Stupro
come arma di guerra : a vent'anni dai fatti del Kashmir
di
Gabriella Mira Marq
Nella notte fra il 23 e 24 febbraio 1991 una pattuglia di
soldati indiani entro' in un villaggio di Kunan Poshpora e
- mentre da un lato gli abitanti maschi venivano immobilizzati
e crudelmente torturati - dall'altro vennero stuprate trenta
donne, fra cui tredicenni, donne incinte e persino una nonna
di quasi cent'anni.
Il Kashmir e' una terra divisa sotto il profilo culturale
e religioso fra hindi, musulmani e shintoisti e separata politicamente
in parti sotto il controllo dell'India, del Pakistan e della
Cina. India e Pakistan hanno avuto nel corso dei decenni reciproche
ambizioni di annessione della regione controllata dall'altro,
tanto più che la distribuzione della popolazione di
fede e tradizioni diverse non è omogenea ma vi sono
minoranze etniche e religiose in ciascun territorio. La regione
vive quindi un conflitto semipermanente, anche se in alcune
occasioni vi sono stati atti di distensione.
In quel clima di conflitto, le violenze perpetrate vent'anni
fa nel paesino di Kunan Poshpora, nella parte di Kashmir controllata
dall'India, andarono avanti senza pietà fino al mattino. Coloro
che osavano resistere venivano picchiati violentemente. Quegli
avvenimenti lasciarono una ferita profonda non soltanto nelle
donne vittime dello stupro di gruppo, ma in tutta la popolazione
locale.
Proprio
nel ventesimo anniversario di quei fatti disumani, si è tenuto
ieri presso il comitato trasversale per il Kashmir del Parlamento
europeo un seminario dal titolo "Genere e conflitti - Alla
ricerca di meccanismi internazionali di giustizia". Tra i
relatori del convegno esperti, giuristi e rappresentanti del
Kashmir, della UE e della Coalizione delle nazioni e dei popoli
indigeni.
Il
seminario aveva lo scopo di studiare quali misure potrebbero
essere adottate al fine di limitare la violenza basata sul
genere durante i conflitti e per discutere le misure che la
comunita' internazionale puo' adottare, al fine di garantire
che le vittime ricevano giustizia. Lo stupro e' infatti in
tanti casi un'arma di guerra o di guerriglia, e le donne -
anche bambine - sono costrette a pagare il prezzo della violenza.
L'avvocato A. Majid Tramboo, del Comitato trasversale per
il Kashmir, ha osservato che nonostante le numerose inchieste
per fare giustizia sui fatti di Kunan Poshpora il governo
indiano non ha fatto ancora niente. Ha quindi illustrato le
azioni che saranno intraprese al fine di evidenziare ancora
una volta questo problema e di chiedere giustizia nei consessi
internazionali presso le Nazioni Unite e presso le istituzioni
europee. Egli ha inoltre evidenziato la continua lotta per
la liberazione dei prigionieri politici e per avere un'indagine
sulle fosse comuni nel Kashmir indiano.
La giurista rappresentante per la UE Aslihan Tekin ha parlato
della necessita' di una evoluzione del diritto internazionale
umanitario che tenga maggiormente conto del ruolo di genere
nel conflitto. Ha suggerito che le raccomandazioni di aumentare
il numero di donne coinvolte in operazioni di mantenimento
della pace internazionale dovrebbero essere messe in pratica
al fine di garantire meglio la transizione dal conflitto alla
pace e quindi la pace.
Gemma
Ganlond - del Programma di studi globale per le donne - ha
discusso il ruolo delle donne nel conflitto in Kashmir e la
necessità di meglio coinvolgere le donne nei negoziati di
pace. Ha notato che dopo i fatti di Shopian, dove sono state
assasinate due giovani donne, i membri femminili della società
civile si sono impegnate nelle indagini con una impostazione
e un risultato molto diverso da quelli usualmente carattarizzanti
le indagini di Stato dominate dal sesso maschile.
Eva
Malisuis, mediatrice e formatrice, ha delineato vari modi
in cui nella risoluzione dei conflitti si potrebbe valorizzare
il ruolo che le donne svolgono, ed ha suggerito che le donne
siano al tavolo dei negoziati in numero pari e con influenza
pari a quella degli uomini nel processo decisionale.
I risultati dell'incontro di sono tradotti in una serie di
raccomandazioni che saranno consegnate in occasione della
prossima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra
il prossimo 16 marzo.
 
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