Ruolo
indefinito dei medici nelle carceri italiane
di
Domenico Ciardulli
I medici che lavorano nelle carceri del nostro paese non dipendono
più dall'Amministrazione Penitenziaria ma dal Ministero della
Salute.
Questa
"indipendenza di ruolo" andrebbe meglio chiarita e definita
specialmente dopo ciò che è emerso con forza con la morte
di Stefano Cucchi e con l'esigenza sempre maggiore di tutelare
i diritti fondamentali delle persone detenute tra i quali
c'è il diritto all'integrità fisica.
E'
per questo motivo utile diffondere la seguente dichiarazione
di Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione
della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti: "Il
medico ha un ruolo fondamentale nel prevenire i maltrattamenti,
ma è singolare che esistano medici che, all'ammissione in
carcere, fanno la visita alla presenza di personale non medico
e dipendente dall'amministrazione penitenziaria. Questa cosa
è vietata da qualunque standard europeo, a meno che il medico
per questioni di sicurezza personale richieda la presenza
di un agente, che va assolutamente motivata. Questo è un punto
essenziale.
L'altra questione è che noi del Comitato troviamo persone
a cui in sede di visita medica non è stato chiesto, per esempio,
di togliersi i vestiti. Fa parte della deontologia medica,
prima di annotare che la persona non presenti segni di maltrattamenti,
chiedere che si spogli, e visitarla, cosa che non sempre avviene
quando c'è un rapporto di dipendenza dei medici dall'amministrazione.
C'è
poi una questione italiana su cui il Comitato ha molto da
ridire, ovvero che in generale il medico fa parte del Consiglio
di disciplina, e questa è una cosa inaccettabile perchè rompe
la relazione medico-paziente. Il medico in carcere è il medico
del paziente, e il paziente è il detenuto. Il medico non deve
essere coinvolto nelle questioni disciplinari e deve avere
il potere anche di interrompere l'isolamento punitivo del
detenuto in qualsiasi momento. E' quanto succede negli Stati
che seguono i nostri standard".
 
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