Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
Osservatorio sulla legalita' onlusscopi, attivita', referenti, i comitati, il presidenteinvia domande, interventi, suggerimentihome osservatorio onlusnews settimanale gratuitaprima pagina
07 gennaio 2010
tutti gli speciali

2010 dedicato alle donne dai diritti negati
di Margherita Corriere*

Un nuovo anno è appena giunto: si festeggia, c’è aria di mille buoni propositi, si spera in un anno migliore in cui il mondo cambi veramente in meglio.

In questo inizio di un nuovo anno non possiamo non soffermarci a dare voce alle donne afgane, donne che hanno avuto la sola colpa di essere nate in un paese che non riconosce l’uguaglianza tra l’uomo e la donna ed in cui ataviche leggi e regole maschiliste e un assurdo integralismo religioso relegano la donna in una condizione di disumana inferiorità. È importante non lasciare mai nel dimenticatoio il loro dramma, ma parlarne sempre e tanto.

Quanti i divieti per le donne afgane!! Tutti lesivi della loro dignità e dei primari diritti di ogni essere umano. Ecco che cosa le donne afgane non possono fare: Non possono vestirsi di colori vivaci , perché sarebbero sessualmente attraenti e potrebbero “corrompere” l’uomo. Non possono – per lo stesso motivo - usare cosmetici: guai ad essere scoperte! Ad alcune donne sono state tagliate le dita solamente perché avevano “ osato” dipingersi le unghie. Non possono scoprirsi le caviglie, pena la lapidazione. Non possono portare i pantaloni, nemmeno sotto il burqa.

Non possono uscire senza il burqa, ovvero l’abito “sacco” imposto soprattutto dai Talebani e che deve coprire le donne dalla testa ai piedi. Le donne che trasgrediscono a tale regola possono essere aggredite, picchiate ed anche frustate. Non possono portare le scarpe con il tacco, perché nessun uomo deve essere “disturbato” dal rumore del passo di una donna.

Non possono studiare: solo alle bambine dei ceti più altolocati è permesso di frequentare le scuole elementari femminili. Non possono lavorare fuori casa; sono pochissime quelle che lo fanno , alcune delle quali sono infermiere nell’ospedale di Kabul ed esclusivamente nei reparti totalmente femminili. Non possono viaggiare su mezzi pubblici tranne che non siano quelli ad uso esclusivo per le donne. Non possono praticare sport.

Non possono partecipare a trasmissioni televisive, radiofoniche, né possono farsi fotografare o apparire in libri e giornali. Non possono sostare e affacciarsi sui balconi di casa. Non possono intrattenere discorsi, parlare o dare la mano ad uomo tranne che non sia un parente stretto, cioè un mahram (padre, fratello, marito). Non possono svolgere nessuna attività fuori casa, nemmeno prendere un taxi se non accompagnate da un mahram. Non possono andare in bicicletta o in moto da sole, ma sempre accompagnate da un mahram.

Non possono avviare azioni legali: ciò spetta solo esclusivamente agli uomini. A tal riguardo c’è da stigmatizzare, tra l’altro, che la testimonianza di una donna vale meno della metà di quella di un uomo. Nessuno in Afganistan può usare la parola “donna”; anche nei nomi dei luoghi è vietata: “i giardini delle donne” sono ora chiamati “ i giardini di primavera”.

Non scordiamo il dramma quotidiano di queste donne, nostre contemporanee, ma costrette a vivere in una società distante per cultura, leggi e costumi anni luce dalla nostra. Parliamone, diamo voce al silenzio doloroso di queste nostre sorelle, cerchiamo di smuovere quella cortina di indifferenza che spesso circonda le problematiche e le traversie patite ancora oggi dalle donne, specialmente in alcune zone del mondo, dove diventano vittime ed ostaggi di fondamentalismi pseudoreligiosi e ancestrali tradizioni maschiliste.

* Componente Comitato Tecnico-giuridico Osservatorio sulla Legalità ed i Diritti Onlus

per approfondire...

Dossier diritti

_____
NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI
CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org

°
avviso legale