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28 dicembre 2011
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Osservatorio : rapporto su Cittadinanza e Costituzione 2011
a cura di Alessandro Balducci*

"E' necessario approfondire la relazione tra la persona e le regole, in particolare le regole che arrivano dalla nostra Costituzione. Non sempre le regole hanno una relazione positiva nei nostri confronti, non sempre ci aiutano, anzi nel corso della Storia è stato generalmente il contrario, le regole aiutavano qualcuno che stava in alto, molto in alto, ma penalizzavano la stragrande maggioranza della popolazione. La società era organizzata come una piramide. In alto si può, in basso si deve, e siccome la piramide ha una larghissima base, mentre al vertice c'è soltanto un puntino, quasi tutti dovevano, mentre pochissimi potevano. Il principio fondante della società era la discriminazione.

Arriva la Costituzione e cambia tutto, rovescia il modo di stare insieme. Il principio fondante oggi, e cioè il principio al quale rispondono le regole, è che tutti abbiamo dignità quanto gli altri. Il che non significa soltanto uguaglianza, pari dignità, ma anche riconoscimento della dignità, e quindi della positività, degli esseri umani. Questo riconoscimento, dell'importanza delle persone, è lo stesso principio alla base della democrazia. Si può concepire che il governo appartenga al popolo, questo vuole dire democrazia, soltanto se si pensa che la persona in quanto tale, abbia dignità e sia importante."

E' un brano di uno scritto firmato da Gherardo Colombo comparso su un blog di rilevanza nazionale. Per vedere a che punto è la nostra Costituzione e, di conseguenza, anche il nostro "status" di Cittadini, ovvero di persone aventi dignità, si potrebbe partire delle parole di Colombo: misurare il "grado di dignità" raggiunto oggi dai Cittadini e confrontarlo con quanto scritto e prefigurato nella nostra Costituzione - ammesso che sia possibile misurarlo in modo "quantitativo".

Se ci guardiamo indietro, indubbiamente ci accorgiamo che di strada ne abbiamo fatta dal 1947, anno in cui la Carta Fondamentale venne promulgata. Se limitiamo la nostra breve e necessariamente approssimata analisi all'anno appena passato, vediamo dei fatti che costituiscono un indubbio progresso nella strada del raggiungimento della piena dignità della persona, mentre altri paiono indicare un regresso rispetto ad alcuni principi ed obiettivi che sembravano raggiunti ed acquisiti.

Il voto referendario di Maggio, sull'acqua come Bene Comune - oltre ai quesiti sul nucleare e sul legittimo impedimento - ha espresso, al di la dell'esito, la volontà dei Cittadini di tornare a dire la loro su scelte che li riguardano da vicino. Deve far riflettere il fatto che erano addirittura 14 anni che i Referendum si concludevano con buco nell'acqua per il mancato raggiungimento del quorum. I Cittadini-Elettori non vogliono limitarsi a delegare alla politica - o più specificatamente, alla classe politica attuale - la risoluzione dei loro problemi. Tanto più che la politica ha dimostrato di essere spesso incapace di affrontare le grandi questioni che tormentano il Paese.

Potremmo esprimere lo stesso concetto dicendo che i Cittadini si sono riconquistati un po' della dignità che gli era stata sottratta negli ultimi anni - o che avevano inconsapevolmente ceduto. Purtroppo sono invece tanti e preoccupanti i segnali che indicano un arretramento rispetto agli obiettivi di Civiltà e di Progresso prefigurati nella Costituzione. La crisi che ha sconvolto e continua a sconvolgere le economie dell'Occidente, viene affrontata con strumenti culturali e con politiche che mortificano la dignità ed i diritti delle persone e la loro eguaglianza di fronte alla legge. Perché è solo a causa dell'egemonia di una cultura iper-liberista e incapace di rimettere l'Uomo al centro delle politiche economiche, se qualcuno si ostina a pensare che le imprese, oggi, non assumono a causa dell'art. 18 e dello Statuto dei Lavoratori.

Lo Statuto dei Lavoratori fu il coronamento di anni di battaglie e di mobilitazioni per una maggiore dignità sociale del lavoratore ed ha contribuito a promuovere sia uno sviluppo economico più equo che l'estensione del benessere a larghi settori della popolazione. Ritenere che le politiche di rilancio dell'economia debbano fondarsi su un "ritorno al passato", o sul ripristino di condizioni di lavoro e relazioni sociali pre-Statuto - o addirittura pre-Costituzionali - è una semplificazione culturale che può avere delle conseguenze pratiche nefaste: basti pensare all'enorme conflittualità che deriverebbe dall'accoglimento di simili idee ed alle conseguenze dannose sull'economia e la stabilità del Paese. Oggi se le imprese non assumono è perché manca il lavoro, non perché i lavoratori hanno troppi diritti!.

continua >

* Coordinatore della Commissione Cittadinanza e Costituzione dell'Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti ONLUS. Hanno contribuito Mauro Giannini e Tamara Gallera


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