 |
Giovani
e violenza : nel fortino delle illusioni
riceviamo
e pubblichiamo
Tanti
anni sono trascorsi dal mio arrivo nella Comunità Casa del
Giovane, ho conosciuto tanti ragazzi, nei sorrisi nascondevano
il dolore delle assenze, delle rinunce, delle illusioni già
morte, ragazzi e ragazze che pur nel silenzio della sofferenza
mantengono una loro dignità, nonostante ciò che li colpisce
a tradimento, gettandoli impreparati nella devastazione dell’assunzione
delle sostanze, tutte le droghe, nessuna esclusa.
Ragazze violentate, ragazzi perduti, giovani dentro una guerra
che non è mai stata loro, né lo sarà mai, giovani inascoltati,
mal accolti, persino da Dio troppe volte inteso così lontano
e remoto, una storia che ci portiamo appresso come un peso
quotidiano, adolescenti che drammaticamente stramazzano davanti
a noi, eppure rimaniamo incollati alla nostra vocazione di
cattivi maestri, di educatori presuntuosamente inventati,
obbligandoli alle nostre spalle, senza possibilità di vedere
il grande bluff.
Pensiamo
a questi ragazzi come plotoni allineati in un perimetro tutto
loro, non riusciamo neppure a impegnare tempo a sufficienza
per comprendere la loro capacità di sentirsi parte di qualcosa,
di qualcuno: più noi rimarremo alla finestra a guardare, più
loro si sentiranno parte di una fortezza a loro misura, a
tal punto da ritenersi l’unica guarnigione preparata affinché
il “fortino delle illusioni “ non abbia a cadere in mani nemiche.
Occorre
parlare ai più giovani, con i loro mondi provocatoriamente
chiusi in scatole cinesi, nei miti e nei simboli che tramandano
desideri tribali, e uccidono le stesse emozioni, travisando
il bisogno di non subordinare mai le passioni alle regole,
truccando lo scontro culturale e intimo della trasgressione,
per andare rovinosamente a sbattere nella “cultura” dei rischi
più estremi. E’ sempre utile stare ad ascoltare quelli che
guardano alla vita con occhi smarriti nel tentativo di viverla,
e con quegli altri che nella follia lucida tentano di dominarla,
inconsapevoli di esserne diventati miseramente schiavi.
C’è anche il rischio di insegnare dal pulpito, dalla cattedra,
di dire agli altri quel che non siamo capaci di ascoltare
di noi stessi, possiamo travestirci da duri o da vittime,
passare sopra a qualche rimorso, trucidare le speranze e i
sogni di quanti più deboli e indifesi, ma è un errore non
pensare ai dazi da pagare dopo, perché dopo, i dazi si dovranno
pagare fino all’ultima notte più buia, dove non ci saranno
mani tese né pacche sulle spalle ad attenderci.
Adolescenti
indiani bianchi, riuniti in tribù, e sbrigativamente licenziamo
una diversità che è importante, vite differenti, stili esistenziali
diversi, ruoli sociali definiti e da declinare con qualche
probabilità. Può significare un’evoluzione che porta a riconoscersi
nell’altro, non nella somma banale altro-io (dato fisico),
bensì come attrazione e amore per l’unità ontologica originaria
umana, che è vita insieme, quel noi ( dato sostanziale ) non
semplicemente interrelazione tra persone, ma percezione della
similarietà umana, condivisione, accettazione, solidarietà.
E’
necessario afferrare quel filo di Arianna che è la memoria,
e ricordare le cadute per raccontare ciò che si è imparato,
come ha saputo fare David Maria Turoldo: guerra è appena il
male in superficie, il grande male è prima, il grande male
è l’amore per il nulla.
Vincenzo
Andraous
tutor Casa del Giovane di Pavia
 
Dossier
diritti
|
|