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26 settembre 2011
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Cassazione : stato mentale pericoloso legittima misura cautelare
di Annalisa Gasparre*

È LEGITTIMA LA MISURA CAUTELARE SE GLI ACCERTAMENTI CONFERMANO UNO STATO MENTALE PATOLOGICO STRETTAMENTE CONNESSO ALLA PERICOLOSITA’ SOCIALE

Cass. V sez. pen. sent. 30573 del 01.04.2011-02.08.2011 – Pres M. Rotella, Rel. A. Bevere

La pronuncia trae origine dal ricorso presentato da B. D. avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Brescia che rigettava il riesame presentato dall’interessato e confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Mantova con la quale veniva applicata, in via provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, previa revoca della misura cautelare della custodia in carcere, nell’ambito di un procedimento instaurato per atti persecutori.

Va preliminarmente detto che la misura di sicurezza si atteggia, nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, come una misura cautelare, applicabile in ogni fase e grado del procedimento in presenza dei requisiti imposti dal codice di rito (brevemente: fumus commissi delicti, cioè gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato oggetto di provvisorio addebito, periculum libertatis, cioè sussistenza di almeno una delle esigenze cautelari tassativamente previste dall’art. 274 c.p.p.).

Dispone infatti l’art. 312 c.p.p. che è consentita l’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza, sulla cui richiesta avanzata dal pubblico ministero decide il giudice, previo accertamento della pericolosità sociale della persona sottoposta alle indagini1. Poiché l’applicazione provvisoria ha luogo invece delle classiche misure cautelari, deve comunque concorrere il requisito dei “gravi indizi di commissione del fatto” e l’assenza di “cause di giustificazione, di non punibilità o di estinzione del reato” (richiamo all’art. 273 c. 2 c.p.p.).

Nel caso in esame, la Suprema Corte ha concordato con i giudici di merito che, negli accertamenti tecnici svolti nel corso delle indagini preliminari sullo stato mentale dell’indagato, hanno affermato che lo stato patologico dell’indagato era strettamente connesso con lo status di pericolosità sociale relativo ai fatti in esame (atti persecutori) e che, nel case di specie, “unico freno idoneo a far fronte e a governare gli istinti minacciosi e aggressivi” dell’indagato era costituito dalla “massima limitazione della sua libertà”.

Aggiunge la Corte che “La prognosi su proiezione nel futuro di tale collaudata e consolidata forza aggressiva è quindi del tutto razionale, come è razionale il giudizio di inidoneità delle altre misure a far fronte alle esigenze di prevenzione speciale”, non essendo applicabile “a persona di alto spessore trasgressivo una misura cautelare, la cui esecuzione – libera dai dovuti e costanti controlli – sia affidata in gran parte all’autocustodia dell’interessato, rendendo consistente il pericolo che questi si sottragga alle necessarie osservazioni e alle immediate misure e persista negli atti di prevaricazione e di offesa nei confronti di terzi”.

Il tribunale del riesame è dunque immune da censure “a fronte del preciso quadro della capacità a delinquere, dell’attualità e della esclusiva idoneità della misura prescelta”.

* esperta di diritto penale e procedura penale, membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio


per approfondire...

Cassazione su ricusazione del giudice penale: procedimento ne segue le sorti

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