30 aprile 2009

 
     

Ruolo dei media nel genocidio del Ruanda
di red

Il potenziale dei media nell'istigare all'odio etnico o viceversa educare alla convivenza fra culture e religioni e' spesso negato da alcuni addetti ai lavori, ovvero viene negato che il martellamento mediatico di dati su fenomeni criminali e di etichette culturali negative sia responsabile, o quantomeno corresponsabile, di allarmismi, preconcetti ed atti di intolleranza ai danni dei "diversi da noi".

Questo libro - un saggio scritto dal ricercatore africano Fonju Ndemesah Fausta - analizza proprio quale fu il ruolo di giornali, radio e tv - ma soprattutto la radio - nel genocidio ruandese che nella primavera del 1994 vide la distruzione di 800.000 vite di Tutsi uccisi a motivo della loro etnia e di alcuni Hutu che li aiutavano, da parte dell'etnia Hutu.

La responsabilita' dei mezzi di comunicazione - si ricorda nell'introduzione del libro - fu riconosciuta anche dal tribunale penale per i crimini del Ruanda che equiparo' le responsabilita' degli imputati a quelle degli organizzatori ed esecutori materiali del genocidio.

"Senza armi da fuoco, machete o altri oggetti, voi avete provocato la morte di migliaia di civili innocenti", disse il magistrato Navanathem Pillay - attuale Alto Commissario ONU per i diritti umani - introducendo la sentenza del "media trial", il processo che, per la prima volta, riconobbe in sede giudiziaria le responsabilita' oggettive dei media nel veicolare e strumentalizzare idee di odio.

La radio e il machete
Il ruolo dei media nel genocidio in Rwanda
di Fonju Ndemesah Fausta
introduzione di Massimo Zaurrini
Edizioni Infinito, 2009
pagg. 144, euro 12.00

Speciale diritti

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