Cassazione
su rinnovo escussione testi
di
Annalisa Gasparre*
SE
L’ESCUSSIONE DEI TESTI DEVE ESSERE RINNOVATA PER MUTAMENTO
DELLA PERSONA FISICA DEL GIUDICE DEL DIBATTIMENTO, L’ONERE
DI CITARLI NUOVAMENTE INCOMBE SULLA PARTE CHE LI AVEVA CITATI
IN ORIGINE. I VERBALI DELLE DEPOSIZIONI GIA’ ASSUNTE NON POSSONO
ESSERE LETTI EX ART. 511 C.P.P. SE E’ STATA RICHIESTA LA RINNOVAZIONE
DELL’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE E NON VI E’ CONSENSO.
Cass.
pen. sez. II, sent. n. 11542 del 08/02/2011 – dep. 23/03/2011
Pres. P.A. Sirena – Rel. G. Rago
“In caso di mutamento del giudice, le dichiarazioni dei
testi assunti dal precedente giudice, non sono utilizzabili
ove una della parti si opponga alla lettura. In tal caso,
l’onere della citazione dei suddetti testi, nonostante il
consenso alla lettura prestato dalle restanti parti, spetta
alla parte che aveva originariamente chiesto l’ammissione
dei suddetti testi. Di conseguenza, ove la parte che non ha
prestato il proprio consenso alla lettura venga onerata della
citazione dei suddetti testi, legittimamente può rifiutarsi
di citarli ed il giudice non può dare lettura delle dichiarazioni
rese davanti al precedente giudice, dovendo porre l’onere
della citazione a carico della parte che originariamente aveva
richiesto l’ammissione dei testi”. Questo il principio
di diritto puntualizzato dalla II sezione penale della Corte
di Cassazione, nel ricorso avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Palermo che aveva confermato la pronuncia di
primo grado emessa dal Tribunale di Sciacca.
La
questione sottoposta alla Cassazione riguardava la legittimità
o meno della lettura dei verbali delle dichiarazioni testimoniali
assunte in contraddittorio e contenute nel fascicolo del dibattimento,
nel caso specifico in cui – essendo mutata la persona fisica
del giudice – non vi era stato consenso dell’imputato alla
lettura degli atti, sicché si rendeva necessaria la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale, nonché la questione su chi
gravi l’onere di citare – nuovamente – i testi.
Il
Giudice di merito, davanti al mancato consenso all’utilizzo
delle dichiarazioni precedentemente rese, aveva imposto all’imputato
l’onere di citare i testimoni già sentiti, testimoni che erano
stati originariamente indotti dal pubblico ministero. A fronte
del rifiuto dell’imputato di citare i testi dell’accusa, il
Giudice di merito aveva ritenuta legittima la lettura dei
verbali ex art. 511 c.p.p.
Preliminarmente,
va precisato che l’art. 511 c.p.p. consente la lettura dei
verbali delle dichiarazioni solo dopo che l’esame della persona
che le ha rese ha avuto luogo, salvo che ciò non sia possibile.
Le deposizioni assunte in dibattimento dai testimoni sono
verbalizzate e i relativi verbali sono inseriti nel fascicolo
per il dibattimento, per essere utilizzate – quale promemoria
per il giudice che le ha ascoltate – ai fini della decisione.
Infatti, il modello di processo accolto nel nostro ordinamento
impone l’osservanza del principio dell’oralità e dell’immediatezza,
richiedendo che sia lo stesso giudice che ha assunto le prove
a decidere.
Quando
la persona fisica del giudice cambia, le parti possono opporsi
all’utilizzo delle prove già assunte e chiedere che venga
rinnovata l’istruzione dibattimentale (è il c.d. principio
dell’immutabilità del giudice ex art. 525 c. 2 c.p.p.). Ciò
in aderenza non solo dei principi già menzionati, ma anche
di quello che prevede che la prova è assunta in contraddittorio
tra le parti “davanti” al giudice terzo e imparziale (art.
111 c. 2 Cost.).
Se una parte richiede legittimamente la rinnovazione dell’istruzione,
“la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile
per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere
l’esame del dichiarante” quando il nuovo esame sia stato
richiesto da una delle parti (Cass. n. 3613/2006).
In altre parole: con la richiesta di rinnovazione, si ritorna
allo snodo procedimentale delineato dall’art. 468 c. 2 c.p.p.,
il quale prevede che l’onere di citare i testimoni a sostegno
della propria tesi gravi rispettivamente sulla pubblica accusa
o sull’imputato, a seconda dell’interesse all’assunzione della
prova medesima. Le dichiarazioni verbalizzate e contenute
nel fascicolo del dibattimento non sono utilizzabili, se le
parti non vi consentono: “divengono tamquam non esset”
dice la Corte.
Ne
deriva che “ciascuna parte, essendo stata rimessa nello
status quo ante, dovrà valutare, nella sua autonomia, se chiedere
o meno nuovamente l’ammissione dei propri testi e, quindi,
nuovamente citarli”.
*
esperta di diritto penale e procedura penale,
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
Speciale
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