25 settembre 2008

 
     

Pena di morte e pedofili : Kennedy vs Louisiana
di Claudio Giusti*

Il 25 giugno scorso la Corte Suprema, con la sentenza Kennedy v Louisiana, ha ribadito la sua trentennale politica che prevede la pena di morte solo per l’omicidio aggravato.

La causa riguardava la legge della Louisiana (1995) che comminava la pena capitale per il reato di stupro di un minore di dodici anni ed era facile prevederne l’esito (anche se non ci si aspettava un misero 5 a 4) perché già nel 1977, con Coker v Georgia, la Corte (Scotus) aveva deciso, basandosi sulla dottrina dell’evolving standard of decency, che lo stupro non può essere un reato capitale.

Già allora secondo la Corte la pena (privilegio dei neri del Sud) era sproporzionata al delitto e un chiaro invito a trasformarlo in omicidio (punito allo stesso modo). Per noi abolizionisti è inoltre evidente che aumenta a dismisura l’arbitrarietà della pena di morte, perché è già impossibile stabilire, pur in presenza di un fatto obbiettivo come un cadavere, quale omicidio sia capitale.

Possiamo affermare che la legge della Louisiana (e quelle dei cinque stati che l’hanno seguita) è dettata dalla moda della lotta alla pedofilia e dal desiderio di puntellare le sorti di una sempre più traballante pena capitale. Non per nulla sono passati vent’anni prima che qualcuno si preoccupasse della sorte dei bambini americani e più di quaranta dall’ultima esecuzione per stupro non seguito da omicidio.

La sentenza Kennedy ha causato le furiose doglianze dei forcaioli e l’imbarazzato commento di Obama che ha borbottato qualcosa su di una legge “well crafted” (da un giurista ci si attendeva ben altro).

La polemica sarebbe terminata con una serie di mugugni (come per Atkins e Roper), se non fosse stato per un blogger che ha fatto notare come Congresso e Presidente abbiano, nel 2006, prodotto una nuova versione del Codice Penale Militare in cui è prevista la pena di morte per lo stupro di un minore. Linda Greenhouse ha riportato la notizie sul New York Times e si è scatenata una furiosa diatriba il cui succo è che la Scotus non si può permettere di decidere “evolving standard of decency” diversi da quelli del Congresso.

Si è chiesto a gran voce un rehearing della causa e, lo scorso 8 settembre, la Scotus ha preso l’inusuale decisione di consentire la presentazioni di nuovi briefing sull’argomento. Ma le speranze forcaiole sono mal riposte. Infatti nessuno dei partecipanti alla prima discussione si è degnato di citare anche solo di sfuggita lo Uniform Code of Military Justice (UCMJ). Non l’hanno fatto né i favorevoli alla legge né i contrari, come del resto non lo ha fatto il giudice Alito nella sua dissenting opinion.

La ragione sta nel fatto che, da quando con Trop v. Dulles (1958) la Scotus decise che l’interpretazione dell’Ottavo Emendamento non poteva essere letterale, ma collegata all’ “evolving standard of decency that marked the progress of a maturing society”, non è mai accaduto che qualcuno citasse il Codice Penale Militare.

Nelle 27 opinioni, che hanno preceduto la sentenza Kennedy, in cui la Corte Suprema ha utilizzato l’evolving standard of decency, l’UCMJ non esiste. Non è citato nemmeno in Coker, quando lo stupro di una donna era un reato capitale per il diritto militare e tale è rimasto, per trent’anni, fino al 2006, quando è stato sostituito proprio dalla disposizione che oggi si vuole utilizzare come grimaldello per l’allargamento dell’utilizzo della pena capitale.

The whole stuff is a complete waste of time

Nota sulle esecuzioni: Dal 1930 (primo anno di statistica federale) al 1967 ci sono state 3.859 esecuzioni. Il decennio peggiore è stato il primo, con 1.676 esecuzioni di cui 199 nel solo 1935. I neri erano il 54% del totale e il 90% dei 455 uccisi per stupro (97% al Sud).

* membro del Comitato scientifico dell'Osservatorio

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