|
Osservatorio
: rapporto su Cittadinanza e Costituzione 2011
a cura di Alessandro Balducci*
"E' necessario approfondire la relazione tra la persona
e le regole, in particolare le regole che arrivano dalla nostra
Costituzione. Non sempre le regole hanno una relazione positiva
nei nostri confronti, non sempre ci aiutano, anzi nel corso
della Storia è stato generalmente il contrario, le regole
aiutavano qualcuno che stava in alto, molto in alto, ma penalizzavano
la stragrande maggioranza della popolazione. La società era
organizzata come una piramide. In alto si può, in basso si
deve, e siccome la piramide ha una larghissima base, mentre
al vertice c'è soltanto un puntino, quasi tutti dovevano,
mentre pochissimi potevano. Il principio fondante della società
era la discriminazione.
Arriva
la Costituzione e cambia tutto, rovescia il modo di
stare insieme. Il principio fondante oggi, e cioè il principio
al quale rispondono le regole, è che tutti abbiamo dignità
quanto gli altri. Il che non significa soltanto uguaglianza,
pari dignità, ma anche riconoscimento della dignità, e quindi
della positività, degli esseri umani. Questo riconoscimento,
dell'importanza delle persone, è lo stesso principio alla
base della democrazia. Si può concepire che il governo appartenga
al popolo, questo vuole dire democrazia, soltanto se si pensa
che la persona in quanto tale, abbia dignità e sia importante."
E'
un brano di uno scritto firmato da Gherardo Colombo comparso
su un blog di rilevanza nazionale. Per vedere a che punto
è la nostra Costituzione e, di conseguenza, anche il nostro
"status" di Cittadini, ovvero di persone aventi dignità, si
potrebbe partire delle parole di Colombo: misurare il "grado
di dignità" raggiunto oggi dai Cittadini e confrontarlo con
quanto scritto e prefigurato nella nostra Costituzione - ammesso
che sia possibile misurarlo in modo "quantitativo".
Se
ci guardiamo indietro, indubbiamente ci accorgiamo che di
strada ne abbiamo fatta dal 1947, anno in cui la Carta Fondamentale
venne promulgata. Se limitiamo la nostra breve e necessariamente
approssimata analisi all'anno appena passato, vediamo dei
fatti che costituiscono un indubbio progresso nella strada
del raggiungimento della piena dignità della persona, mentre
altri paiono indicare un regresso rispetto ad alcuni principi
ed obiettivi che sembravano raggiunti ed acquisiti.
Il
voto referendario di Maggio, sull'acqua come Bene Comune
- oltre ai quesiti sul nucleare e sul legittimo impedimento
- ha espresso, al di la dell'esito, la volontà dei Cittadini
di tornare a dire la loro su scelte che li riguardano da vicino.
Deve far riflettere il fatto che erano addirittura 14 anni
che i Referendum si concludevano con buco nell'acqua per il
mancato raggiungimento del quorum. I Cittadini-Elettori non
vogliono limitarsi a delegare alla politica - o più specificatamente,
alla classe politica attuale - la risoluzione dei loro problemi.
Tanto più che la politica ha dimostrato di essere spesso incapace
di affrontare le grandi questioni che tormentano il Paese.
Potremmo esprimere lo stesso concetto dicendo che i Cittadini
si sono riconquistati un po' della dignità che gli era stata
sottratta negli ultimi anni - o che avevano inconsapevolmente
ceduto. Purtroppo sono invece tanti e preoccupanti i segnali
che indicano un arretramento rispetto agli obiettivi di Civiltà
e di Progresso prefigurati nella Costituzione. La crisi che
ha sconvolto e continua a sconvolgere le economie dell'Occidente,
viene affrontata con strumenti culturali e con politiche che
mortificano la dignità ed i diritti delle persone e la loro
eguaglianza di fronte alla legge. Perché è solo a causa dell'egemonia
di una cultura iper-liberista e incapace di rimettere l'Uomo
al centro delle politiche economiche, se qualcuno si ostina
a pensare che le imprese, oggi, non assumono a causa dell'art.
18 e dello Statuto dei Lavoratori.
Lo Statuto dei Lavoratori fu il coronamento di anni di battaglie
e di mobilitazioni per una maggiore dignità sociale del lavoratore
ed ha contribuito a promuovere sia uno sviluppo economico
più equo che l'estensione del benessere a larghi settori della
popolazione. Ritenere che le politiche di rilancio dell'economia
debbano fondarsi su un "ritorno al passato", o sul ripristino
di condizioni di lavoro e relazioni sociali pre-Statuto -
o addirittura pre-Costituzionali - è una semplificazione culturale
che può avere delle conseguenze pratiche nefaste: basti pensare
all'enorme conflittualità che deriverebbe dall'accoglimento
di simili idee ed alle conseguenze dannose sull'economia e
la stabilità del Paese. Oggi se le imprese non assumono è
perché manca il lavoro, non perché i lavoratori hanno troppi
diritti!.
continua
>
*
Coordinatore della Commissione Cittadinanza e Costituzione
dell'Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti ONLUS. Hanno
contribuito Mauro Giannini e Tamara Gallera
Dossier
diritti
|
|