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Si
impicca a 17 anni in carcere : serviva davvero la galera ?
di
staff
"Era
dentro per un tentato furto: ma possibile che servisse davvero
la galera?" E' la domanda posta dall'Osservatorio Permanente
"Morire di carcere" a seguito del suicidio di Yassin,
un giovane diciassettenne originario del Marocco, impiccatosi
due giorni fa con un lenzuolo nella doccia del carcere minorile
di Firenze, dove era detenuto in attesa di giudizio per tentato
furto. Il ragazzo, che prima dell’arresto viveva in un paese
in Provincia di Lucca, dove lavorava come operaio, era stato
arrestato il 3 agosto scorso, mentre cercava di rubare degli
orologi esposti in una vetrina della stazione ferroviaria.
"Questo
ragazzo - commentano i volontari dell'associazione - e' il
sessantacinquesimo detenuto che si uccide dall’inizio dell’anno,
ma con nostro Osservatorio Permanente "Morire di carcere"
abbiamo raccolto almeno altri 20 casi di morti 'oscure' accadute
nel 2009, che abbiamo indicato come decessi per cause da accertare':
85 dall’inizio dell’anno e, questi, sono soltanto la metà
dei decessi, perché almeno altrettanti detenuti sono morti
per malattia, o per overdose di farmaci e droghe. Per ritrovare
il suicidio di un minorenne - continua l'associazione - bisogna
andare indietro di 6 anni: era il 4 gennaio 2003 e successe
nell’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo (RM). Il
25 luglio di quest’anno, invece, un ragazzo di 19 anni si
è tolto la vita nell’IPM di Bari ed aveva la stessa età anche
il detenuto cileno che si è impiccato il 10 settembre scorso
nel carcere di Castrovillari (CS): nel complesso, 20 dei detenuti
65 suicidi avevano meno di trent’anni e altri 20 avevano dai
31 ai 41 anni".
I
volontari ricordano che il ministro Alfano ha dichiarato "Le
nostre carceri per la metà sono fuorilegge" e commentano:
"Allora qualcuno dovrebbe anche spiegare che senso ha
che uno Stato, che non rispetta a sua volta la legge, mostri
la faccia dura a un ragazzo colpevole di un tentato furto.
Non dobbiamo quindi solo interrogarci sulle morti in carcere,
ma anche sul senso di un uso della galera come parcheggio
per tutto quello che ci dà fastidio. È questa, oggi, la dimostrazione
che per certe categorie di persone la certezza della pena
esiste eccome: si può andare in carcere a diciassette anni
per tentato furto. Ma qualcuno proverà un po’ di vergogna
all’idea di far parte di una società dove un ragazzino sta
in carcere per tentato furto e gente che corrompe, truffa,
mette sul lastrico migliaia di famiglie se ne sta tranquillamente
fuori, magari ad attendere la prescrizione dei suoi reati?".
"E
non ci dicano che questa è demagogia - concludono i volontari
- no, questa è vita, questo è quello che vediamo ogni giorno
nelle carceri: ragazzi sempre più giovani in celle sempre
più affollate. E il sovraffollamento non significa solo poco
spazio, significa soprattutto che le carceri oggi sono per
lo più luoghi senza speranza, e allora può succedere anche
che ci si uccida a diciassette anni. Le soluzioni ci sono,
basta avere il coraggio di andare controcorrente, e cominciare
a pensare a pene diverse dalla galera, invece di continuare
a contare i morti e a fingere che queste carceri possano farci
sentire più sicuri".
"Tutti
gli operatori del carcere erano consapevoli della sua condizione
difficile, psicologica e personale, e avevano sottolineato
in più occasioni uno stato di incompatibilità con la detenzione.
- ha scritto in un articolo il Garante dei detenuti di Firenze
Franco Corleone a seguitod del suicidio del giovane - Ma la
decisione del ricovero in ospedale è stata decisa fuori tempo
massimo, il ritardo pare dovuto al palleggiamento sulla competenza
tra il reparto di psichiatria infantile e quello degli adulti
e ci sarebbe da sorridere della capacità della burocrazia
medica di giocare sulla pelle dei pazienti se non fossimo
davanti a una morte crudele".
"Questa
storia - commenta Corleone, secondo cui occorre pensare ad
una riforma degli Istituti Penali Minorili facendone 'case'
e non minicarceri con sbarre e porte d'acciaio - offre molte
conferme del carattere di giustizia di classe e addirittura
etnica che si pratica in Italia nel silenzio e nella distrazione
di tanti. Solo uno straniero sostanzialmente solo poteva rimanere
in carcere in attesa del processo per tentato furto di un
orologio. D’altronde la retorica della certezza della pena
per qualcuno deve pur valere!".
 
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