14 ottobre 2008

 
     

Arabia Saudita e pena di morte : violato il diritto internazionale
di Tara Fernandez*

Amnesty International - che ha documentato l'ampio uso della pena di morte per oltre un quarto di secolo da parte delle autorita' dell'Arabia Saudita - ha appena pubblicato l'ultima relazione in cui valuta, alla luce del contesto giuridico, giudiziario e dei diritti umani, le modifiche introdotte negli ultimi anni nel paese.

Il tasso di esecuzioni in Arabia Saudita e' uno dei pił alti nel mondo. AI ha registrato oltre 1800 esecuzioni negli ultimi 28 anni, ma le cifre reali potrebbero essere molto piu' elevate. Inoltre le statistiche rivelano inquietanti modelli di discriminazione delle persone vulnerabili ed evidenzia che molti dei giustiziati - quasi la meta' del totale registrato - erano cittadini stranieri, in gran parte lavoratori immigrati da Paesi poveri o in via di sviluppo.

La pena capitale non ha risparmiato donne e minorenni, che anzi risultano discriminati. I procedimenti giudiziari spesso non rispettano gli standard internazionali di un equo processo, venendo invece condotti segretamente, in modo rapido e sleale rispetto ai diritti della difesa, senza un significativo processo d'appello e viceversa con un eccessivo potere discrezionale dei magistrati.

Alle speranze di cambiamento sollevate con le riforme giudiziarie e sul reclutamento dei giudici nel 2001 e' subentrata la delusione, visto anche il numero di giustiziati nel 2007, che ha superato i 100 per la prima volta dal 2000. Inoltre l'Arabia Saudita ha rifiutato di adeguarsi alla richiesta di moratoria universale approvata a maggioranza dall'Assemblea generale ONU alla fine del 2007.

Il Codice penale e civile, il codice degli avvocati e la legge sulla magistratura riflettono la consapevolezza di alcuni di tali guasti all'interno del sistema giudiziario - denuncia il rapporto - ma non hanno affrontato i problemi con sufficiente rigore ed efficacia per garantire i diritti degli imputati conformemente alle norme internazionali per un processo equo per le accuse normali, ne' tantomeno i severi standard richiesti per le persone di fronte alla possibilita' della pena capitale.

Ad esempio la legge saudita non riesce a garantire che la custodia cautelare sia mantenuta all'interno di un procedimento giudiziario indipendente ed imparziale, lasciandolo sotto il controllo del Ministero degli Interni e delle forze dell'ordine. Peraltro essa non riesce a difendere il diritto alla presunzione d'innocenza, il diritto dei detenuti ad avere accesso al mondo esterno, il diritto degli indagati per avere un'assistenza legale efficace e un interprete, ne' il diritto al controllo giudiziario al fine di garantire che si possa contestare la legalita' della detenzione. Alcune delle norme che sembrano offrire queste garanzie sono contraddette da altre norme o sono talmente vaghe da essere quasi senza senso, o infine sono del tutto assenti.

Ma i problemi non sono limitati alla prima fase del procedimento. In effetti, si ha l'impressione che l'imputato sia gia' presunto colpevole, ma secondo AI la maggiore debolezza della legge e' che essa non squalifica in modo inequivocabile le confessioni ottenute con mezzi illegali. Cio' offre un enorme incentivo per le lunghe detenzioni senza che il detenuto possa comunicare con legali e familiari, la tortura e altri maltrattamenti, e la negazione di controllo giudiziario sulle fasi di arresto.

Per quanto riguarda le discriminazioni, essere poveri e soli in una terra straniera (come accade a molti collaboratori domestici), rende la segretezza e la sintesi del procedimento penale ancora piu' difficili da superare. Le donne - gia' sottoposte a gravi forme di discriminazione e segregazione nella societa' in generale - continuano ad essere arrestate, interrogate e condannate a morte da uomini. Cio' comporta non solo molestie ed intimidazioni, ma pone le donne alla merce' di una magistratura maschile che applica le norme e le tradizioni che discriminano le donne come esseri umani. Anche riguardo alla pena di morte per i minori, applicandola con tanta disinvoltura l'Arabia Saudita viola gravemente i suoi obblighi derivanti dal Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo.

Alla luce di queste gravi violazioni del diritto internazionale, Amnesty International ribadisce nel suo rapporto l'invito al governo saudita di dichiarare una moratoria sulle esecuzioni per poter studiare la questione della la pena di morte e portare l'Arabia Saudita in linea con la comunita' internazionale su questa forma di punizione. Nel frattempo, le autorita' saudite dovrebbero prendere misure immediate per portare il sistema giudiziario del paese e le pratiche giudiziarie in linea con gli standard internazionali, dichiarando fra l'altro nulle tutte le sentenze di condanna a morte nei confronti di persone che erano minori dei 18 anni al momento del reato, emanando leggi che vietino il ricorso alla pena di morte nei confronti di tali persone.

L'Arabia Saudita dovrebbe inoltre istituire un'autoritą indipendente ed imparziale per offrire alle donne ed ai cittadini stranieri la possibilita' di presentare ricorsi contro le leggi discriminatorie o le pratiche che possono avere facilitato la loro condanna a morte. Cio' dovrebe comportare come sonseguenza l'annullamento delle sentenze derivanti da tali discriminazioni. Inoltre, il governo dovrebbe garantire che la magistratura rispetti l'articolo 7 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dovrebbe invitare a visitare il Paese il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle secuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie.

* si ringrazia Claudio Giusti

Speciale diritti

___________

NB: I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO L'AUTORE E LINKANDO
www.osservatoriosullalegalita.org