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30 luglio 2010
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Corte diritti condanna la Russia per violazioni in Cecenia
di Gabriella Mira Marq

La scorsa settimana la Corte europea dei diritti dell'uomo ha reso note due sentenze di condanna riguardanti la Russia per violazione dei diritti dei Ceceni, nessuna dei quali e' definitiva. Entrambi i casi hanno riguardato le affermazioni dei ricorrenti che i loro parenti erano stati rapiti dai militari russi in Cecenia. Essi hanno inoltre lamentato che l'autorità nazionale non era riuscita a condurre un'indagine efficace sulle loro accuse.

In un primo caso, due uomini di età compresa tra 20 e 29 sono stati rapiti dalle loro case il 24 novembre 2002 da circa 12 uomini armati mascherati. Gli uomini sono entrati nei loro cortili richiedendo i documenti di identita' e poi portandoli via. Entrambi i veicoli avevano segni distintivi, come ad esempio graffi su un lato e l'antenna, e un panno bianco sostituiva i finestrini rotti. Pochi minuti dopo, i parenti di Abu-Sayd e Selim inseguivano i veicoli in auto. Si fermarono solo dopo un tecnico dell'ufficio del comandante militare usci' da uno dei veicoli e disse loro che i veicoli appartenevano al Dipartimento degli Interni del distretto di Urus-Martan in Cecenia e che, se avessero continuato a seguirli rischiavano la fucilazione. Il giorno seguente, il capo del dipartimento ha detto ai ricorrenti che aveva contattato quelli che avevano rapito e Sayd Abu Selim e aveva chiesto di non usare la forza contro di loro. Non c'e' stata alcuna notizia di Abu Selim o Sayd da quel momento, nonostante ripetute richieste dei ricorrenti a vari organismi. Le indagini penali sulla loro scomparsa, che finora sonoo durate oltre sette anni, non hanno prodotto risultati tangibili.

La Corte ha riconosciuto le seguenti violazioni della Convenzione a carico della Russia: Violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita), dell'articolo 3 (trattamento disumano o degradante), dell'articolo 5 (detenzione segreta), dell'articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo), in combinato disposto con l'articolo 2.

Nel caso invece di quattro cittadini russi parenti stretti di Artur Akhmatkhanov, che la mattina del 2 aprile 2003, a detta di alcuni vicini, dopo una sparatoria accanto ad un ex dispensario era stato caricato con un sacchetto di plastica sulla testa su un veicolo allontanatosi poi verso la citta'. Nel pomeriggio dello stesso giorno, alcuni investigatori si recarono fino al magazzino medico per raccogliere campioni di sangue e una cartuccia, apparentemente per un esame medico-legale. Due giorni dopo, e' tata aperta un'inchiesta sulla scomparsa di Artur, ma via via e' emerso che le prove erano sparite e l'inchiesta era ad un punto morto. Una lettera del febbraio 2007 del padre di Artur al Procuratore della Repubblica, per chiedere informazioni sullo stato di avanzamento delle indagini, non ha ricevuto alcuna risposta. Il governo russo ha sostenuto che l'inchiesta e' stata sospesa e ripresa piu' volte per la mancata individuazione degli autori ed era ancora in corso, ma nonostante le richieste specifiche da parte della Corte europea, il governo non ha rivelato l'intero contenuto del procedimento penale, sostenendo che un tale passo era incompatibile con la legislazione nazionale.

La Corte ha riconosciuto le seguenti violazioni della Convenzione a carico della Russia: Violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita), dell'articolo 3, dell'articolo 5 (detenzione segreta), dell'articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo), in combinato disposto con l'articolo 2. La Corte ha ritenuto che i parenti degli uomini scomparsi aveva fornito una descrizione coerente dei rapimenti. In entrambi i casi la Corte ha constatato che vi era stata ulteriori violazioni dell'articolo 2, a causa del fallimento delle autorita' nello svolgere indagini efficaci sulle circostanze della scomparsa.

La Corte ha inoltre stabilito che la madre di Sayd-Selim, i genitori di Abu, così come i genitori, sorella e moglie di Artur, aveva sofferto disagio e di angoscia a causa della scomparsa dei loro parenti stretti e la loro incapacità di trovare quello che era successo a loro. Il modo in cui tali ricorrenti denunce era stato trattato dalle autorita' doveva essere considerato un trattamento inumano, in violazione dell'articolo 3. Inoltre, la Corte ha ritenuto che i tre giovani erano in detenzione segreta, senza alcuna delle garanzie di cui all'articolo 5, che costituiva una violazione particolarmente grave del diritto alla liberta' e alla sicurezza.

La Corte ha infine rilevato che, come le indagini penali relative alla scomparsa e le uccisioni dei parenti dei ricorrenti era stata inefficace e l'efficacia di qualsiasi altro rimedio che avrebbe potuto sussistere era stata pertanto minato, per cui lo Stato non aveva adempiuto l'obbligo di cui all'articolo 13. Di conseguenza vi era stata una violazione dell'articolo 13, in combinato disposto con l'articolo 2 in entrambi i casi.

Sia nel primo che nel secondo caso, la Corte ha concessoai parenti il danno patrimoniale e i danni non patrimoniali.

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