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Fondazioni
: ma che roba e' ?
di
Rodolfo Roselli*
Ingenuamente abbiamo sempre pensato che le fondazioni fossero
organizzazioni dedite al mecenatismo, alla sponsorizzazione
temporanea di eventi o a fini benefici, ma ci siamo sbagliati
perché non abbiano tenuto conto che anche sulle fondazioni
ha messo le mani la politica. Da qualche tempo in Italia stanno
nascendo fondazioni legate a politici che sono stati eletti
con il voto dei cittadini e sostenuti dal finanziamento pubblico.
Per
molti elettori questi organismi sono oggetti misteriosi dei
quali si ha difficoltà a capire la loro vera funzione.
Ufficialmente
vengono spiegate come derivate dalla cultura politica tedesca.
Infatti nella Repubblica Federale ciascuno dei tre principali
partiti ha una fondazione che svolge soprattutto attività
di studio, ricerca e riflessione politica. Sono in sostanza
dei pensatoi di supporto ai partiti. Ma da noi le cose sono
molto diverse, non fanno capo al partito, ma ad una persona,
e sono una diretta conseguenza del declino del partito politico
tradizionale e svolgono una importante funzione economica
perché da una parte traggono vantaggio dai benefici fiscali
riservati dalla legge sulle fondazioni, e dall'altra parte
sono uno strumento per consentire anche il finanziamento privato
dei partiti, in aggiunta a quello pubblico.
Il finanziamento pubblico era stato creato per evitare che
le spese politiche fossero coperte da privati e quindi condizionassero
la politica, con le fondazioni tutto questo è stato furbescamente
aggirato e quindi i partiti possono contare anche su cospicui
fondi privati. In sostanza i partiti sono stati sostituiti
dalle fondazioni, cioè da entità private che sono create da
gruppi misti di politici, finanzieri e personaggi molto facoltosi,
al di fuori dei partiti che, con il pretesto di svolgere attività
sociali e culturali, raccolgono finanziamenti da banche e
da multinazionali.
Da
tempo queste fondazioni esistono negli Stati Uniti, dove in
pratica non esistono i partiti Democratico e Repubblicano
come da noi intesi, ma ci sono decine di fondazioni che raccolgono
fondi miliardari per loro, da aziende e grandi finanzieri,
che poi si mobilitano per influenzare in modo determinante
sia le elezioni sia i provvedimenti legislativi importanti.
Ma negli Stati Uniti non esiste il finanziamento pubblico
e tanto meno i rimborsi elettorali e quindi il tutto è logico
(e comunque ci sono regole ferree sui limiti delle donazioni
e sulla pubblicita' alle stesse, e ulteriori ne sono state
introdotte di recente, ndr).
Da
noi invece è un modo delle elites politiche e finanziarie
di non dare nell'occhio, dichiarando di occuparsi di scopi
culturali, di promuovere nuove idee e di cause sociali, per
le quali impegnano e pagano lautamente anche professori e
studiosi, e questi ultimi, con il loro autorevole parere di
parte, forniscono credibilità alle idee, ma in realtà sono
lobby nelle quali lavorano in modo indiretto anche i politici,
i finanzieri, le dinastie economiche e i top managers, ed
è in quelle sedi che si decidono le cose da fare, per poi
trasferirle in proposte politiche.
Questi
contatti ci sono sempre stati, ma le fondazioni li hanno istituzionalizzati
e i finanziamenti che passano per le fondazioni sono milionari,
sono alla base del potere e vengono considerati, da chi li
distribuisce, dei vantaggiosi investimenti che facilitano
gli affari delle grandi aziende. Del resto nessuno dà niente
per nulla. In questo modo i politici non hanno più una base
di potere nel partito e nelle sue correnti, ma la posseggono
nelle fondazioni, con il vantaggio di non discutere ed incontrarsi
con i militanti di base, e tanto meno con gli elettori, ma
con eredi di famiglie miliardarie e con i banchieri.
In Italia il primo che le ha lanciate è stato Massimo D'Alema
con la sua fondazione Italianieuropei finanziata, tra gli
altri, dalla British American Tobacco e dalla Philip Morris.
Non è da meno Gianfranco Fini, con la sua fondazione Fare
Futuro, finanziata anche da Jacopo Biondi Santi, il re del
vino, ed erede degli inventori del Brunello. Ma nel libro
paga della British American Tobacco, tanto per non sbagliare,
vi sono anche la Fondazione Formica di Marco Follini e la
Magna Carta di Gaetano Quagliarello oltre ai finanziamenti
dei petrolieri Moratti e Garrone. Vini, fumo e petrolio. Ma
anche acciai, telefoni, gomme e assicurazioni, energia e tv,
banche e compagnie elettriche, cemento e auto, cliniche e
medicinali, senza trascurare finanza e armamenti. Dietro al
ruolo crescente delle fondazioni c'è il meglio dell'economia.
In queste sedi non prevale solo la qualità delle idee ma anche
la forza degli sponsor che le propongono, in effetti non prevalgono
le buone idee ma i buoni patrimoni.
Una
cifra precisa che permette di far parte dei finanziatori non
esiste, ma le prefetture che vigilano sulle fondazioni riconosciute,
se non esercitano controlli sulla loro gestione finanziaria
almeno su questo sono severe: la dote deve essere credibile.
Di solito si parte dai 50 mila euro per arrivare anche oltre
il milione. Soldi che vanno immobilizzati in investimenti
sicuri e non possono essere utilizzati per le attività correnti.
E qui si entra in una zona d'ombra, dove si aggirano le vecchie
leggi sul finanziamento dei partiti, e dove vengono reperite
le risorse necessarie ai partiti per i loro convegni, riviste
e centri studi e probabilmente per gestire il voto di scambio.
Dunque i fondi ministeriali, surrogato delle sovvenzioni pubbliche
ai movimenti politici, sono solo degli specchietti per le
allodole per far credere agli ingenui dell'indipendenza della
politica dalla pesante ingerenza aziendale.
Alle
fondazioni ricorrono un po' tutte le parti, e oltre a quelle
già citate, anche la Fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno,
che da quest'anno si è anche attrezzata per incassare le donazioni
Irpef del 5 per mille. Per il resto puntano sui contributi
degli associati e sugli assegni dei grandi donatori. Ma tracciare
un identikit degli sponsor, che mettano mano al portafogli
per i patrimoni o per le spese, non è facile. Le fondazioni
non hanno infatti alcun obbligo a rendere pubblici bilanci
e fonti di finanziamento, e quindi è assai complicato capire
le attività delle fondazioni, ma di alcune è stato possibile
reperire informazioni storicamente più illuminanti. Il fatto
di avere bilanci segreti è esattamente il contrario di quanto
la democrazia vorrebbe nei partiti politici, ma è proprio
per questo che sono nate le fondazioni politiche.
La
già citata Italianieuropei fu costituita nel 1999 da Giuliano
Amato e da Massimo D'Alema, in quel momento Presidente del
Consiglio, e dal costruttore Alfio Marchini, dal presidente
della Lega cooperative Ivano Barberini e dal consulente aziendale
Leonello Giuseppe Clementi. Dotazione iniziale un miliardo
di lire fornito da una nutrita lista di sostenitori: 200 milioni
di lire li offrì la Cooperaiva Estense, 100 l'Associazione
Nazionale Cooperative e la Lega Coop di Modena e altre aziende.
Tra i privati, con cifre intorno ai 50 milioni spiccano l'industriale
Claudio Cavazza, gli stessi Clementi e Marchini, mentre 1
milione ciascuno hanno versato Amato e Barberini. Con il ritorno
di Amato al governo, venne nominato presidente della fondazione
D'Alema che, comunque, non ci ha mai messo una lira, a differenza
di altri noti benefattori che rimpinguarono successivamente
la dotazione patrimoniale con offerte fino a 80 mila euro.
Tra loro, la Romed di Carlo De Benedetti, la Fiat Geva di
Gianni Agnelli, la Wate Management (discariche), e un gruppo
di aziende farmaceutiche della famiglia Angelucci) e altri
imprenditori.
La
Fondazione Fare Futuro nasce invece nel 2007 grazie a Fini,
Adolfo Urso e Ferruccio Ferranti, un manager ora indagato
a Bari per una storia di appalti sanitari. Patrimonio iniziale:
un milione di euro, 930 mila dei quali versati da un comitato.
Tra i promotori, c'è chi continua a versare ogni anno fino
a 20 mila euro: Emilio Cremona, presidente di Assofond, la
federazione delle fonderie; Lia Viviani, titolare dell'omonima
casa editrice; gli imprenditori metallurgici Michele Mazzucconi
e Giancarlo Ongis e Sergio Vittadello, della Intercantieri.
Seguono, oltre a Biondi Santi, personaggi come il sociologo
Sabino Acquaviva, l'avvocato Nicolò Amato, l'attore e deputato
Luca Barbareschi, la presentatrice Rita Dalla Chiesa, la cantante
Cecilia Gasdia.
Natali
nobili anche per Magna Carta, varata nel 2004 su impulso di
Marcello Pera, allora presidente del Senato. Motore operativo
è da sempre stato Gaetano Quagliariello, che è stato anche
il primo presidente. Tra i fondatori, Giuseppe Calderisi (parlamentare
di Fi), Giuseppe Morbidelli (professore di diritto alla Sapienza)
e soprattutto la Erg petroli della famiglia Garrone, la Fondiaria
di Ligresti e la Nuova Editoriale, una srl di Firenze. Ciascuno
ha versato 100mila euro ai quali si aggiungono più tardi identiche
cifre da Mediaset, Gianmarco Moratti con la Secofin Holding,
Acqua Pia Antica Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone
e British American Tobacco, il cui precedente amministratore
delegato Francesco Valli è l'attuale presidente di Magna carta.
Tra i donatori compare anche il nome del sen. Pdl Filippo
Piccone, indagato a Pescara per la compravendita di candidature.
Nel
maggio 1996 nasce la Fondazione Liberal di Adornato: 200 milioni
di lire di patrimonio versati da Diego Della Valle, il già
noto Alfio Marchini, Vittorio Merloni e Marco Tronchetti Provera
e Cesare Romiti. Altra fondazione è Medidea, varata nel 2008
da Giuseppe Pisanu, ex ministro dell'Interno e ora presidente
dell'Antimafia, con il figlio Angelo e a Massimo Pini, stretto
collaboratore di Ligresti. Insieme a Ben Ammar, alleato storico
di Berlusconi.
Le
fondazioni sono diventate macchine complesse e costose e le
loro spese spaziano in ogni settore ove la politica possa
avere poi dei ritorni elettorali. Non importano i temi trattati,
ma devono tutti essere stimolanti per il pubblico e invogliarlo
a partecipare a convegni, acquistare libri e giornali, finanziare
manifestazioni locali etc. Per esempio Italianieuropei riesce
ad avere un fatturato di circa un milione anno, una sede romana
che costa 7000 euro mensili, e altre due sono a Milano e Napoli
(in coabitazione con la Fondazione Mezzogiorno Europa, voluta
da Giorgio Napolitano), ha un sito Internet, produce libri,
i quaderni e la rivista, oltre alla nutrita agenda di convegni.
Ma
per affrontare queste spese le fondazioni si affidano al mercato,
trasformandosi non più in pensatoi, ma in vere e proprie aziende
che vendono pubblicità sulle loro riviste: pacchetti da 30
mila euro acquistati tra gli altri da Allianz, Sisal, MPS,
Banco di Roma, Sky, Enel, Eni, Telecom, Rai, Novartis etc.,
in piena concorrenza con le aziende editoriali dei quotidiani,
pubblicità che - data la loro diffusione molto limitata -
lascia molti dubbi sull'essere una vera pubblicità.
Ottengono
contributi per i gruppi di lavoro, come quello sulla sanità
animato dal senatore Ignazio Marino. Poi ci sono i convegni
ordinati su commissione, come la British Tobacco che, sborsando
20 mila euro, ne ha chiesto uno sui danni del fumo minorile.
Infine, altri proventi arrivano proponendosi come consulenti
per feste e festival, come quello della Salute di Viareggio
che ha fruttato 100 mila euro.
A
ben vedere il vorticoso giro di denaro ben poco ha a che fare
con eventuali centri studi, supporto a proposte innovative,
ma invece è centrato sulla gestione e al successo di nuove
correnti di partito che, tenendo conto dei livelli dei personaggi
promotori, possono più facilmente usufruire di ulteriori finanziamenti
statali, pronti ad avvantaggiarsi di nuove norme legislative,
penetrare nel tessuto dell'opinione pubblica anche in settori
commerciali che normalmente dovrebbero essere di competenza
di aziende specializzate e che in questo modo vengono marginalizzate.
Fa sorridere l'enfasi data alla riduzione dei contributi elettorali
ai partiti, che da una parte non pregiudicheranno la loro
attività e dall'altra, tramite le fondazioni, possono recuperare
e accentuare i finanziamenti privati in modo tale che i partiti
diverranno sempre di più delle filiali aziendali. Dunque le
fondazioni, creando una stretta alleanza monetaria tra forze
politiche e lobby imprenditoriali, consentono ai grandi imprenditori
di entrare nella "stanza dei bottoni" aggirando il Parlamento,
gli attivisti di partito e anche lo stesso elettorato che,
ignaro di tutto questo, crede di essere un attore della politica
della nazione e invece né è un triste burattino.
*
intervento su Radio Gamma 5 del
14.07.2010 e su Challenger TV satellitare Sky 922 ogni giorno
dal lunedì al venerdì
 
Dossier
etica e politica
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