03 marzo 2009

 
     

Pena di morte : parlarne non e' facile . Recensione a Forbice
di Claudio Giusti*

Mi è stato autorevolmente chiesto di redigere alcune note sul nuovo libro di Aldo Forbice “Assassini di Stato” (Garzanti, 2009), testo che mantiene inalterati tutti i difetti a suo tempo rilevati nel precedente “I signori della morte” (Sperling 2002).

UNO

A pagina 60 leggiamo "Come si è detto, 38 dei 50 stati degli Usa mantengono la pena capitale dal 1976. (...)"

Delle 53 giurisdizioni statunitensi sono 38 ad avere la pena di morte e non 40. Fino a non molto tempo fa erano 38 gli stati con la pena capitale, ma oggi New Jersey e New York si sono aggiunti ai dodici stati abolizionisti. Il primo ha cancellato il patibolo con una legge del parlamento, mentre nel secondo è stata la locale corte suprema (che si chiama Court Of Appeals, mentre la New York Supreme Court è una normalissima corte di giustizia). (vedi)

Non è esatto scrivere che gli stati hanno la pena di morte dal 1976 , visto che alcuni l’hanno dal 1973 e altri dal 1995.

DUE

Sempre a pagina 60 Forbice scrive: “Le fasi processuali, per i reati da pena capitale sono due: nella prima una giuria popolare stabilisce, con una sentenza, se l’imputato è colpevole o innocente: nella seconda, un magistrato o una corte di tre giudici valuta le circostanze aggravanti o attenuanti e decide la condanna. Anche l’appello è disciplinato allo stesso modo.”

Nella prima parte del processo una giuria decide all’unanimità il verdetto. Se l’imputato è dichiarato colpevole di un reato capitale si passa al sentencing: un secondo dibattimento alla fine del quale la stessa giuria decide se il condannato debba essere o meno ucciso. Anche per la sentenza (vita o morte) i dodici giurati devono essere unanimi.

In Texas occorre l’unanimità per decidere la futura pericolosità e la mancanza di fattori mitiganti, ma la decisione inversa può essere ottenuta con un voto di dieci a due. La Florida è l’unica giurisdizione in cui la giuria non deve essere unanime nel decidere che vi è almeno un’aggravante capitale.

Fino alla sentenza RING in tre stati (Arizona, Idaho e Montana) la sentenza di morte era decisa dal giudice e in due (Colorado e Nebraska) da un panel di tre. (Attenzione: RING non è retroattiva e ci possono essere strascichi apparentemente incostituzionali). Sempre fino a RING in Alabama, Florida, Delaware e Indiana il giudice poteva ribaltare (overrule) la decisione che non era presa necessariamente all’unanimità dalla giuria. Ora in Delaware la giuria decide all’unanimità e il giudice ha la teorica possibilità di ribaltarne la decisione.

In Montana e Nebraska la giuria deve trovare all’unanimità l’esistenza di almeno un fattore aggravante, poi il giudice (MT) o un panel di tre giudici (NE) decide la sentenza. In Alabama e Florida la giuria non ha ancora l’obbligo di essere unanime e il giudice può ancora ribaltare la raccomandazione. Non è però chiaro se questo sia conforme ai desiderata della Corte Suprema.

In Arizona, Colorado, Indiana e Idaho la giuria ora decide la sentenza all’unanimità. In quasi tutti gli stati se la giuria non riesce a raggiungere una sentenza unanime il giudice condanna l’imputato a una pena detentiva, a eccezione di Arizona, Connecticut e California dove si deve rifare il sentencing e del Nevada dove l’eventuale rifacimento è deciso dal giudice.

Per i complicati dettagli vi rimando a: (1), (2)

L’appello americano non consiste nel rifacimento nemmeno parziale del dibattimento, ma nella revisione formale del verbale del processo. Non c’è giuria, non si riascoltano i testi e il condannato deve dimostrare che, al processo, vi sono stati errori così gravi e numerosi da esigere che verdetto e/o sentenza siano annullati.

L’appello inizia come appello diretto statale e può continuare come habeas corpus prima statale e poi federale, percorrendo un cammino lungo e complicato che lo può portare per tre volte di fronte alla Corte Suprema. Dura in media un decennio, ma nel braccio della morte c’è gente che aspetta il boia da più di trent’anni.

TRE

A pagina 59 troviamo una frase incomprensibile: “Da quando gli Usa erano ancora delle colonie europee sono appena una ventina – su circa 20.000 esecuzioni – i bianchi impiccati o finiti sulla sedia elettrica. La cifra sale a poco di 30 se si considerano coloro che si sono resi colpevoli di avere distrutto la proprietà di un bianco.”

Le cose stanno così “Secondo Amnesty International su 18.000 esecuzioni legali avvenute negli attuali Stati Uniti non più di 30 hanno riguardato bianchi rei di avere assassinato un nero. In 10 dei casi il nero ucciso era uno schiavo e quindi il bianco venne impiccato per avere distrutto la proprietà di un altro bianco.” (vedi)

QUATTRO

Paula Cooper non fu salvata dall’opinione pubblica internazionale, ma dalle sentenze Thompson v. Oklahoma e Stanford v. Kentucky. Troy Davis non avrà un nuovo processo, ma è vicino all’esecuzione. Il South Dakota ha fatto la sua prima esecuzione dopo sessant’anni nel 2007. La giurisprudenza di common law non consente l’esecuzione di un pazzo. Ma, se chi è pazzo può chiedere di non essere condannato a morte, chi chiede di non essere condannato a morte non è pazzo.

CINQUE

Non è saggio riporre troppe aspettative nelle capacità taumaturgiche della Moratoria delle esecuzioni, non fosse altro perché il resto del mondo l’ha ignorata.

Comunque il cammino delle Nazioni Unite contro la pena di morte è iniziato molto tempo fa e vale la pena ricordare l’Articolo Sei del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) del 1966 e il commento che ne ha fatto il Comitato per i Diritti Umani, le Garanzie Ecosoc del 1984, il Secondo Protocollo Opzionale all'ICCPR del 15 dicembre 1989 e le numerose Risoluzioni abolizioniste a partire dalla 2857 del 20 dicembre 1971.

INOLTRE

Scrivere di pena capitale presuppone ampie letture e profonde conoscenze. Un esempio di quanta fatica ciò costi è il quarto rapporto (settimo della serie) che Roger Hood ha fatto alle Nazioni Unite: 500 pagine colme di note, con un corredo bibliografico amplissimo. Al contrario la bibliografia fornita da Forbice è misera, incompleta, non aggiornata.

Anche le note, così importanti per noi studiosi, sono pochissime e gravate dai medesimi difetti della bibliografia. Questo si nota in particolare nei capitoli dedicati ai paesi asiatici. Forbice non cita né i rapporti di Amnesty International, né quelli della FIDH.

IN DEFINITIVA

Un testo incoerente, inesatto, inutile.

* membro del Comitato scientifico dell'Osservatorio.

Speciale diritti

___________

NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org