Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
23 gennaio 2010
tutti gli speciali

Il mobbing : dal disagio alla denuncia
di Antonio Antonuccio*

Il mobbing generalmente indica la presenza di uno stato di disagio nell’organizzazione e gestione di un ambiente di lavoro. In verità, è un atto umano degenerativo che è possibile riscontrare nelle comuni dinamiche sociali; di fatto è sempre esistito e lo troviamo: negli uffici, nelle caserme, nella scuola - primaria istituzione di formazione - persino nei luoghi deputati all’aiuto come i reparti e le corsie di un ospedale e, non ultimo, in casa.

In letteratura, il termine mobbing è usato per definire l’insieme di azioni e reazioni che ha luogo in una situazione di prevaricazione con “terrorismo psicologico” esercitata sul posto di lavoro. Questo termine è mutuato dal lessico dell’etologia. Fu infatti l’etologo Konrad Lorenz ad introdurre nel 1971 il vocabolo, utilizzandolo per indicare l’attacco di un gruppo di animali ai danni di un altro animale e perpetuato con l’intento di isolarlo, ovvero espellerlo dallo stesso branco.

Nei primi anni ‘80, in Svezia, il Prof. Heinz Leymann, uno dei primi a studiare il fenomeno, utilizzò la parola mobbing per descrivere, nel contesto degli ambienti di lavoro, situazioni nelle quali sono presenti forme di violenza psicologica, persecuzioni, aggressioni sia fisiche sia verbali, protratte nel tempo e che si esprimono in un insieme di comportamenti messi in atto ai danni di colleghi o superiori. Secondo l’analisi di Leymann tutti prima o poi siamo stati soggetti a mobbing, ma anche noi, prima o poi, mettiamo in moto con una frase, con uno sguardo, con una maldicenza, con una mancanza di attenzione i processi di mobbing. Altri studiosi lo descrivono come “un comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza”.

Chiunque, in qualsiasi organizzazione, può essere vittima del mobbing. I dati hanno messo in luce aspetti di un fenomeno, in continua evoluzione, che solo in Italia coinvolge un milione di lavoratori, su oltre 21 milioni di occupati, maggiormente nelle regioni del Nord (65%). Il mobbing nel nostro Paese si presenta in contesti diversi con caratteristiche diverse, ma può colpire chiunque, indipendentemente da età, sesso e posizione gerarchica. Una peculiarità del tutto italiana è la massiccia diffusione del mobbing nel settore pubblico.

Le caratteristiche dei mobbizzati in Italia sinteticamente possono essere le seguenti:

Età la distribuzione del mobbing è piuttosto omogenea, con la sola, significativa eccezione dei giovani tra i 21 e i 30 anni, che costituiscono una piccola percentuale dei mobbizzati;

Sesso a differenza dell’Europa, dove le più colpite dal mobbing sono le donne, in Italia la percentuale è leggermente più alta per gli uomini;

Titolo di studio i lavoratori con titoli di studio più bassi sono i meno colpiti dal mobbing: l’1% delle vittime possiede solo la licenza elementare, pertanto sono i lavoratori con i titoli di studio superiori che rappresentano il target più coinvolto rispetto alla composizione del mercato del lavoro italiano.

In letteratura si possono distinguere due tipi di mobbing:

quale conseguenza dell’escalation di un conflitto interpersonale;
quando la vittima non è coinvolta in un conflitto, ma si trova accidentalmente in una situazione in cui vengono compiuti atti di aggressione da parte di un “mobber”. In questo caso il mobber farà della vittima un “capro espiatorio”.

Nelle dinamiche sui posti di lavoro esistono quelli che sono i fattori d’incidenza che tendono a far aumentare la probabilità del mobbing, essi comprendono:

una cultura organizzativa che non riconosce il mobbing come un problema e/o lo tollera;
una politica del personale inadeguata ed un basso profilo dei valori comuni;
i livelli particolarmente elevati delle richieste a cui è sottoposto il lavoratore;
un diffuso aumento del livello di stress legato all’attività lavorativa;
rapidi cambiamenti nella leadership e nell’organizzazione;
l’insicurezza del posto di lavoro;
la scarsa qualità del rapporto tra il personale e la direzione con un basso livello di soddisfazione nei confronti della leadership;
la scarsa qualità del rapporto tra i colleghi;
conflitti di ruolo.

Le situazioni più frequentemente riscontrate per esercitare il mobbing di norma sono:

minacce di trasferimento e utilizzo di generiche minacce esplicite o implicite;
assegnazione di obiettivi impossibili per il tempo concesso non adeguato al compito e/o alle funzioni della vittima;
ripetute variazioni di orientamento sul lavoro da svolgere;
valutazioni di profitto non adeguate alla reale qualità del lavoro svolto;
declassamento delle mansioni rispetto alla qualifica attribuita ed esclusione dalle riunioni di lavoro;
attribuzione di compiti superiori a subordinati della vittima o a pari grado;
assegnazione con urgenza di compiti non necessari o previsti e non controllati dopo lo svolgimento;
accuse di scarsa produttività, generiche critiche per lo svolgimento del lavoro e conseguente rifiuto delle motivazioni;
richiami immotivati e contestazioni disciplinari non rispondenti all’entità della mancanza;
ossessivo controllo dell’orario di lavoro e, in caso di malattia, eccessivo ricorso a visite fiscali;
ricerca dell’uso del tono arrogante in presenza di colleghi;
richiesta ai colleghi di non parlare con la vittima.

Per le vittime del mobbing le conseguenze possono essere rilevanti. Essi rappresentano sintomi fisici o psicologici come escursione di un malessere che conduce anche a grave nocumento per l’intera sfera della salute fisica. I fenomeni più frequenti sono apparentemente semplici come disturbi per problemi agli organi o agli apparati digestivi e muscoloscheletrici, fino a situazioni via via più complesse come eccessivo autobiasimo, calo dell’autostima, stress, depressione, disturbi del sonno e fobie. Questi sintomi possono persistere anche per anni dopo i fatti che li hanno originati. Altre conseguenze non trascurabili possono essere l’isolamento sociale, l’insorgere di problemi familiari o finanziari a causa dell’assenza o dell’allontanamento dal lavoro.

Anche il sistema organizzativo del posto di lavoro subisce gli effetti del mobbing che si traducono anche in danni ai singoli e sociali che possono consistere in un maggior assenteismo e rotazione del personale, quindi minor efficacia e produttività poiché non sono coinvolte soltanto per le vittime del mobbing, ma anche gli altri colleghi, che risentono del clima psicosociale negativo dell’ambiente di lavoro.

L’attore mobbizzato per difendersi deve porre in essere delle vere e proprie strategie ed evitare certi errori che possono compromettere maggiormente il suo benessere. E’ necessaria la consapevolezza di non prendere decisioni irreversibili come dimissioni per disperazione o accettazione di prepensionamenti forzati. E’ efficace un certo comportamento per agevolare le azioni di chi lo potrà assistere. E’ importante riuscire a parlare razionalmente con i familiari e gli amici; è proprio questo che aiuta ad acquisire la consapevolezza e a creare un baluardo contro l’aggressore. Il mobbizzato, di contro, nel chiedere aiuto non deve cadere nell’errore opposto, cioè non deve lasciare agli altri la ricerca della soluzione. Questa reazione potrebbe rendere insofferenti le persone che lo circondano causando ulteriore solitudine e conflittualità.

E’ utile ricorrere ai servizi sociali, ovvero - ove presenti - a centri specializzati, per un supporto psicologico, per partecipare a gruppi di auto-aiuto, al fine di evitare per quanto possibile che anche la famiglia e la vita sociale della vittima vengano eccessivamente coinvolti dai conflitti lavorativi. Può risultare altresì efficace tentare il dialogo con l’attore mobber per possibili percorsi di soluzione del conflitto; esperito tale tentativo di conciliazione con l’altra parte l’ultima via che rimane è quella legale. Bisogna essere coscienti però del fatto che intraprendere le vie legali comporta un notevole dispendio di energie psico-fisiche ed economiche.

Senza dubbio l’arma più potente che la vittima ha a disposizione nella guerra al mobbing è la denuncia. Denunciare una situazione di persecuzione psicologica sul luogo di lavoro non significa necessariamente rivolgersi all’autorità giudiziaria o ai propri superiori gerarchici. Ci sono altri modi per rivelare il proprio status di mobbizzato cercando strategicamente l’effetto boomerang verso il mobber, in particolare rompendo il silenzio del quale il mobbing si nutre. In tal senso sono utili il coinvolgimento di colleghi più sensibili e solidali, le denuncie ai giornali, interventi in occasioni pubbliche. E’ importante spiegare con calma i fatti e fare i nomi dei propri persecutori; spiegare in quale occasione si è subito violenza psicologica e, soprattutto, dichiarare di non essere più disponibile a sostenere il ruolo della vittima.

Un’azione importante per il mobbizzato è documentarsi e rafforzare se stesso. E’ necessario raggiungere quella consapevolezza della propria situazione mettendosi in gioco in prima persona, comprendendo che il supporto esterno (assistenti sociali, psicologi, sindacati e avvocati) potranno essere dei validi aiuti, ma non potranno sostituirsi all’azione della stessa vittima. E’ utile rispondere ai tentativi di prevaricazione in modo calmo, ma chiaro e deciso a far notare all’aggressore e ai testimoni che la via intrapresa si identifica con un termine specifico - il mobbing - per la conclusione del quale si contrappone la presa di posizione pacata ma risoluta - stessa propria - dell’attore mobbizzato, ovvero, extrema ratio, esistono anche le vie legali.

Nel panorama del mobbing, certamente non trascurabile è l’azione della prevenzione del fenomeno; prevenire è sempre meglio che curare, pertanto, essa è un elemento ineludibile se si vuole ricercare il benessere nella vita lavorativa ed evitare l'emarginazione sociale. Importante per i responsabili del processo lavorativo è intervenire per tempo, anticipando l’insorgere di un ambiente di lavoro ostile, senza aspettare che siano le vittime a lamentarsi.

Studi specifici hanno dimostrato che per un miglioramento psicosociale generalizzato dell’ambiente di lavoro, laddove possibile, è importante: contenere la parte delle attività lavorative monotone e ripetitive; aumentare in maniera significativa la comunicazione e, nel particolare, le informazioni concernenti la mission; dare ai lavoratori, nei limiti della propria autonomia, la possibilità di scegliere, tra possibili opzioni, le modalità di esecuzione del proprio lavoro; sviluppare e sedimentare - con le buone prassi - uno stile di leadership; evitare definizioni inadeguate o imprecise e zone d’ombra di ruoli e mansioni.

E’, altresì, importante lo sviluppo di una politica e una cultura organizzativa in cui lo standard e i valori siano contro il mobbing, agendo con una formazione mirata per una migliore e più esaustiva conoscenza del fenomeno. In tal senso è quanto mai utile migliorare la responsabilità e la competenza del management per quanto riguarda la gestione dei conflitti e la comunicazione nel senso verticale ed orizzontale.

In tal senso è determinante:

monitorare le dinamiche e, nell’insorgenza di conflitti, indagare e definire l’estensione e la natura del fenomeno;
predisporre una politica e definire chiari interventi validi per tutti a prescindere dal ruolo e dalle mansioni;
facilitare una ragionevole consapevolezza dell’intero organigramma sul significato del mobbing, coinvolgendo attivamente i dipendenti ed i loro rappresentanti di base nella valutazione del rischio e nell’utilità della prevenzione del mobbing;
impegnarsi deontologicamente ad impedire che i fatti segnalati producano “rappresaglie” e/o mantenere la riservatezza;
fornire, laddove possibile, o informare sui servizi di consulenza e di supporto disponibili per la vittima e per il mobber;
incentivare l’appropriazione attiva ed efficace dello standard e dei valori dell’organizzazione a tutti i livelli organizzativi;
definire chiaramente le conseguenze dell’inosservanza dello standard e dei valori dell’organizzazione, con le relative sanzioni;
regolarizzare la comunicazione circolare tra il personale con riunioni di lavoro, favorendo l’informazione con documenti cartacei (promemoria, bollettini, manuali, ecc.);
definire la responsabilità del management e migliorare con la formazione continua la sua competenza per quanto riguarda la gestione dei conflitti e la comunicazione.

La formulazione di una politica contenente orientamenti chiari - tra i lavoratori - per interazioni sociali positive è un dovere per l’amministrazione che accoglie, ma, ancor di più, è un diritto per ogni lavoratore e sinonimo del grado di efficienza dello stesso mondo del lavoro ed evoluzione della società che lo predispone.

* Membro del Comitato Tecnico-Giuridico dell'Osservatorio

per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale