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09 ottobre 2008
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Caso
Englaro : Consulta respinge conflitto attribuzione Camere La Corte Costituzionale ha dato torto ieri al parlamento sulla vicenda di Eluana Englaro, per la quale Camera e Senato avevano sollevato separati conflitti di attribuzione sostenendo che i giudici si fossero sostituiti al legislatore nel dare il via libera alla sospensione del trattamento (alimentazione con sondino gastrico) chiesto dal padre per la giovane in stato vegetativo permanente da 16 anni a seguito di incidente stradale. La Corte di Cassazione aveva infatti affermato che l'autorizzazione puo' essere concessa: a) "quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche sia pur flebile recupero della coscienza e di un ritorno alla percezione del mondo esterno; b) sempre che tale istanza sia espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona". La Cassazione aveva infatti stabilito che il legale rappresentante che chiede l'interruzione del trattamento vitale «deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non “al posto” dell'incapace né “per” l'incapace, ma “con” l'incapace: quindi, ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche". In base a tali conclusioni, era legittima la decisione della Corte d'Appello di Milano di autorizzare l'interruzione del trattamento. Le Camere, a maggioranza, criticavano il fatto che la volonta' dell'ammalata fosse stata dedotta e non ricavata da una espressa dichiarazione, e giudicavano inoltre un abuso quello del tribunale che aveva sentenziato in assenza di una normativa che regolasse la questione esercitando "attribuzioni proprie del potere legislativo, comunque interferendo con le prerogative del potere medesimo" e creando "una disciplina innovativa della fattispecie, fondata su presupposti non ricavabili dall'ordinamento vigente con alcuno dei criteri ermeneutici utilizzabili dall'autorità giudiziaria". Ne ricavavano che il potere giudiziario avesse cosi' realizzato "il radicale sovvertimento del principio della divisione dei poteri", in violazione degli artt. 70, 101, secondo comma e 102, primo comma, della Costituzione e chiedevano quindi l'annullamento della decisione della Cassazione. Inoltre la Camera sosteneva che il tutore non aveva titolo per richiedere la sospensione del trattamento e che gli elementi normativi richiamati dall'Autorità giudiziaria a sostegno delle pronunce erano «palesemente inidonei» e che neppure gli artt. 13 e 32 della Costituzione varrebbero a sorreggere le conclusioni dei giudici i quali, per conseguire il risultato cui è giunta, avrebbero dovuto, secondo la Camera, prospettare piuttosto una questione di legittimità costituzionale dell'art. 357 cod. civ.: omettendo tale condotta, essa avrebbe invece proceduto alla «disapplicazione delle norme di legge che avrebbero precluso la soluzione adottata», sostituendole con «una disciplina elaborata ex novo». Secondo il Senato, non si sarebbe trattato di rilevare un errore nel giudizio della Cassazione, ma l'esorbitanza dai «confini stessi della giurisdizione»; in tale ottica, la censura rivolta agli «errori interpretativi dell'organo giudiziario» costituirebbe «passaggio essenziale al fine di mettere in evidenza il momento e il modo in cui il giudice» avrebbe ecceduto dalla funzione sua propria. Il Senato riteneva inoltre che l'Autorità giudiziaria avrebbe articolato i propri provvedimenti su due punti, entrambi contestabili, ovvero «il diritto del malato di conseguire l'interruzione di trattamenti sanitari» e «la esercitabilità di tale diritto da parte del tutore». La Consulta, presieduta dal presidente della Corte, Franco Bile, ha sottolineato che, per costante giurisprudenza della Corte, "l'ammissibilità di un conflitto avente ad oggetto atti giurisdizionali sussiste «solo quando sia contestata la riconducibilità della decisione o di statuizioni in essa contenute alla funzione giurisdizionale, o si lamenti il superamento dei limiti, diversi dal generale vincolo del giudice alla legge, anche costituzionale, che essa incontra nell'ordinamento a garanzia di altre attribuzioni costituzionali»" e che "un conflitto di attribuzione nei confronti di un atto giurisdizionale non può ridursi alla prospettazione di un percorso logico-giuridico alternativo rispetto a quello censurato, giacché il conflitto di attribuzione «non può essere trasformato in un atipico mezzo di gravame avverso le pronunce dei giudici»". Inoltre la Corte Costituzionale non ha rilevato la sussistenza di indici atti a dimostrare che i giudici abbiano utilizzato i provvedimenti censurati – aventi tutte le caratteristiche di atti giurisdizionali loro proprie e, pertanto, spieganti efficacia solo per lo specifico caso – come meri schermi formali per esercitare, invece, funzioni di produzione normativa o per menomare l'esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è sempre e comunque il titolare. La Consulta osserva peraltro che "entrambe le parti ricorrenti, pur escludendo di voler sindacare errores in iudicando, in realtà avanzano molteplici critiche al modo in cui la Cassazione ha selezionato ed utilizzato il materiale normativo rilevante per la decisione o a come lo ha interpretato" e che peraltro "il Parlamento può in qualsiasi momento adottare una specifica normativa della materia, fondata su adeguati punti di equilibrio fra i fondamentali beni costituzionali coinvolti", per cui "non sussiste il requisito oggettivo per l'instaurazione dei conflitti sollevati", che pertanto vengono dichiarati inammissibili. ___________ NB:
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