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Guerra
contro Gheddafi e Diritto internazionale . L'opinione
di
Domenico Ciardulli
Nei manuali di Diritto internazionale è trattata la questione,
molto dibattuta, della sovranità degli Stati e del diritto
di ingerenza esterna per scopi umanitari. Vengono citati i
casi dei partiti insurrezionali e dei movimenti di liberazione
in paesi con regimi più o meno autoritari.
I
partiti insurrezionali possono divenire soggetti di Diritto
internazionale quando hanno il controllo e la gestione di
una determinata porzione di territorio dello Stato contro
il quale l'insurrezione è diretta. Se gli insorti non sono
stati in grado di realizzare questa organizzazione vengono
considerati degli insorti "tout court" e non vengono tutelati
sul piano del diritto internazionale (Saulle, 2001). I movimenti
di liberazione, invece, non avendo la connotazione di piccola
sovranità territoriale localizzata, ma essendo solo mossi
da ideali e animati dalla volontà di costruire alternative
al sistema di governo, non hanno un riconoscimento giuridico
come soggetti di Diritto internazionale. L'Olp
(Organizzazione per la Liberazione della Palestina), ad esempio,
lo è diventato dal momento della costituzione di un'Autorità
palestinese su uno specifico territorio.
Nella
crisi libica si evidenzia, anzitutto, quanto sia stato trascurato
ogni possibile spazio di intervento e di mediazione da parte
dell'Unione Africana, un organismo internazionale dotato di
una sua Carta, di una Commissione per i diritti dell'uomo
e dei popoli e di una Conferenza dei Capi di Stato e di Governo.
Non è un caso che in queste ore la stessa Unione Africana,
assieme a Cina Russia e Lega Araba, sta facendo sentire forte
il suo dissenso sui raid aerei e sui bombardamenti. Si evidenzia,
inoltre, l'approccio diverso della Comunità internazionale
con altri regimi dittatoriali che hanno represso o stanno
reprimendo nel sangue rivolte pacifiche della popolazione.
Ma
riguardo all'ipotesi di un governo che non gode dell'appoggio
popolare e si regge solo grazie all'uso della forza, appare
utile leggere cosa scriveva nel 2005 Marco Roscini, ricercatore
in Diritto Internazionale presso l'Università La Sapienza
di Roma, nel suo articolo "Il diritto dei popoli all'autodeterminazione
tra mito e realtà":
".. Non c'è in questo caso (insurrezione contro un governo
impopolare) una vasta gamma di atti delle Nazioni Unite come
nel caso del colonialismo, nè la prassi può dirsi costante.
Sicura è solo la tendenza a limitare l'appoggio ai governi
impopolari, senza che questo possa però far concludere per
una deroga al divieto di assistere gli insorti.
Il principio di autodeterminazione è ancora troppo vago per
poter arrivare a simili conseguenze: è fin troppo facile prevederne
gli abusi con le grandi potenze che intervengono in una guerra
civile per sostenere il partito a loro più congeniale, giustificandosi
col fatto che quel governo non fosse benvoluto. D'altra parte,
specialmente in situazioni di turbolenza interna, come si
può capire chi gode dell'appoggio della maggior parte della
popolazione?
Gli Stati Uniti hanno invocato la necessità di eliminare le
dittature dai paesi centroamericani negli interventi a Grenada
(1983) e a Panama (1989). Nel primo caso , una forza congiunta
degli Stati Uniti e di altri sei Stati caraibici (con una
netta prevalenza dei primi) sbarcò sull'isola nel 1983 dopo
il colpo di stato del generale Austin a danno di Maurice Bishop.
L'operazione incontrò scarsa resistenza e riportò al potere
Eric Gairy, il primo ministro che era stato deposto a sua
volta da Bishop. Pur chiamando in causa il principio di autodeterminazione,
questo non fu poi compreso tra le giustificazioni giuridiche
dell'operazione (che furono invece il consenso del governo
legittimo, la protezione di nazionali all'estero e il mantenimento
della pace in concerto con l'OECS).
Anche nel caso Panamense, la volontà di riportare la democrazia
e la lotta al narcotraffico furono poste in subordine rispetto
alle motivazioni "ufficiali", quasi che non si fosse convintiu
della loro legittimità. In ambedue i casi, poi, la condanna
dell'ONU e della Comunità internazionale fu netta, malgrado
venissero apprezzati i risultati ottenuti (il ritorno del
goveerno liberamente eletto a Grenada e la cattura del generale
Noriega).
Anche la Francia, confermando la sua lunga tradizione di ingerenza
in Africa, è intervenuta nel 1996 nella Repubblica Centroafricana
'per mantenere lo Stato democratico', su richiesta del governo
del Presidente Patasse, di fronte all'ammutinamento di alcuni
reparti dell'esercito. L'operazione pur coronata dal successo,
non incontrò il favore della popolazione, che dimostrò davanti
all'ambasciata di Parigi a Bangui e incendiò il Centro culturale
francese. L'autodeterminazione esprime, insomma, la possibilità
di darsi una forma di governo senza interferenze esterne:
che questa sia democratica o autoritaria, poco importa (per
lo meno al Diritto Internazionale), e nessuno Stato ha il
potere di decidere quale sia la migliore (per quanto il modello
occidentale sia oggi predominante).
Occorre quindi considerare l'assenza dell'interferenza esterna
, e non la qualità del governo. Nell'ambito del Consiglio
di Sicurezza, infatti, solo 4 Stati (su 15 ndr) ritennero
realizzata l'autodeterminazione del popolo di Grenada con
l'intervento caraibico americano, mentre tutti gli altri la
ritennero violata".
La risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU mirava
ad un cessate il fuoco per salvaguardare vite umane ma dal
momento dell'approvazione della stessa al decollo degli aerei
militari e al bombardamento di Tripoli è passato pochissimo
tempo. Sembra quasi che i "volenterosi" non desiderassero
affatto una resa di Gheddafi o lo stop al conflitto armato
contro la Cirenaica.
E' irresponsabile l'uso del pugno di ferro "tout court" senza
aver prima percorso tutte le strade alternative della deterrenza
e della mediazione. La copertura politica di una risoluzione
ONU non può essere impropriamente utilizzata nella sua traduzione
operativa e militare senza la stessa concertazione che è stata
alla base della sua approvazione. Anzi, lo strumento della
risoluzione avrebbe dovuto essere lo strumento principe per
coinvolgere gli Stati più prossimi alla crisi per una via
d'uscita dalla guerra civile.
 
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