23 gennaio 2008

 
     

Corte diritti : e' discriminazione il rifiuto di adozione a omosessuale
di Gabriella Mira Marq

Decisione storica della Corte europea dei Diritti Umani quella riguardante il caso del rifiuto di adozione ad una omosessuale francese convivente con una partner dello stesso sesso. La Camera Grande della Corte ha deciso per 10 voti a 7 che vi era stata una violazione dell'articolo 14 (divieto di discriminazione), in combinato disposto con l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), della Convenzione europea dei diritti umani.

Il caso riguardava una cittadina francese di 45 anni, insegnante di scuola materna e convivente da 18 anni con una psicologa. Le autorita' francesi avevano rifutato di concedere alla ricorrente l'adozione di un bambino, presumibilmente a causa del suo orientamento sessuale. Le ragioni addotte per le decisioni dei vari organismi francesi preposti sono state la mancanza di "indentificabili punti di riferimento" a causa dell'assenza di una immagine paterna o sostitutiva, e la natura ambigua del rapporto della ricorrente ai fini dell'adozione.

La vicenda e' arrivata fino al Consiglio di Stato contrapponendo la donna, che sosteneva di essere stata discriminata in base al suo orientamento sessuale, ai vari funzionari e tribunali, che lo negavano, attribuendo all'attenzione per l'interesse del minore la decisione dello Stato, e quindi non ritenevano fosse stata lesa la Convenione europea dei diritti dell'uomo per quanto riguarda il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il divieto di discriminazione.

Per tale ragione la donna ha presentato ricorso proprio a Strasburgo, ed a lei si sono affiancate nel procedimento, quali parti interessate, diverse associazioni di difesa dei diritti degli omosessuali francesi ed internazionali. Basandosi sull'articolo 14 della Convenzione, in combinato disposto con l'articolo 8, la ricorrente ha affermato che in ogni fase della sua domanda di autorizzazione ad adottare aveva subito un trattamento discriminatorio, basato sul suo orientamento sessuale, e che cio' ha interferito con il suo diritto al rispetto per la sua vita privata.

La Corte ha ribadito, in via preliminare, che - mentre ne' l'art. 8 ne' la legge francese garantiscono il diritto di costituire una famiglia o il diritto di adottare - il concetto di "vita privata" comprende un certo numero di diritti e nel caso esaminato poteva combinarsi con l'art. 14 riguardante il divieto di discriminazione sessuale. Il Tribunale di Strasburgo ha sottolineato infatti che le autorita' amministrative nazionali, e quindi i giudici francesi, hanno basato la propria decisione di respingere la sua domanda di autorizzazione ad adottare su due principali motivi: la mancanza di una figura paterna nell'ambiente domestico e il rapporto lesbico della donna e quindi il suo stile di vita.

Per quanto riguarda l'assenza di una figura paterna, la Corte ha ritenuto che questo non fosse un problema di per se', tanto piu' che la domanda non era stata presentata da una coppia, ma da una sola persona (cosa che la legge francese prevede), e quindi tale eccezione era da considerarsi illegittima. Anzi, secondo i giudici europei, proprio il fatto che la legge francese preveda la possibilita' di richiesta di adozione anche da parte dei singoli, implica la possibilita' che anche gli omosessuali chiedano legittimamente di adottare.

La Corte ha ritenuto anche che nei vari passaggi decisionali francesi riguardanti il caso, il riferimento all'omosessualita' della richiedente fosse stato, se non esplicito, almeno implicito, e che era stato considerato un fattore decisivo ai fini del rifiuto dell'adozione. Di conseguenza, ha considerato a maggioranza che la ricorrente aveva subito una differenza di trattamento. Sempre a maggioranza, ai sensi dell'articolo 41 (giusta soddisfazione) della Convenzione, la Corte ha riconosciuto alla ricorrente 10.000 euro per il danno non patrimoniale e 14.528 euro per i costi e le spese.

Speciale diritti

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