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Riforma
della Costituzione : restyling , non stravolgimento
di
Antonio Antonuccio*
L’attività politica di questi ultimi anni, oltre ad essere
stata interessata al cambiamento dell’assetto magistratura/giustizia
- necessità “scriteriata e riconducibile all’esigenza del
singolo” secondo una fazione; necessità che “misura il grado
dell’evoluzione della democrazia” secondo l’altra - è stata
impegnata – oltremodo - per sostenere quel processo di cambiamento
della Nostra Carta Costituzionale. Secondo gli stessi fautori,
tale cambiamento, invocato come panacea per la soluzione dei
molteplici mali della Nostra Penisola, non potrà che traghettarci
verso “una spiaggia più sicura e una terra più rigogliosa”
dove gli italiani troveranno serenità e benessere.
Il dubbio – allo stato - è lecito e pone almeno tre domande:
è ipotizzabile che ci sia un collegamento tra la disonestà
di alcuni politici, il conflitto di interessi, l’eccessiva
burocrazia, la limitata capacità industriale ed imprenditoriale,
la disoccupazione, lo scarso senso civico degli italiani,
l’evasione fiscale, piuttosto che la sempre immanente delinquenza
organizzata associata (ma anche terreno di coltura) al – purtroppo
- ancora basso generale livello culturale e la Costituzione
vigente, ovvero i problemi del Paese sono di ordine politico,
economico e culturale e non dipendono da quanto pensato dai
Costituenti e contenuto nella Nostra Carta? Sono, o non sono
questi – appena enunciati – soltanto alcuni tra i veri problemi
dell'Italia? Per risolverli basta procedere ad una riforma
della Costituzione?
Certamente, nulla è per sempre e anche per la Costituzione
- per stare al passo con i tempi – è ipotizzabile un adeguamento.
Per procedere in tal senso, tuttavia, sarà opportuno, quanto
necessario, comprendere ed approfondire (certamente non con
questo semplice contributo, che sarà soltanto un tentativo
alla sollecitazione) gli aspetti sociologici, storici e politici
che hanno portato alla stesura ed alla promulgazione della
Costituzione Italiana. Essa è stata ed è lo strumento che
ha avuto un ruolo fondamentale per condurci – nel bene, o
nel male – a quello che è l’attuale status quo: della crescita
sociale ed economica del nostro Paese; della qualità della
sua democrazia; della difesa dei diritti delle persone. Tanto
- tuttavia, sebbene rappresentazione inequivocabile di propensione
alla democrazia - non è sufficiente per evitare legittime
critiche per i limitati effetti sulla qualità della politica,
ancorché su una reale e concreta raggiunta equità sociale
e sulla qualità delle istituzioni, quali atti, opportunità
e servizi per la compiutezza della stessa democrazia.
E’ sotto il sole, qualsiasi testata giornalistica, più o meno
faziosa lo documenta, quanto la società italiana, la politica,
le istituzioni non hanno saputo dare concreta applicazione
e compiutezza, se non in una parte, a quanto enunciato con
l’art. 3 della Carta, circa la rimozione degli ostacoli di
ordine economico e sociale. Gli attori in gioco non hanno
saputo garantire fino in fondo l’uguaglianza di fronte alla
legge e quella delle persone senza distinzione di razza, credo
o posizione sociale, nonché il valore del lavoro, quello menzionato
nell’art. 1, conditio sine qua non per l’emancipazione e la
realizzazione delle persone. Non si può non parlare – sempre
in tema di lavoro – di garanzia e continuità, quindi di lotta
al precariato lavorativo; l’art. 36 – forse – non stabilisce
che la retribuzione deve assicurare al lavoratore ed alla
sua famiglia “una esistenza libera e dignitosa”. Lavoro, uguaglianza
tra uomini e donne, libertà personali e di espressione, tutela
dell’ambiente sono i diritti riconosciuti nel testo, ma ancora
lontani da una vera, pratica e concreta applicazione.
La Costituzione, nondimeno, grazie alla lungimiranza dei Padri
Costituenti, appare ancora contemporanea e vitale. E’ un testo
che - certamente - ha bisogno di un restyling, ma non di uno
stravolgimento. Vanno affrontati - per esempio - temi squisitamente
politici come i diritti per gli stranieri e quelli attinenti
alla sicurezza, temi laici come i diritti delle coppie di
fatto, nonché quello dell’eutanasia.
E’ da affrontare il tema della scuola che - nel tempo, per
scriteriate e trasversali scelte politiche – non ha avuto
la giusta attenzione che meritava e che merita. Non si può,
pertanto, non parlare di diritto allo studio, specie quando
– ormai, anche in maniera ostentata – si svilisce quotidianamente
il lavoro dei docenti della scuola pubblica, lavoratori sempre
più vilipesi e malpagati, tutto questo con il chiaro intento
di indirizzare verso l’istruzione privata, con grave pregiudizio
e nocumento per chi non ha la possibilità di pagarsela questa
benedetta scuola privata. L’art.
34 della nostra Carta lo dice chiaramente: “La scuola è aperta
a tutti. … L’istruzione … è obbligatoria e gratuita. I capaci
e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere
i gradi più alti degli studi.”. Oggi la scuola pubblica è
– altresì - accusata di “inculcare” ai giovani valori contrari.
Sono forse valori contrari incentivare la ricerca ed il sapere,
insegnare il vero significato di democrazia e rispetto delle
istituzioni?
Senza
ombra di dubbio, è una partita che si fonda su un preciso
bisogno: quello di costruire un Paese più equo e armonico,
certamente più evoluto e al passo con i nuovi tempi. E’ necessario,
pertanto, rafforzare gli strumenti che difendono e garantiscono
il valore delle persone, sostenere la ricerca di processi
sociali che garantiscano il riconoscimento dei meriti, l’autonomia
e l’autorealizzazione degli individui, nonché le auspicate
giuste opportunità e possibilità per tutti. Oggi,
l’Italia è ancora un paese a più velocità, in cui il retaggio
sociale di origine è ancora rappresentazione di disuguaglianze
nel riconoscimento e sperequazioni nel trattamento. Una realtà
in cui permangono significative le tensioni, ovvero le discrasie
e - ancora, anche in misura abnorme - le ingiustizie. E’ un
paese in cui il problema del lavoro, soprattutto, della sua
qualità, intesa non solo come accezione ecologica, ma anche
nella mera sicurezza, deve - quanto mai – campeggiare nell’agenda
di ogni politico.
L’Italia è, ancora e purtroppo, un luogo in cui le regole
ci sono ma non valgono per tutti e fino in fondo. I fatti
di cronaca - lungi dall’entrare in faziosità partitiche -
ne sono una pratica evidenza. Il concetto di giustizia assurge
così a un nuovo ruolo e significato; diviene - superando ogni
forma di demagogia - assunto, caposaldo e valore trasversale
per un adeguato processo di miglioramento della società. Essa,
la giustizia, diviene lo strumento che deve garantire le regole,
la possibilità e la difesa delle capacità, quest’ultima, appunto,
la capacità, intesa anche come “ingegno per fare sempre di
più e meglio”, parametro naturale unico per una progressione
verticale, ma - in generale - gli stessi quali presupposti
indispensabili per il vivere in armonia nella società.
E’
la richiesta per rafforzare e migliorare gli strumenti capaci
di offrire - evitando derive utopiche - al maggior numero
possibile di cittadini di poter godere di auspicate migliori
opportunità, quindi un maggiore benessere, la capacità – pertanto
- di costruire e assicurare una uguale dignità a tutti. In
questo scenario, la delusione può essere tanta e non è possibile
non rappresentare - anche in maniera chiara, forte e con indignazione
- la critica ai politici e al sistema politico nazionale.
Rivolgendosi ai giovani, la delusione per questo sistema,
tuttavia, non si deve tradurre in un ritiro dalla volontà
di entrare nell’agone politico, ma nell’esigenza di affermare
e fondare una nuova politica; bisogna sempre avere chiaro
che ogni spazio lasciato libero - il più delle volte - viene
occupato da qualcuno che, generalmente, può non essere il
migliore. Essa - diversamente - dovrà concretizzarsi con la
capacità di comprendere i processi sociali e fornire risposte
alle esigenze delle persone che vivono in un’epoca storica
e in una società in rapida trasformazione; quello che è successo
in questi ultimi pochi anni - in passato - è successo anche
in mezzo secolo.
E’ in questa direzione che devono andare le tensioni e le
richieste di miglioramento della Costituzione, del suo ruolo
guida, quale strumento per rafforzare il nostro Paese, ammodernarlo,
per dare solidità alla nostra - ancor giovane - democrazia,
alla società e alla politica.
*
membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio e
Coordinatore della Commissione 'Carcere' dell'Osservatorio
 
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