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08 ottobre 2009
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Stupri Roma : casi Bianchini e Caffarella , i misteri del DNA
di staff

Luca Bianchini, unico indagato per gli stupri seriali di Roma, e' oggi al diciassettesimo giorno di sciopero della fame nel carcere di Regina Coeli. Nonostante un malore, ha dichiarato, attraverso il suo legale Giorgio Olmi: "Andrò avanti con lo sciopero della fame, anche a costo di morire, perché sono innocente". Il 5 ottobre Oltean Gavrila, condannato per lo stupro della Caffarella del 14 febbraio scorso assieme a Jean Ionut Alexandru, aveva dichiarato che Luca Bianchini avrebbe partecipato allo stupro nel parco romano: "È stato lui a costringermi, altri filmavano", avrebbe detto in aula, specificando di avere riconosciuto Bianchini mentre faceva la doccia a Regina Coeli.

"Quanto affermato da Gavrila e' a dir poco paradossale, e ci fa pensare che qualcuno in carcere abbia indotto forzatamente il romeno a fare il nome di Luca Bianchini" hanno dichiarato i co-presidenti del Gruppo EveryOne, Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, spiegando che "Sia Biachini che Gavrila sono in isolamento a Regina Coeli e, come ci ha confermato l’avvocato Olmi, è fuori da ogni logica che i due si siano potuti incrociare in carcere anche per brevi istanti, nemmeno alle docce, poiché il regime carcerario di isolamento lo impedisce categoricamente". L'organizzazione per i diritti, che sin dall’arresto di Bianchini ha sollevato in sede istituzionale e giudiziaria i propri forti dubbi in merito alla colpevolezza dell’ex segretario di circolo del PD Roma, esplicitandoli in un dettagliato dossier, afferma inoltre che "vi sono ragionevoli dubbi anche sulla colpevolezza dei due romeni Oltean Gavrila, 27 anni, e Jean Ionut Alexandru, 18 anni" e ricordano il precedente di Racz e Loyos.

Il Gruppo EveryOne fin dal momento del loro arresto aveva rilevato che i giovani romeni Gavrila e Alexandr, recentemente condannati per lo stupro della Caffarella, non corrispondono all’identikit fornito dalle vittime: niente capelli lunghi, niente naso da pugile e pelle scura, niente dita mozzate. Nelle indagini sullo stupro alla Caffarella "Sono state abbandonate piste più che attendibili, come quella del DNA - per citare la più emblematica - che aveva portato due investigatori romani e un dirigente della polizia di Stato italiani a Bucarest per ricercare gli autori certi dello stupro fra i figli e cugini di un pastore romeno detenuto in patria, il cui aplotipo Y del DNA combaciava con quello rinvenuto sui vestiti e sui tamponi vaginali della vittima" proseguono gli attivisti "Una procedura corretta, perché è evidente che almeno uno dei colpevoli deve avere il DNA compatibile con quello del pastore. Gli inquirenti avevano poi divulgato i risultati di 7 dei 20 test del DNA effettuati, tutti negativi" e abbandonato la pista che vedeva indagato Ciprian Cioschi, 22 anni, originario di Botosan, monco di 3 dita di una mano, che corrispondeva perfettamente alla descrizione delle vittime.

"Ed ecco che, dietro pressione delle Istituzioni e dei media, sono stati arrestati in fretta e furia il giovanissimo Alexandru e – dietro segnalazione del ragazzo – il 27enne Gavrila, annunciando che il DNA li incastrava. E’ evidente, essendo solo due gli autori dello stupro, che il DNA di uno di loro avrebbe dovuto essere identico a quello del pastore romeno. Invece no. - proseguono gli attivisti - Lo stesso riconoscimento da parte delle vittime e le confessioni, visto quello che è successo con Loyos e Racz, non rivestono di certo l’importanza del DNA, tant’è che le caratteristiche fisiche dei due romeni in carcere non corrispondono minimamente agli identikit rilasciati dalla vittima e dal fidanzatino subito dopo la violenza". A giudizio dei leader di EveryOne, "Oltean Gavrila e Ionut Jean Alexandru potrebbero non essere altro che gli ennesimi capri espiatori di vicende dai toni foschi, che dimostrano quanto in Italia siano oggi in pericolo il diritto e la democrazia, mentre crimini efferati vengono strumentalizzati (o peggio) per creare allarme sociale, come accadde in misura eclatante e fuori controllo nel caso di Romulus Mailat, condannato a 29 anni di carcere in base ad elementi probatori quantomeno inconsistenti e a campioni biologici... misteriosamente spariti sotto la pioggia".

Sul caso di Bianchini, il Gruppo EveryOne aggiunge che "non sono state trovate impronte papillari nello scotch usato per immobilizzare le vittime (mentre secondo le donne stuprate l’aggressore avrebbe agito a mani nude, senza guanti), che non combacia alcuna descrizione resa dai testimoni, che non corrisponde alcun identikit con le caratteristiche fisiche di Bianchini e che nonostante le perquisizioni in più luoghi frequentati da Bianchini non siano mai stati trovati il mephisto, la biancheria intima di alcune vittime e il documento di identità sottratto dallo stupratore a una di esse. Moltissimi particolari delle indagini anche in questo caso, come per la Caffarella, sono stati accantonati o ignorati inspiegabilmente, e gli esami del DNA, che secondo l’accusa corrisponderebbe a quello di Bianchini, seguono nel nostro Paese procedure confuse e inappropriate, nel chiuso di laboratori collegati alle autorità. I molteplici errori in questo e in altri casi-simbolo (dal caso Reggiani a quello di Galasco) pongono enormi interrogativi sull’attendibilità di tali esami, con gli attuali sistemi".

"Continueremo a impegnarci - concludono i rappresentanti di EveryOne - affinché vera giustizia sia fatta e si interrompano gli arresti di innocenti, che ci riconducono al Medioevo dei capri espiatori in mancanza dei veri colpevoli. Si tratta di esseri umani spesso impossibilitati a difendersi efficacemente per la loro vulnerabilità sociale, che stanno pagando in prima persona, con la propria libertà e l’onore infangato, un debito che non è loro".

per approfondire...

Dossier giustizia

Dossier immigrazione

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