Cassazione
: stato mentale pericoloso legittima misura cautelare
di
Annalisa Gasparre*
È
LEGITTIMA LA MISURA CAUTELARE SE GLI ACCERTAMENTI CONFERMANO
UNO STATO MENTALE PATOLOGICO STRETTAMENTE CONNESSO ALLA PERICOLOSITA’
SOCIALE
Cass. V sez. pen. sent. 30573 del 01.04.2011-02.08.2011 –
Pres M. Rotella, Rel. A. Bevere
La pronuncia trae origine dal ricorso presentato da B. D.
avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Brescia
che rigettava il riesame presentato dall’interessato e confermava
l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Mantova con la quale veniva applicata, in
via provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in un
ospedale psichiatrico giudiziario, previa revoca della misura
cautelare della custodia in carcere, nell’ambito di un procedimento
instaurato per atti persecutori.
Va
preliminarmente detto che la misura di sicurezza si atteggia,
nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, come una misura
cautelare, applicabile in ogni fase e grado del procedimento
in presenza dei requisiti imposti dal codice di rito (brevemente:
fumus commissi delicti, cioè gravi indizi di colpevolezza
in ordine al reato oggetto di provvisorio addebito, periculum
libertatis, cioè sussistenza di almeno una delle esigenze
cautelari tassativamente previste dall’art. 274 c.p.p.).
Dispone infatti l’art. 312 c.p.p. che è consentita l’applicazione
provvisoria delle misure di sicurezza, sulla cui richiesta
avanzata dal pubblico ministero decide il giudice, previo
accertamento della pericolosità sociale della persona sottoposta
alle indagini1. Poiché l’applicazione provvisoria ha luogo
invece delle classiche misure cautelari, deve comunque concorrere
il requisito dei “gravi indizi di commissione del fatto”
e l’assenza di “cause di giustificazione, di non punibilità
o di estinzione del reato” (richiamo all’art. 273 c. 2 c.p.p.).
Nel
caso in esame, la Suprema Corte ha concordato con i giudici
di merito che, negli accertamenti tecnici svolti nel corso
delle indagini preliminari sullo stato mentale dell’indagato,
hanno affermato che lo stato patologico dell’indagato era
strettamente connesso con lo status di pericolosità sociale
relativo ai fatti in esame (atti persecutori) e che, nel case
di specie, “unico freno idoneo a far fronte e a governare
gli istinti minacciosi e aggressivi” dell’indagato era
costituito dalla “massima limitazione della sua libertà”.
Aggiunge la Corte che “La prognosi su proiezione nel futuro
di tale collaudata e consolidata forza aggressiva è quindi
del tutto razionale, come è razionale il giudizio di inidoneità
delle altre misure a far fronte alle esigenze di prevenzione
speciale”, non essendo applicabile “a persona di alto
spessore trasgressivo una misura cautelare, la cui esecuzione
– libera dai dovuti e costanti controlli – sia affidata in
gran parte all’autocustodia dell’interessato, rendendo consistente
il pericolo che questi si sottragga alle necessarie osservazioni
e alle immediate misure e persista negli atti di prevaricazione
e di offesa nei confronti di terzi”.
Il tribunale del riesame è dunque immune da censure “a
fronte del preciso quadro della capacità a delinquere, dell’attualità
e della esclusiva idoneità della misura prescelta”.
*
esperta di diritto penale e procedura penale,
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
Cassazione
su ricusazione del giudice penale: procedimento ne segue le
sorti
|