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Avetrana
: il mostro e' ancora in liberta' !
riceviamo
e pubblichiamo
A questa terribile tragedia, vomitata in tempo reale sulla
tavola degli italiani, si aggiunge la tristezza della rituale
e scontata reazione di buona parte dell'opinione pubblica
che si esprime con i soliti commenti su radio, giornali, blog
e interviste televisive.
Sono
tante le persone che inneggiano alla pena di morte, alla tortura,
alla castrazione, all'esecuzione sommaria, alla lapidazione
pubblica. Tipiche reazioni emotive e viscerali di chi vuole
"chiamarsi fuori" da un crimine orribile, autoconvincendosi
che "il mostro è fuori e va disintegrato". Ci insegnano spesso
che il mostro viene sempre da fuori, ed è "straniero" impedendo
che i bambini e le donne possano difendersi e riconoscere
una violenza. Da qui tutta l’attenzione verso i reati contro
donne e bambine compiuti da stranieri. Quando accadono delitti
del genere capita che la badante romena, l'operaio albanese
o il manovale marocchino vanno subito al centro dei sospetti,
e come sempre il tutto evidenziato nei titoli dei giornali.
Inoltre si tende ad identificare il mostro esclusivamente
come qualcosa al maschile mentre sappiamo che non sono rari
gli infanticidi commessi da donne, così come più volte sono
rimbalzati sulla cronaca nazionale e internazionale i delitti
seriali "terapeutici" compiuti da infermiere nei reparti geriatrici
e ospedalieri. Il mostro può anche vestire i panni di un adolescente
quando questi trova gusto a bruciare vivo un barbone steso
su una panchina. Sarah è un’ulteriore vittima della violenza
maschile prodotta da una cultura che promuove il controllo
dei nostri corpi, la colpevolizzazione delle vittime e la
mercificazione continua dei corpi femminili e infantili.
Esiste poi un approccio delle politiche pubbliche che tende
a dividere in microcosmi segregati le famiglie e a ignorarne
i bisogni. Forse è proprio questa cultura che ha contribuito
ad ucciderla. Forse in essa si trova una parte di responsabilità
di questo degrado. Non ci si accorge che i mostri si generano
in seno alla società "civile", e dovremmo ritenerci tutti
un po' corresponsabili di quello che accade. Purtroppo, il
"mostro" è potenzialmente dentro tutti noi.
Non
si tratta in questa sede di deresponsabilizzare l'assassino
e i suoi complici contro i quali va applicata, e con certezza,
la pena più adeguata. Ma non è per niente rassicurante il
fatto che la gente cerchi di esorcizzare i propri demoni scaricando
violentemente le responsabilità dell'accaduto su un unico
individuo. In questo senso, quello che sta succedendo nei
confronti dello zio di Sarah non è molto diverso dalla caccia
alle streghe del Medioevo. La nostra appare come una società
sessista, moralistica, in perenne conflitto e tensione tra
tabù sessuali e veline in tv che tende ad alimentare pulsioni
insane fertilizzando l'humus dove si generano brutture e violenze.
Un mix esplosivo di cultura maschilista, omertosa, e a volte
mafiosa, fatta di scatole chiuse non comunicanti. Una serie
di fattori che, sommati magari ad una personalità già instabile,
crea mostri. Mostri che non si possono facilmente epurare,
essi circolano ancora liberamente e occorre averne consapevolezza
per capire in che direzione stiamo andando.
Ma
come si fa ad invertire la direzione e prevenire delitti come
quello di Avetrana? Di certo possiamo dire che non hanno funzionato
le istituzioni preposte a rilevare gli eventi sentinella.
La Scuola è sicuramente un presidio prezioso dove si possono
tessere relazioni di aiuto fondamentali per un bambino, per
un adolescente e per le famiglie. Ma la Scuola oggi non solo
è una struttura che vive alla giornata e che non innova, che
non pensa, che non si collega adeguatamente nella progettazione
agli altri enti locali, ma è stata anche ridotta ai minimi
termini con i tagli di buona parte del personale. Anche i
medici curanti e i pediatri sono un presidio di prevenzione
importante ed è un peccato quando qualcuno di essi si trasforma
in bottegaio incentivato dalle case farmaceutiche a sfornare
ricette su ricette. Poi esiste il ruolo delle parrocchie,
degli oratori, dei centri di aggregazione ecc.
Ma
quale servizio socio-sanitario riesce a mettere insieme tutti
questi preziosi tasselli per promuovere una cultura di rete?
Eppure i comuni i distretti sanitari e i loro enti convenzionati
incassano milioni di euro ogni anno, risorse provenienti dall'Unione
europea, dal fondo sociale e sanitario nazionale per stilare
i loro bei piani sociali di zona.
E', a mio avviso, a monte, e cioè, in quelle stanze delle
Province, dei Comuni, dei Municipi, delle Asl, degli Uffici
Scolastici regionali e provinciali che va individuata una
buona fetta di responsabilità. Le inadempienze, la mancata
lettura dei bisogni di una comunità, la mancata volontà e
capacità di dare forma e sostanza a reti solidali, la mancata
presa in carico di situazioni di rischio e/o di sofferenza
sono all'origine di tragedie imprevedibili e impensabili per
le quali le lacrime continuano a scorrere inutilmente senza
sosta.
A
valle ci sono poi le microresponsabilità diffuse di ogni cittadino,
di ogni membro di una comunità che diviene complice dei delitti
nel momento in cui interpreta la convivenza civica come strumento
di soddisfazione dei propri esclusivi bisogni e desideri,
fregandosene di ciò che accade al proprio vicino di casa o
alla propria compagna di scuola o al collega di ufficio.
Il
riscatto e la liberazione dai piccoli mostri che albergano
dentro ognuno di noi sta nella revisione e nel rinnovamento
dei propri valori, nella maggiore cura degli altri come di
se stessi e nello sforzo per diventare cittadini attivi che,
invece di voltarsi dall'altra parte, svolgono il ruolo vigile
fondamentale di prezioso anello per costruire una forte solidarietà
comunitaria.
Domenico
Ciardulli
Esperto in Management del Servizio Sociale
 
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