Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
14 marzo 2010
tutti gli speciali

Riforma della giustizia e lotta alla criminalita'
di Alessandro Balducci*

La settimana scorsa il governo ha “ufficialmente” riconosciuto che la ‘ndrangheta ha messo le radici al Nord: il ministro Maroni ha sciolto il Consiglio comunale di Bordighera (Liguria) per infiltrazione mafiosa. Tutti ricordiamo le polemiche dei Leghisti contro Roberto Saviano che, nel corso di “Vieni via con me”, aveva “osato” parlare della ‘ndrangheta al Nord e dell’intervento “riparatore” del ministro Maroni, nel corso della stessa trasmissione, per rivendicare i meriti del governo in fatto di lotta alla criminalita’ mafiosa, mentre diversi politici della maggioranza ed alcuni alti funzionari pubblici negavano addirittura l’esistenza di una “questione mafia” al settentrione.

Adesso possiamo trarre le dovute conclusioni e stabilire chi aveva ragione e chi no. Magra soddisfazione, certo, constatare quanto quelle denuncie e quegli allarmi fossero giustificati. Ma in questa amara constatazione c’e’, o almeno ci dovrebbe essere, una speranza alimentata da un ragionamento molto semplice: per affrontare un problema e risolverlo e’ necessario almeno riconoscerne l’esistenza e cominciare ad analizzarlo. Senza questa condizione preliminare non si va avanti.

Possiamo allora dire che sia fondata questa speranza alla luce di quanto sta accadendo? Possiamo pensare che l’esecutivo e le forze politiche di maggioranza, ma anche quelle principali dell’opposizione, siano arrivati a maturare quella consapevolezza della gravita’ del fenomeno mafioso e dell’infiltrazione delle mafie nel tessuto sociale ed economico (proprio di questi giorni sono le allarmate dichiarazione del governatore di Bankitalia, Draghi) tali da indurre finalmente governo e Parlamento ad attrezzarsi coi necessari strumenti giuridici? Purtroppo sembra proprio di no.

In questi giorni il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta di riforma della giustizia definita “epocale” dal premier (che risulta essere indagato da quel potere dello Stato, la Magistratura, che verra’ profondamente modificato dalla riforma). Ha ragione infatti il vice presidente del Csm, Vietti: la riforma presentata dal governo - che prevede un iter parlamentare lungo visto che andra’ a toccare anche diversi articoli della Costituzione - non e’ in realta’ una riforma della giustizia, ma una “riforma della Magistratura”. Al solito, per affrontare un problema bisogna prima conoscerlo ed e’ bene quindi che le cose siano chiamate col loro vero nome, altrimenti si fa confusione e, a tal scopo, l’intervista di Vietti, concessa ad un quotidiano di rilevanza nazionale, aiuta molto a fare chiarezza.

Mi permetto quindi di citare le parole del vice presidente del Csm che, rispondendo alla domanda della giornalista, dichiara: “Infine, l'obbligatorietà dell'azione penale da parte del pm e la disponibilità della polizia giudiziaria non vengono contraddetti, ma si consente al legislatore ordinario di rimodularli". E poi ancora: “Il rischio è di mettere nelle mani delle maggioranze del momento la declinazione concreta di alcuni principi fondamentali posti a garanzia dell'uguaglianza dei cittadini e della parità di trattamento davanti alla giurisdizione, con il conseguente affievolirsi di una netta separazione dei poteri".

Per entrare piu’ in dettaglio, bastera’ ricordare che nella proposta di riforma del governo, viene modificato, tra gli altri, l’art. 112 della Costituzione che attualmente recita: “Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, mentre nella modifica proposta diventa: "L'ufficio del Pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge (ordinaria)".

Non ci vuole molta fantasia per capire le conseguenze nefaste e tragiche di questa presunta “riforma epocale” alla luce dei comportamenti e dagli esempi fin qui dimostrati dall’attuale classe politica: governo e Parlamento, salvo lodevoli eccezioni, hanno finto di non accorgersi dell’assalto della ‘ndrangheta alle altre regioni – a agli altri paesi europei ed extra-europei - e, anzi, hanno impiegato il tempo a denigrare e dileggiare quei pochi giornalisti ed onesti funzionari che avevano “osato” parlare di queste cose; una classe politica intollerante verso qualsiasi controllo di legalita’ esercitato dai magistrati, anche in presenza di accuse particolarmente gravi ed infamanti come la collusione e la complicita’ con le organizzazioni criminali (valga, come esempio, il caso dell’on. Cosentino) che ci ha bombardato per anni sulla pericolosita’ degli zingari e dei clandestini come se l’Italia fosse invasa da orde di terroristi, di stupratori o di rapinatori provenienti dai campi nomadi o dal mare.

Succedera’ che un ceto politico caratterizzato da un cosi’ elevato tasso di incoscienza, nonche’ da una bassissima tendenza all’osservanza delle leggi e al buon comportamento pubblico e privato, dovrebbe dire – se la riforma dovesse essere approvata - alla magistratura (ridotta ormai ad un simulacro) quali reati dovranno essere perseguiti… Avremo magistrati impegnati 365 giorni all’anno a perseguire delinquentelli di mezza tacca mentre i grandi criminali mafiosi ed i ladri di stato protagonisti di tante scorrerie nelle tasche dei contribuenti, potranno continuare a saccheggiare impunemente le risorse pubbliche.

Il 12 marzo si sono tenute in numerose citta’ italiane diverse iniziative e manifestazioni per difendere la Carta Fondamentale, contro gli stravolgimenti dei Principii costituzionali secondo le “mode” politiche del momento. Non che la Costituzione sia immodificabile in linea di principio, pero’ le modifiche dovrebbero andare nel senso di progressivo consolidamento dello stato di diritto e verso l’ampliamento della partecipazione popolare alle decisioni politiche. E dovrebbero essere, proprio perche’ si va a toccare il complesso sistema di pesi e contrappesi che regola la comune convivenza, il piu’ possibile condivise e non imposte a colpi di voti di fiducia.

Per la prima volta dobbiamo registrare una positiva convergenza su questo obiettivo di forze politiche molto diverse tra loro come cultura e storia: pensiamo alla partecipazione, alla manifestazione di Roma, di diversi esponenti di Futuro e liberta’, oltre alla presenza di esponenti delle forze politiche tradizionali di sinistra e liberali. Solo un nuovo spirito di condivisione di regole che coinvolga persone e comunita’ di differenti convinzioni puo’ ridare speranza al Paese, cosi’ come la Costituzione elaborata dai padri fondatori diversi tra loro per convinzione e concezione politica, alla fine di una sanguinosa guerra ha permesso e guidato, nel bene e nel male, la crescita e lo sviluppo dell’Italia.

* Coordinatore della Commissione 'Cittadinanza e Costituzione' dell'Osservatorio


per approfondire...

Dossier mafia e antimafia

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale