Relatori del convegno MOBBING
E STALKING aspetti penali, procedurali e civili
ABSTRACT
dell'INTERVENTO di CLAUDIA CIMMINO*
Psicologa
e psicoterapeuta
TITOLO:
"Il danno psichico: criteri di qualificazione e quantificazione"
L'intervento
di cui questo testo è sintesi è tratto da un più ampio
lavoro in preparazione (qui adattato a fini seminariali),
frutto della trentennale esperienza in materia del dott. Renato
Voltolin, fondatore dello Studio di Psicologia Forense e di
Assistenza Giudiziaria di Milano, della cui equipe clinico-giuridica
la scrivente fa parte.
1
- LA DEFINIZIONE DEL DANNO PSICHICO
_ Il problema della definizione del danno biologico di
natura psichica e la distinzione tra danno fisico e danno
psichico _
La
categoria del danno da noi presa in considerazione è quella
del danno biologico di natura psichica, sia temporaneo che
permanente. Nel
primo caso (danno psichico temporaneo) si tratta del disturbo
mentale temporaneo di natura reattiva conseguente all'evento
dannoso; in esso viene inclusa anche quella sofferenza definita
come "morale" quando produce nel soggetto uno stato di invalidità
temporanea; nel secondo caso (danno psichico permanente),
si tratta del danno alla salute mentale cronicizzato che costituisce
il pregiudizio psichico irreversibile conseguente l'evento
dannoso. Distinguiamo,
nell'ambito del danno biologico di natura psichica:
·
La sofferenza psichica definibile come danno morale non
suscettibile di degenerare in psicopatologia (patema d'animo
senza diminuzione delle capacità del soggetto), non quantificabile
in termini percentuali, ma valutabile dal giudice come pregiudizio
di un diritto costituzionalmente garantito.
·
La sofferenza psichica con conseguenze di invalidità temporanea
(incluso il danno morale invalidante), definibile come danno
psichico temporaneo.
·
La sofferenza psichica con conseguenze di invalidità permanente,
definibile come danno psichico permanente.
Il danno psichico può esere considerato come la menomazione
di una o di più funzioni, intese come capacità di instaurare
e mantenere positivi rapporti interpersonali; capacità che
è venuta meno, come vedremo, a seguito della difficoltà di
gestire la sofferenza mentale riattivata o prodotta dall'evento
traumatico. La
Corte di Cassazione SS.UU (Sent. 24 Giugno - 11 Novembre 2008,
n.26972 paragr. 4.8 primo comma) afferma che il risarcimento
del danno alla persona "deve essere integrale, nel senso
che deve ristorare interamente il pregiudizio", precisando
poi che "E'compito del giudice accertare l'effettiva consistenza
del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli,
individuando quali ripercussioni negative sul valore uomo
si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione";
il che comporta una articolata indagine in riferimento alle
aree nelle quali il "valore uomo" trova, di fatto, la sua
realizzazione.
Si
tratta quindi di abbandonare l'ancora imperante concetto
di indagine medico-legale, per una diversa concezione sia
della sanità che del disagio mentali. Ai fini della valutazione
del danno occorre infatti improntare la valutazione in termini
funzionali o riguardo alla correlazione tra l'evento dannoso
ed i suoi effetti. E' evidente che due soggetti sofferenti
per la medesima psicopatologia non possono essere valutati
in maniera "apodittica" riguardo ad un danno subito: ciascuno
soffrirà in modo soggettivo le conseguenze del fatto traumatico
in funzione della sua propria struttura mentale e del suo
proprio equilibrio psicodinamico.
_
La natura del danno psichico _
La
caratteristica principale che distingue il danno psichico
da quello fisico è costituita, oltre che dalle differenze
strutturali alle quali ho già accennato, dalla diversa natura
e dalla diversa centralità che assume il concetto di "sofferenza"
nell'uno e nell'altro caso. Mentre, nel caso del danno fisico,
la sofferenza è quella che può essere definita come dolore
fisico, destinato (anche se non sempre) a scemare fino a scomparire
con la guarigione clinica, nel caso del danno psichico la
sofferenza ha, invece, natura "costitutiva" e "strutturante"
nei confronti della infermità mentale.
Un
trauma psichico o fisico può risvegliare in un soggetto una
sofferenza psichica, fino ad allora ben controllata attraverso
la rimozione, la negazione, la scissione o altri meccanismi
psichici difensivi. Ciò può imporre al soggetto l'impiego
di gran parte delle sue energie e della sua attenzione al
fine di ristabilire il controllo che su tale sofferenza egli
esercitava con successo nel periodo precedente al fatto traumatico.
Il danno psichico permanente si ha, quando tale incapacità
di ripristino del controllo della sofferenza diventa di natura
cronica.
Sappiamo
che la sofferenza psichica è essenzialmente di tre tipi:
1) la sofferenza o ansia "persecutoria", legata al
timore dell'altro o del mondo esterno, vissuto come aggressivo,
ostile, indisponibile, antagonista ecc. (secondo il livello
dell'ansia) può essere generata da qualsiasi atto violento
sia di natura fisica che psicologica (aggressione, incidente
stradale, ma anche violenza psicologica, frustrazione ecc.).
2) la sofferenza o ansia "depressiva", legata al timore
di perdere l'oggetto d'amore, o l'oggetto su cui si può contare
per ottenere sostegno, aiuto, conforto, solidarietà ecc. In
questo caso il soggetto ha la sensazione di essere responsabile
di tale perdita (affettiva, di lavoro, etc), sia che sia avvenuta
o che sia probabile e allora può chiudersi in se stesso avvolto,
per così dire, da un senso di colpa.
3) la sofferenza o ansia "confusionale", legata alla
perdita della capacità di pensare, di riflettere, di inquadrare
logicamente gli eventi, di percepire realisticamente l'altro
e, quindi, di stabilire rapporti significativi. Spesso, anche
se non sempre, tale tipo d'ansia comporta che il soggetto
non riesca a distinguere, nelle sue relazioni interpersonali,
le persone con caratteristiche positive da quelle con caratteristiche
negative.
La
sanità e la stabilità mentali dipendono dunque dalla capacità
di affrontare tali sofferenze che, quando sono vissute in
maniera realistica, non impediscono e non ostacolano la vita
di relazione, le capacità di adattamento sociale e, nel caso
che ci interessa, la possibilità di superare gli effetti emotivi
del trauma subito.
La
persona affetta da grave ansia persecutoria proverà sfiducia,
sospetto, ostilità, diffidenza, al punto che tenderà ad isolarsi
o comunque a modificare in senso peggiorativo le proprie relazioni
interpersonali, reagendo di conseguenza o subendo gravi inibizioni.
La persona affetta da grave ansia depressiva tenderà a ritirarsi
dal mondo, cedendo a stati di prostrazione che la faranno
sentire indegna degli affetti familiari, anche se, a volte,
potrà reagire con manifestazioni maniacali e comportamenti
violenti, lesivi o autolesivi, di complesso significato.
La
persona affetta da ansia confusionale potrà, invece, diventare
incapace di svolgere il proprio lavoro per la perdita della
capacità di concentrazione; potrà essere soggetta a crisi
di confusione mentale, o patirà altre conseguenze comunque
deleterie rispetto alla necessità di mantenere significative
relazioni interpersonali.
_
Il concetto di funzione e di danno psichico inteso come
danno funzionale _
Le funzioni psichiche sono capacità da esercitare ma anche
"valori", convinzioni in cui credere e che vanno a determinare
atteggiamenti umorali quali ottimismo-pessimismo, fiducia-sfiduca
ecc. La loro perdita può far sentire impotenti, depauperati,
frustrati; ma se la perdita è tale da far perdere fiducia
nella realizzabilità dei desideri pulsionali o affettivi,
l'atteggiamento e il comportamento del soggetto possono essere
scoraggiati o addirittura improntati a funzioni negative,
espressione, quest'ultime, di una vera e propria ideologia
esistenziale negativa.
Possiamo
(seguendo la tipologia di D. Meltzer) enucleare quattro funzioni
fondamentali, che si configurano come veri e propri "valori"
esistenziali. Esse riguardano la capacità di:
1. generare amore
2. infondere speranza
3. contenere l'ansia depressiva
4. pensare
Le
disfunzioni o, meglio, le funzioni negative che ogni soggetto
è portato ad acquisire come difesa dalla sofferenza psichica
sono quelle che si connotano come la versione opposta e contrapposta
delle funzioni positive; esse sono quelle intese a:
1.
suscitare odio,
2. seminare disperazione,
3. trasmettere ansie persecutorie,
4. creare confusione.
Senza
la definizione di tali aree sarebbe estremamente difficile,
e soprattutto aleatorio, procedere alla determinazione e alla
valutazione di un danno psichico.
Le
aree di realizzazione di personalità, o di quello che è stato
definito come il "valore uomo", da noi proposte sono le seguenti:
1.
L'area dell'attività lavorativa
2. L'area dell'attività extra lavorativa
3. L'area delle relazioni intime (relazione di coppia)
4. L'area delle relazioni famigliari (relazione tra fratelli,
tra genitori e figli e tra questi e gli altri membri significativi
per la convivenza familiare)
5. L'area delle relazioni sociali
6. L'area delle relazioni intrapsichiche (rapporti con il
Sé)
Nelle indagini peritali è bene distinguere il danno che riguarda
la capacità di svolgere un'attività, dal danno che interferisce
con le relazioni interpersonali. La situazione è alquanto
complessa, ma proprio per questo è bene tenere separate le
diverse are, anche se, di fatto, sono psicodinamicamente correlate.
_
L'area della attività lavorativa _
Non
si tratta di valutare il danno dal punto di vista di una perdita
economica, ma da quello della realizzazione dell'individuo.
L'attività lavorativa deve quindi essere sentita come dipendente
da una capacità potenziale. La perdita o la limitazione della
capacità lavorativa fa sentire il soggetto come menomato,
o persino punito dal destino; da qui il vissuto depressivo
o paranoico (se egli considera la sua esclusione come un attacco
alla sua personalità), o anche il senso di impotenza, che
egli può equiparare, a volte, alla perdita della virilità.
La
conseguenza del danno psichico, quando colpisce quest'area,
può riguardare non solo la perdita del lavoro, ma anche la
sua dequalificazione. Quando l'evento dannoso ha origine in
quest'ambito ed è imputabile al datore di lavoro, allora si
parla, oggi, di mobbing o di bossing. Il danno
psichico, in quest'area, può non riguardare direttamente la
capacità lavorativa; il danno può riguardare anche solo l'atteggiamento
nei confronti dell'attività lavorativa. Può venir meno l'impegno
necessario per migliorare la propria posizione, si può diventare
apatici, poco interessati, inclini all'assenteismo in quanto
il lavoro può iniziare ad essere sentito come troppo faticoso.
Il danno psichico è tanto più grave quanto minore è la possibilità
di "riciclarsi", di svolgere altre attività egualmente gratificanti
o, per lo meno, equipollenti.
_ L'area dell'attività extra lavorativa _
Riguarda
l'attività "scelta" dal soggetto come espressione della sua
personalità. E' chiaramente diversa dalla attività lavorativa
che è il più delle volte imposta dalla necessità di sussistenza
piuttosto che corrispondere ad una scelta dell'individuo.
L'attività extra lavorativa quando è conseguente ad una libera
scelta da parte del soggetto ha un significato fortemente
simbolico, ha cioè valore di sostegno narcisistico ed è meno
caratterizzata dalla competitività, a meno che non abbia assunto
connotazioni professionali commercialmente condizionate.
_
L'area delle relazioni intime _
Si tratta di un'area vitale per lo sviluppo e la realizzazione
del soggetto, in quanto un buon rapporto di coppia non solo
contribuisce a mantenere l'equilibrio psichico di entrambi,
ma in qualche modo "bonifica" l'ambivalenza che ciascun partner
nutriva nei confronti dei propri genitori. Tra le relazioni
intime ha particolare importanza l'attività sessuale. L'area
dei rapporti intimi è di difficile valutazione tranne che
per i casi in cui una lesione organica giustifichi oggettivamente
la perdita della capacità sessuale. Negli altri casi è importante
la correlazione tra quanto dichiarano gli interessati e i
loro coniugi (che devono sempre essere ascoltati), con quanto
si può rilevare nel colloquio clinico o dall'esame dei protocolli
dei test.
_
Area delle relazioni familiari _
Riguarda sia i rapporti tra fratelli che tra ascendenti e
discendenti (genitori-figli, nonni-nipoti). Tale area di indagine
è particolarmente importante quando si deve valutare il danno
indiretto, come, ad esempio, il danno da uccisione di un congiunto.
Altri casi riguardano eventi che hanno a che fare con la maternità
o la paternità; si tratta di un'area l'implicazione della
quale si sta certamente espandendo anche in funzione dell'evoluzione
del diritto di famiglia e delle leggi che si occupano della
fecondazione o dell'interruzione di gravidanza.
_ Area delle relazioni sociali _
L'uomo
è un essere sociale: il suo sviluppo psichico e l'equilibrio
psichico che ne consegue sono dipendenti non solo dalle relazioni
familiari, in primis quelle con i genitori, ma, a partire
dall'adolescenza, anche con il gruppo dei coetanei.
_ Area delle relazioni intrapsichiche (rapporti con il
Sé) _
Riguarda
l'autostima, la percezione della propria immagine psichica
e corporea, l'integrità della stima di Sé. Ogni disfunzione
psichica avvenuta dunque in una delle diverse aree di attività
e relazionali (quindi ogni danno psichico) deve poter trovare
riscontro nella concomitante diminuzione o nella perdita di
una o più funzioni mentali nelle altre aree di attività o
relazionali.
seconda
parte >
*
i contenuti possono essere prelevati citando autore e fonte,
non alterandoli e rispettando le vigenti leggi sul diritto
d'autore. E' fatto espresso divieto di utilizzarli a scopo
di lucro.
|