è reato ad evento di danno e si distingue dal reato di minacce, che è reato di pericolo". Detta interpretazione è probabilmente quella voluta dal legislatore, ciò non dimeno emerge la difficoltà di utilizzare i parametri indicati nella nuova fattispecie, soprattutto il grave stato di ansia e di paura e il fondato timore per stabilire la soglia di comportamenti punibili, poiché si tratta di eventi psicologici di difficile accertamento e di carattere prettamente soggettivo 5.

Il legislatore avrebbe fatto meglio a richiedere semplicemente l'idoneità degli atti persecutori a provocare tali ripercussioni di tipo psicologico. La causazione di eventi legati alla sfera psichica potrebbe, infatti, verificarsi anche in casi di scarso disvalore della condotta, se la vittima è di particolare fragilità psicologica. Ciò potrebbe estendere la tipicità della fattispecie aldilà delle stesse intenzioni del legislatore. Non solo, non di rado potrebbe difettare il dolo, visto che il molestatore ben potrebbe spesso non prevedere, né volere la causazione dell'evento, essendo il suo comportamento finalizzato a stabilire o ristabilire una relazione con la vittima 6.

Si osserva che il dato letterale della norma è piuttosto ambiguo e si presta ad essere inteso come mera idoneità della condotta dell'agente a creare il pericolo di verificazione dell'evento. L'art. 612 bis non afferma in maniera netta e precisa che la condotta "cagiona" un perdurante e grave stato di ansia o di paura, "ingenera" il timore fondato per l'incolumità propria o di un proprio caro, "costringe" l'alterazione delle abitudini di vita, ma usa l'espressione ambigua "in modo da cagionare….ingenerare …costringere". Con l'uso di detta espressione la norma sembra non richiedere che la condotta abbia cagionato effettivamente ansia e paura, ma che attraverso condotte reiterate sia adeguata e idonea a cagionare l'evento psicologico descritto (ansia e paura), fattispecie, quindi, di pericolo concreto.

Quanto al secondo dei tre diversi eventi alternativi descritti: "ingenerare un fondato timore", lo stesso termine "fondato" evoca già una valutazione della effettiva idoneità ex ante della condotta a far sorgere il timore per l'incolumità. L'accertamento dell'evento cambiamento delle abitudini di vita, il terzo evento previsto dalla norma, invece, sebbene possa essere meglio fondato su elementi oggettivi rispetto al grave e perdurante stato d'ansia e di paura e al timore fondato, presenta d'altro canto il problema della fissazione di una soglia minima di offensività del fatto, che consenta di escludere ipotesi bagatellari che pure potrebbero indurre la vittima a qualche modesto cambiamento delle abitudini di vita.

L'interpretazione del reato di "atti persecutori" come reato di pericolo concreto sembra del resto maggiormente conforme alla natura di reato abituale a cui appartiene la fattispecie in esame, in quanto elemento tipico del fatto è il compimento di "condotte reiterate" con cui l'autore minaccia e molesta la vittima.

Argomenti di politica criminale, infine, depongono a favore della fattispecie di "atti persecutori" come reato di pericolo concreto, che offre una più ampia tutela anticipata dei beni giuridici protetti, rispettando la ratio della norma finalizzata ad interrompere l'escalation che caratterizza il fenomeno criminale in esame prima che si verifichino reati più gravi (lesioni gravi o gravissime, violenza sessuale, omicidio).

Non solo, se si interpreta il grave e perdurante stato di ansia e di paura come evento di danno, la fattispecie in esame si sovrappone con la fattispecie di lesioni, che prevede espressamente la malattia nella mente come lesione (art. 582 c.p.). Il disturbo psichico rientra, pertanto, nella nozione di lesione personale: delitto di evento a forma libera che può essere commesso con qualunque mezzo idoneo e anche con una condotta priva di violenza fisica, come quella del delitto di "atti persecutori". Se si interpreta anche il grave stato di ansia e di paura come evento, il delitto di atti persecutori sarà norma speciale rispetto alla fattispecie di lesioni in quanto la condotta assumerà una forma di manifestazione specifica: la minaccia e le molestie.

E questo nell'ipotesi di lesioni semplici. Nella fattispecie di lesioni gravi o gravissime, invece, in forza della clausola di sussidiarietà, che apre il testo della norma "salvo che il fatto costituisca più grave reato", la nuova fattispecie non sarà applicabile laddove si realizzi l'evento in questione in quanto sussidiaria rispetto alla più grave fattispecie di lesioni. Vanificato, pertanto, sarebbe il ruolo, la funzione e l'utilità dell'introduzione della nuova fattispecie, come era stato, peraltro, evidenziato nel dibattito in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati nel corso dei lavori sul d.d.l. C 1440.

In relazione, invece, alla tutela fornita dalla nuova fattispecie nell'ipotesi in cui la minaccia e la molestia siano realizzate in modo da determinare il cambiamento delle abitudini di vita, se si interpreta la norma come reato di danno, si osserva che la medesima tutela, anche in termini di pena, era già offerta dall'art. 610 c.p., che prevede l'incriminazione di "chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, omettere" una condotta determinata. Se si interpreta il delitto di "atti persecutori" come fattispecie di danno, la necessità politico criminale di introdurre la nuova norma è alquanto ridimensionata.

L'interpretazione del reato di cui all'art. 612 bis come reato di pericolo concreto è stata del resto espressamente avallata dalle prime pronunce dei Giudici delle Indagini Preliminari ai fini dell'applicazione delle misure cautelari non pervengono all'accertamento degli eventi tipizzati dalla norma, ma li deducono dalla pregnanza della condotta 7. La norma finisce per essere applicata come fattispecie di pericolo concreto, che richiede il mero accertamento dell'idoneità della condotta a cagionare l'evento.

In conclusione, l'interpretazione di atti persecutori come reato causale pone concreti problemi di accertamento degli eventi descritti, con conseguente violazione dei principi di tassatività e determinatezza e per assurdo dello stesso principio di offensività (non vi può essere reato senza offesa a un bene giuridico determinato), che trovano maggior rispetto nella interpretazione della norma come fattispecie di pericolo concreto, con una più stringente tutela della vittima in termini di politica criminale.

1 (Alfio Valsecchi "Il delitto di atti persecutori"; Alberto Cadoppi, "Solo un approccio multidisciplinare assicura un'efficace azione di contrasto" in Guida al Diritto 2007. Alfio Cadoppi, "Atti persecutori: una normativa necessaria" in Guida al diritto 2008),

2 (Alfio Valsecchi, "Il delitto di atti persecutori", Bricchetti e Pistorelli, "Entra nel codice la molestia reiterata" in Guida al Diritto n. 10, 2009, Dossier Servizio Studi 124, 24 febbraio 2009 - d.l. m. 11/2009 A.C. 2232, Cass. 5 5.02.2010, n. 17698 in riv. pen. 2010, 78,780, scheda di lettura e di riferimento)

3 (Fiandaca e Musco in diritto penale, parte speciale, "I delitti contro la persona")

4 (Cass. 5 febbr. 2010 n. 17698 in riv. pen. 2010, 7-8,730)

5 (Anna Maria Maugeri, "lo stalking tra necessità politico-criminale e formazione mediatica").

6 (A. Cadoppi, "Efficace la misura dell'ammonimento del Questore" in Guida al Diritto 2009 n. 19)

7 Uff. GIP Bari, 15 aprile 2009, in giurisprudenza barese it. 2009, GIP Catania, 19 giugno 2009 n. 482/09, GIP Milano, 31 marzo 2009, in famiglia e diritto 2009.

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