Cassazione
: rapina e regali tra ex fidanzati
di
Annalisa Gasparre*
È
RAPINA ANCHE SE LO SCOPO DELLA VIOLENZA È LA RITORSIONE
Cass. pen. Sez. II, 25/05/2011-04/08/2011 n. 31072
Sussistono
i presupposti della rapina anche se non vi è uno scopo lucrativo
in senso stretto, potendo l’ingiusto profitto realizzarsi
anche mediante il soddisfacimento di un fine o bisogno di
carattere psichico e non materiale.
Secondo il Giudice di merito la condotta dell’imputato che
– a seguito di un litigio con l’ex partner – si impossessava
dell’orologio a lei donato, integra l’estremo della violenza
alla persona, stante l’aggressione (requisito del reato di
rapina) dal medesimo posto in essere allo scopo di vendicarsi
della ex fidanzata. Eccepiva
dalla difesa dell’imputato facendo perno sull’aggressione,
sostenendo che la stessa era fine a se stessa, frutto del
rancore derivante dalla rottura sentimentale e dunque potendo
integrare solo il (meno grave) reato di minaccia.
L’elemento
psicologico del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice
– cioè quello di agire allo scopo precipuo di procurare a
sé o ad altri un ingiusto profitto – è integrato anche se
il profitto che si ha di mira è di tipo psichico, andando
ad appagare la sfera intima dell’aggressore, per scopi di
ritorsione o di vendetta, quali quelli in essere a seguito
di un litigio.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione conferma la sentenza
impugnata, condannando l’imputato per reato di rapina. Il
delitto di rapina è un reato plurioffensivo, perché attenta
contemporaneamente a più beni giuridici tutelati dall’ordinamento
penale, violando non solo il patrimonio, mediante impossessamento
della res, ma anche l’integrità fisica del soggetto passivo
(nel caso di integri mediante violenza) o la libertà di autodeterminazione
della vittima (nel caso si manifesti mediante minaccia).
Malgrado
la collocazione tra i reati contro il patrimonio, l’impronta
patrimonialistica concepita dal legislatore del 1930 è andata
via via scolorendosi per far posto alla dimensione dell’aggressione
– fisica o morale – alla persona. Per la stessa via è andato
interpretandosi il concetto di profitto, inteso in senso ampio,
come sopra specificato.
Qualche
perplessità francamente si affaccia dalla mera lettura della
sentenza di legittimità (che comunque non può pronunciarsi
se non su quanto evidenziato dall’impugnazione) in ordine
al fatto che non si è dato rilievo all’ingiustizia che denota
– caratterizzandolo in modo pregnante – il profitto psichico
dell’agente, nel senso che, richiedendo la norma altresì l’ingiustizia
del profitto che si ha di mira, in linea teorica potrebbe
non sussistere tale connotazione.
Da ciò discenderebbe il mancato integrarsi di tutti i requisiti
per la rapina, con la conseguenza che, mancando l’ingiustizia,
che ha palesemente funzione selettiva del più ampio requisito
del “profitto”, potrebbero integrarsi le diverse – e meno
gravi – fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni o di violenza privata.
Sul punto “restituzione regali tra ex fidanzati”, pare opportuno
segnalare che, a norma del codice civile, può essere richiesta
la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio,
ma non quelli che si caratterizzano per semplice affetto o
amicizia, indipendentemente dal previsto matrimonio.
*
esperta di diritto penale e procedura penale,
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
Maltrattamenti
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