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12 settembre 2011
tutti gli speciali

Cassazione su rinnovo escussione testi
di Annalisa Gasparre*

SE L’ESCUSSIONE DEI TESTI DEVE ESSERE RINNOVATA PER MUTAMENTO DELLA PERSONA FISICA DEL GIUDICE DEL DIBATTIMENTO, L’ONERE DI CITARLI NUOVAMENTE INCOMBE SULLA PARTE CHE LI AVEVA CITATI IN ORIGINE. I VERBALI DELLE DEPOSIZIONI GIA’ ASSUNTE NON POSSONO ESSERE LETTI EX ART. 511 C.P.P. SE E’ STATA RICHIESTA LA RINNOVAZIONE DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE E NON VI E’ CONSENSO.

Cass. pen. sez. II, sent. n. 11542 del 08/02/2011 – dep. 23/03/2011 Pres. P.A. Sirena – Rel. G. Rago

In caso di mutamento del giudice, le dichiarazioni dei testi assunti dal precedente giudice, non sono utilizzabili ove una della parti si opponga alla lettura. In tal caso, l’onere della citazione dei suddetti testi, nonostante il consenso alla lettura prestato dalle restanti parti, spetta alla parte che aveva originariamente chiesto l’ammissione dei suddetti testi. Di conseguenza, ove la parte che non ha prestato il proprio consenso alla lettura venga onerata della citazione dei suddetti testi, legittimamente può rifiutarsi di citarli ed il giudice non può dare lettura delle dichiarazioni rese davanti al precedente giudice, dovendo porre l’onere della citazione a carico della parte che originariamente aveva richiesto l’ammissione dei testi”. Questo il principio di diritto puntualizzato dalla II sezione penale della Corte di Cassazione, nel ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che aveva confermato la pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale di Sciacca.

La questione sottoposta alla Cassazione riguardava la legittimità o meno della lettura dei verbali delle dichiarazioni testimoniali assunte in contraddittorio e contenute nel fascicolo del dibattimento, nel caso specifico in cui – essendo mutata la persona fisica del giudice – non vi era stato consenso dell’imputato alla lettura degli atti, sicché si rendeva necessaria la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, nonché la questione su chi gravi l’onere di citare – nuovamente – i testi.

Il Giudice di merito, davanti al mancato consenso all’utilizzo delle dichiarazioni precedentemente rese, aveva imposto all’imputato l’onere di citare i testimoni già sentiti, testimoni che erano stati originariamente indotti dal pubblico ministero. A fronte del rifiuto dell’imputato di citare i testi dell’accusa, il Giudice di merito aveva ritenuta legittima la lettura dei verbali ex art. 511 c.p.p.

Preliminarmente, va precisato che l’art. 511 c.p.p. consente la lettura dei verbali delle dichiarazioni solo dopo che l’esame della persona che le ha rese ha avuto luogo, salvo che ciò non sia possibile. Le deposizioni assunte in dibattimento dai testimoni sono verbalizzate e i relativi verbali sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento, per essere utilizzate – quale promemoria per il giudice che le ha ascoltate – ai fini della decisione. Infatti, il modello di processo accolto nel nostro ordinamento impone l’osservanza del principio dell’oralità e dell’immediatezza, richiedendo che sia lo stesso giudice che ha assunto le prove a decidere.

Quando la persona fisica del giudice cambia, le parti possono opporsi all’utilizzo delle prove già assunte e chiedere che venga rinnovata l’istruzione dibattimentale (è il c.d. principio dell’immutabilità del giudice ex art. 525 c. 2 c.p.p.). Ciò in aderenza non solo dei principi già menzionati, ma anche di quello che prevede che la prova è assunta in contraddittorio tra le parti “davanti” al giudice terzo e imparziale (art. 111 c. 2 Cost.).

Se una parte richiede legittimamente la rinnovazione dell’istruzione, “la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame del dichiarante” quando il nuovo esame sia stato richiesto da una delle parti (Cass. n. 3613/2006).

In altre parole: con la richiesta di rinnovazione, si ritorna allo snodo procedimentale delineato dall’art. 468 c. 2 c.p.p., il quale prevede che l’onere di citare i testimoni a sostegno della propria tesi gravi rispettivamente sulla pubblica accusa o sull’imputato, a seconda dell’interesse all’assunzione della prova medesima. Le dichiarazioni verbalizzate e contenute nel fascicolo del dibattimento non sono utilizzabili, se le parti non vi consentono: “divengono tamquam non esset” dice la Corte.

Ne deriva che “ciascuna parte, essendo stata rimessa nello status quo ante, dovrà valutare, nella sua autonomia, se chiedere o meno nuovamente l’ammissione dei propri testi e, quindi, nuovamente citarli”.

* esperta di diritto penale e procedura penale, membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio


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