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24 febbraio 2011
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Stupro come arma di guerra : a vent'anni dai fatti del Kashmir
di Gabriella Mira Marq

Nella notte fra il 23 e 24 febbraio 1991 una pattuglia di soldati indiani entro' in un villaggio di Kunan Poshpora e - mentre da un lato gli abitanti maschi venivano immobilizzati e crudelmente torturati - dall'altro vennero stuprate trenta donne, fra cui tredicenni, donne incinte e persino una nonna di quasi cent'anni.

Il Kashmir e' una terra divisa sotto il profilo culturale e religioso fra hindi, musulmani e shintoisti e separata politicamente in parti sotto il controllo dell'India, del Pakistan e della Cina. India e Pakistan hanno avuto nel corso dei decenni reciproche ambizioni di annessione della regione controllata dall'altro, tanto più che la distribuzione della popolazione di fede e tradizioni diverse non è omogenea ma vi sono minoranze etniche e religiose in ciascun territorio. La regione vive quindi un conflitto semipermanente, anche se in alcune occasioni vi sono stati atti di distensione.

In quel clima di conflitto, le violenze perpetrate vent'anni fa nel paesino di Kunan Poshpora, nella parte di Kashmir controllata dall'India, andarono avanti senza pietà fino al mattino. Coloro che osavano resistere venivano picchiati violentemente. Quegli avvenimenti lasciarono una ferita profonda non soltanto nelle donne vittime dello stupro di gruppo, ma in tutta la popolazione locale.

Proprio nel ventesimo anniversario di quei fatti disumani, si è tenuto ieri presso il comitato trasversale per il Kashmir del Parlamento europeo un seminario dal titolo "Genere e conflitti - Alla ricerca di meccanismi internazionali di giustizia". Tra i relatori del convegno esperti, giuristi e rappresentanti del Kashmir, della UE e della Coalizione delle nazioni e dei popoli indigeni.

Il seminario aveva lo scopo di studiare quali misure potrebbero essere adottate al fine di limitare la violenza basata sul genere durante i conflitti e per discutere le misure che la comunita' internazionale puo' adottare, al fine di garantire che le vittime ricevano giustizia. Lo stupro e' infatti in tanti casi un'arma di guerra o di guerriglia, e le donne - anche bambine - sono costrette a pagare il prezzo della violenza.

L'avvocato A. Majid Tramboo, del Comitato trasversale per il Kashmir, ha osservato che nonostante le numerose inchieste per fare giustizia sui fatti di Kunan Poshpora il governo indiano non ha fatto ancora niente. Ha quindi illustrato le azioni che saranno intraprese al fine di evidenziare ancora una volta questo problema e di chiedere giustizia nei consessi internazionali presso le Nazioni Unite e presso le istituzioni europee. Egli ha inoltre evidenziato la continua lotta per la liberazione dei prigionieri politici e per avere un'indagine sulle fosse comuni nel Kashmir indiano.

La giurista rappresentante per la UE Aslihan Tekin ha parlato della necessita' di una evoluzione del diritto internazionale umanitario che tenga maggiormente conto del ruolo di genere nel conflitto. Ha suggerito che le raccomandazioni di aumentare il numero di donne coinvolte in operazioni di mantenimento della pace internazionale dovrebbero essere messe in pratica al fine di garantire meglio la transizione dal conflitto alla pace e quindi la pace.

Gemma Ganlond - del Programma di studi globale per le donne - ha discusso il ruolo delle donne nel conflitto in Kashmir e la necessità di meglio coinvolgere le donne nei negoziati di pace. Ha notato che dopo i fatti di Shopian, dove sono state assasinate due giovani donne, i membri femminili della società civile si sono impegnate nelle indagini con una impostazione e un risultato molto diverso da quelli usualmente carattarizzanti le indagini di Stato dominate dal sesso maschile.

Eva Malisuis, mediatrice e formatrice, ha delineato vari modi in cui nella risoluzione dei conflitti si potrebbe valorizzare il ruolo che le donne svolgono, ed ha suggerito che le donne siano al tavolo dei negoziati in numero pari e con influenza pari a quella degli uomini nel processo decisionale.

I risultati dell'incontro di sono tradotti in una serie di raccomandazioni che saranno consegnate in occasione della prossima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra il prossimo 16 marzo.


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