10 settembre 2008

 
     

Lotta ai privilegi : mai nel programma
di Rodolfo Roselli*

Nel programma elettorale di questo governo erano indicati alcuni problemi che andavano risolti con urgenza, mi riferisco ai rifiuti di Napoli e alla situazione Alitalia. Oggi il governo si vanta di averli risolti, mentre l'opposizione sostiene che è solo 'apparenza'.

Non voglio entrare in merito su chi abbia ragione ma, posso solo osservare che anche se fosse solo apparenza, neanche questa il precedente governo è riuscito a fare. Ma da entrambi i programmi elettorali manca la lotta ai privilegi, mentre tutti sanno che i privilegi sono alla base della eliminazione delle caste, cosa dalla maggioranza degli elettori auspicata, e che è alla base del nostro dissesto finanziario.

Di casta non si parla più. Ma vedremo che esiste una ragione per questo disinteresse, perché i privilegi sono il cuore dei successi elettorali, non basati sul consenso ma sul voto di scambio, e tutto questo non ha nulla a che fare con la democrazia. Le radici dei privilegi si trovano nel comportamento distorto di molte istituzioni come i partiti, come la magistratura e non ultima e meno importante, nei sindacati.

Subito dopo ogni elezione, non importa se sia doveroso mantenere le promesse fatte all'elettorato, ma obbligatorio è mantenere quelle fatte sotto banco alle varie oligarchie in cambio dell'appoggio elettorale e dei finanziamenti. E allora comincia il ballo delle nomine di alti dirigenti della pubblica amministrazione, dei membri dei consigli delle società controllate o partecipate dallo stato, delle agenzie e di enti pubblici.

Tutte nomine incostituzionali, perché contrastano con la Costituzione che sancisce che i dipendenti pubblici vanno selezionati solo con concorso pubblico. Come conseguenza, a regolare i rapporti tra stato e pubblici funzionari, non è, come dovrebbe essere, un contratto pubblico ma un contratto di diritto privato che esonera gli amministratori dei beni pubblici dall'essere imparziali, ma li vuole solo efficienti nella realizzazione delle politiche dell'esecutivo in carica.

Quindi non solo si infrange la Costituzione ma, nel nostro ordinamento giuridico, questo rapporto dovrebbe essere regolato secondo il diritto speciale amministrativo che ha, alla base, proprio il principio d'imparzialità che distingue la funzione d'indirizzo politico di un governo, dalla funzione di gestione amministrativa, al servizio non di un maggioranza, ma di tutto il popolo, minoranza compresa. In questo modo i partiti hanno creato un' enorme base di privilegi, demolendo il modello liberale imperniato sulla indipendenza della pubblica amministrazione, nell'interesse esclusivo dell'intera collettività, applicato in passato, ad esempio, dai governi Giolitti, Crispi etc.

Ma questo privilegio non era ancora sufficiente, perché esisteva una legge che consentiva incarichi privatistici, nella pubblica amministrazione, solo per la durata di 90 giorni ed poi dovevano essere revocati. E allora si è pensato di scavalcare anche questo impiccio, con una nuova legge che ha introdotto un limite minimo tra 3 e 5 anni. Tutto questo in aperto contrasto con la Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo questo provvedimento perché proprio in contrasto con la continuità e l'imparzialità dell'azione amministrativo e a tutela del pubblico funzionario che può solo, per ragioni politiche vedere sconvolta la sua carriera.

Questo privilegio ha quindi drogato tutte le istituzioni. Ma la stupidità di questa norma è palese quando si pensa che addirittura ostacola il cosiddetto "spoil system", altro trucco per far sì che ogni nuovo governo possa subito sostituire tutti i dirigenti pubblici, perché, come è accaduto oggi, se il governo cade prima, questa sostituzione diviene impossibile. Ma con questi trucchi si fanno collocare gli amici incapaci,e di questi per ciò che hanno combinato, potremmo citare nomi e cognomi, collocati al vertice di grandi aziende pubbliche e di importanti amministrazioni ove lavorano invece persone bravissime, oneste e creative, che farebbero molto meglio di loro, e così l'Italia è governata dagli scarti umani.

Un'altra fabbrica di privilegi è il sindacato. Le grandi confederazioni del lavoro sono strutture bizantine, quando devono mettersi al servizio della società prendendo decisioni coerenti, ma sono poi capaci di trasformarsi in macchine efficientissime, finalizzate a produrre tessere, privilegi e denaro, promuovendo un consenso obbligato. La priorità non è garantire la rappresentanza, ma perpetuare se stessi e garantire i propri apparati, ed è inevitabile che seguendo questa strada non si possano non imitare i metodi del sequestro del consenso dei partiti, pur di conservare il potere.

Nella recente vertenza Alitalia un alto dirigente sindacale ha dichiarato pubblicamente di opporsi alla soluzione proposta, non perché non sarebbe stata di interesse nazionale, ma perché avrebbe compromesso le tessere del suo sindacato. Non è per i sindacalisti immaginabile neppure accettare limiti di mandato per tutti, ad esempio al massimo 2 o 3 mandati, e infatti si registrano casi limite di segretari di categorie o di regione, rimasti al loro posto per più di 25 anni.

Sono queste alcune delle anomalie che di conseguenza creano distorsioni. La diffusa rotazione degli incarichi creerebbe una liberalizzazione degli accessi, mentre oggi uscire da un sindacato è difficilissimo e, per evitare questo rischio, gli automatismi messi volutamente in atto per il rinnovo delle tessere creano di fatto una barriera all'uscita: restituire la tessera perché non si condividono certe posizioni è un rompicapo che tende a scoraggiare tutti. Quindi si afferma di avere un consenso che invece è fasullo.

La trasparenza poi dei rendimenti economici è un altro mistero sindacale, e, quando si maneggia denaro in incognito, è ben difficile sfuggire alla nascita di sospetti, più o meno fondati, che infangano l'immagine di ogni organizzazione. Non esistono bilanci consolidati, ma solo singoli documenti disaggregati che equivalgono a delle autocertificazioni. Si può immaginare quanto varrebbe una società quotata in borsa, se ai suoi azionisti fossero presentati documenti di questo tipo, e di conseguenza quanto può valere oggi la fiducia dei lavoratori nei confronti dei sindacati.

Ma i sindacati dimostrano con i fatti di non aver bisogno di questa fiducia quando si oppongono spesso, nella proclamazione degli scioperi, all'adozione del metodo del referendum preventivo tra i lavoratori, e la ragione è semplice, perché non è importante ottenere risultati a favore dei lavoratori, ma a favore dei rispettivi partiti politici che sponsorizzano.

E' poi quantomeno altamente sospetto che le sigle sindacali rifuggano dal rendere noti il numero dei loro iscritti. Nessuno deve sapere dietro a ogni sigla quanti siano realmente i tesserati, ed è proprio con questo equivoco che proclamano scioperi che sarebbero semplicemente da ridere. Ad esempio nel 2007, la più piccola delle 13 sigle sindacali dell'ENAV, l'ente dei controllori di volo, possedeva cinque tesserati, e questa forza sindacale è riuscita a far cancellare, proclamando uno sciopero, ben 320 voli in un solo giorno.

L'Alitalia è l'azienda più sindacalizzata d'Italia, contiene 43 sigle sindacali, e sono sindacalizzati il 78% tra gli assistenti di volo e l'87% dei piloti. Nel 2006 mentre tutti i contribuenti italiani ogni giorno tiravano fuori dalle loro tasche 2,5 milioni circa di euro, i dipendenti hanno fatto scioperi che, in totale, hanno causato 111 milioni di mancati introiti, e su tutto questo scempio i sindacati non hanno battuto ciglio. Privilegi che si sommano nel campo sindacale ai loro colossali organici con migliaia di dipendenti pagati dal contribuente, privilegi che hanno creato l'immenso patrimonio immobiliare, largamente detassato e i vantaggi e privilegi con i centri servizi, con i patronati etc. che lavorano in gran parte in regime di monopolio.

E allora di questo passo non ci si deve meravigliare se sprechi e privilegi dilaghino ovunque sia possibile realizzarli, quando questo esempio viene dall'alto. Risolvere i problemi dei privilegi legali ed illegali esistenti è dunque una emergenza nazionale ben maggiore di quella dei rifiuti di Napoli e dell'Alitalia e andrebbe affrontata con urgenza, tenendo conto anche tutto questo rovina l'immagine del paese. Ma per le ragioni sopra riportate, questa emergenza nessun governo ha avuto il coraggio di metterla nel suo programma e quindi non solo non sarà mai affrontata, ma neppure nessuno dei politici avra' mai l'intenzione di toccare questo sistema che garantisce saldamente la prosperità della partitocrazia.

La nuda verità è che questa è costituita da persone alle quali non importa nulla del risultato perché mirano egoisticamente al guadagno,a occupare cariche, ad acquisire potere. E tutto questo è possibile perché le stesse persone pretendono di governarci distinguendosi per la loro avidità, intrigando in ogni angolo della struttura paese.

Un programma di governo che sanasse questa emergenza sarebbe veramente in grado di far voltare pagina alla storia d'Italia.

* stralci dell'intervento su Radio Gamma 5 del 10-9-2008

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