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09 ottobre 2010
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Avetrana : il mostro e' ancora in liberta' !
riceviamo e pubblichiamo

A questa terribile tragedia, vomitata in tempo reale sulla tavola degli italiani, si aggiunge la tristezza della rituale e scontata reazione di buona parte dell'opinione pubblica che si esprime con i soliti commenti su radio, giornali, blog e interviste televisive.

Sono tante le persone che inneggiano alla pena di morte, alla tortura, alla castrazione, all'esecuzione sommaria, alla lapidazione pubblica. Tipiche reazioni emotive e viscerali di chi vuole "chiamarsi fuori" da un crimine orribile, autoconvincendosi che "il mostro è fuori e va disintegrato". Ci insegnano spesso che il mostro viene sempre da fuori, ed è "straniero" impedendo che i bambini e le donne possano difendersi e riconoscere una violenza. Da qui tutta l’attenzione verso i reati contro donne e bambine compiuti da stranieri. Quando accadono delitti del genere capita che la badante romena, l'operaio albanese o il manovale marocchino vanno subito al centro dei sospetti, e come sempre il tutto evidenziato nei titoli dei giornali.

Inoltre si tende ad identificare il mostro esclusivamente come qualcosa al maschile mentre sappiamo che non sono rari gli infanticidi commessi da donne, così come più volte sono rimbalzati sulla cronaca nazionale e internazionale i delitti seriali "terapeutici" compiuti da infermiere nei reparti geriatrici e ospedalieri. Il mostro può anche vestire i panni di un adolescente quando questi trova gusto a bruciare vivo un barbone steso su una panchina. Sarah è un’ulteriore vittima della violenza maschile prodotta da una cultura che promuove il controllo dei nostri corpi, la colpevolizzazione delle vittime e la mercificazione continua dei corpi femminili e infantili.

Esiste poi un approccio delle politiche pubbliche che tende a dividere in microcosmi segregati le famiglie e a ignorarne i bisogni. Forse è proprio questa cultura che ha contribuito ad ucciderla. Forse in essa si trova una parte di responsabilità di questo degrado. Non ci si accorge che i mostri si generano in seno alla società "civile", e dovremmo ritenerci tutti un po' corresponsabili di quello che accade. Purtroppo, il "mostro" è potenzialmente dentro tutti noi.

Non si tratta in questa sede di deresponsabilizzare l'assassino e i suoi complici contro i quali va applicata, e con certezza, la pena più adeguata. Ma non è per niente rassicurante il fatto che la gente cerchi di esorcizzare i propri demoni scaricando violentemente le responsabilità dell'accaduto su un unico individuo. In questo senso, quello che sta succedendo nei confronti dello zio di Sarah non è molto diverso dalla caccia alle streghe del Medioevo. La nostra appare come una società sessista, moralistica, in perenne conflitto e tensione tra tabù sessuali e veline in tv che tende ad alimentare pulsioni insane fertilizzando l'humus dove si generano brutture e violenze. Un mix esplosivo di cultura maschilista, omertosa, e a volte mafiosa, fatta di scatole chiuse non comunicanti. Una serie di fattori che, sommati magari ad una personalità già instabile, crea mostri. Mostri che non si possono facilmente epurare, essi circolano ancora liberamente e occorre averne consapevolezza per capire in che direzione stiamo andando.

Ma come si fa ad invertire la direzione e prevenire delitti come quello di Avetrana? Di certo possiamo dire che non hanno funzionato le istituzioni preposte a rilevare gli eventi sentinella. La Scuola è sicuramente un presidio prezioso dove si possono tessere relazioni di aiuto fondamentali per un bambino, per un adolescente e per le famiglie. Ma la Scuola oggi non solo è una struttura che vive alla giornata e che non innova, che non pensa, che non si collega adeguatamente nella progettazione agli altri enti locali, ma è stata anche ridotta ai minimi termini con i tagli di buona parte del personale. Anche i medici curanti e i pediatri sono un presidio di prevenzione importante ed è un peccato quando qualcuno di essi si trasforma in bottegaio incentivato dalle case farmaceutiche a sfornare ricette su ricette. Poi esiste il ruolo delle parrocchie, degli oratori, dei centri di aggregazione ecc.

Ma quale servizio socio-sanitario riesce a mettere insieme tutti questi preziosi tasselli per promuovere una cultura di rete? Eppure i comuni i distretti sanitari e i loro enti convenzionati incassano milioni di euro ogni anno, risorse provenienti dall'Unione europea, dal fondo sociale e sanitario nazionale per stilare i loro bei piani sociali di zona.

E', a mio avviso, a monte, e cioè, in quelle stanze delle Province, dei Comuni, dei Municipi, delle Asl, degli Uffici Scolastici regionali e provinciali che va individuata una buona fetta di responsabilità. Le inadempienze, la mancata lettura dei bisogni di una comunità, la mancata volontà e capacità di dare forma e sostanza a reti solidali, la mancata presa in carico di situazioni di rischio e/o di sofferenza sono all'origine di tragedie imprevedibili e impensabili per le quali le lacrime continuano a scorrere inutilmente senza sosta.

A valle ci sono poi le microresponsabilità diffuse di ogni cittadino, di ogni membro di una comunità che diviene complice dei delitti nel momento in cui interpreta la convivenza civica come strumento di soddisfazione dei propri esclusivi bisogni e desideri, fregandosene di ciò che accade al proprio vicino di casa o alla propria compagna di scuola o al collega di ufficio.

Il riscatto e la liberazione dai piccoli mostri che albergano dentro ognuno di noi sta nella revisione e nel rinnovamento dei propri valori, nella maggiore cura degli altri come di se stessi e nello sforzo per diventare cittadini attivi che, invece di voltarsi dall'altra parte, svolgono il ruolo vigile fondamentale di prezioso anello per costruire una forte solidarietà comunitaria.

Domenico Ciardulli
Esperto in Management del Servizio Sociale

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