13 novembre 2007

 
     

Sicurezza : ...non passa lo straniero !?
di Antonio Antonuccio*

L'onda emotiva per la triste vicenda di Tor di Quinto a Roma, dove è stato perpetrato, per mano del giovane romeno Nicolae Romolus Mailat, l'efferato delitto che ha provocato la morte della povera signora Giovanna Reggiani, ha generato, ad opera del vigente Governo Italiano (è d'uopo ormai comprendere quanto ininfluente sia l'eventuale matrice di "sinistra" o di "destra") un ulteriore prodotto normativo di natura speciale.

Ogni adulto anche di primo pelo sarebbe in grado di capire quanto inutile possa essere l'aver consentito ai prefetti il potere delle "espulsioni lampo" contro chiunque venga considerato criminale o solamente pericoloso; tra sbarchi clandestini, fogli di via non rispettati ed allargamento dell'apertura della frontiera ai nuovi Paesi U. E., senza polemica, il nostro è un territorio "colabrodo", non è certamente con questi provvedimenti demagogici (si passi pure l'aggettivo che non è di natura partigiana e/o ideologica) che si può far fronte all'emergenza criminalità.

E poi, perché considerarla emergenza visto che questo genere di delitti ci sono sempre stati … e poi, perché dirigere tout court l'azione repressiva solo verso lo straniero (indesiderato), ci siamo forse dimenticati dei fatti di Cogne, di Casalbaroncolo, di Erba, di Garlasco e di …(è meglio interrompere la triste elencazione) dove tra indagati e rei più o meno accertati è l'homo italicus ad essere l'attore o, meglio, per soddisfare l'immaginario, il mostro.

A nulla vale la solita diatriba tra le opposte fazioni parlamentari con quella ridda di botta e risposta tra destra e sinistra, con Berlusconi che stigmatizza: "Questo decreto è una pecetta, perché tutti i provvedimenti sono stati presi con disegni di legge, quindi si impiegherà molto tempo" … Rutelli che risponde: "Da un uomo che ha governato (male) l'Italia … per cinque anni … ci si aspetterebbe più decoro … in queste materie un paese civile dovrebbe essere compatto e non assistere a … scomposte, immature … strumentalizzazioni"

… e ancora Bondi che sostiene: "La sicurezza .. è purtroppo venuta drammaticamente meno , a causa di un lassismo … frutto dei retaggi ideologici … che ritiene l'ordine pubblico … strumento di repressione" …. , la Finocchiaro che replica: "Il problema della violenza e della sicurezza si affronta con politiche di lungo periodo e il centrodestra, che ha governato per cinque anni e ha varato la tanto decantata legge Bossi-Fini, non ha certo dato prova di saperlo fare".

Per fortuna a smorzare i toni, in parte, ci ha pensato un esponente del mondo sindacale quale Pezzotta spiegando, a suo dire, che: … "il provvedimento e' arrivato troppo tardi e sull'onda dell'eccezionalità e pertanto difficilmente sarà in grado di trattenere le reazioni xenofobe e giustizialiste che la violenza e l'assassinio di Roma ha suscitato. Le persone si stanno chiedendo perché solo ora, e se non si doveva intervenire prima quando altri fatti, altrettanto efferati, si erano verificati".

In questo bailamme, per nulla trascurabile appare, appunto, quell'ondata di xenofobia (da un'emergenza all'altra) che, come punta dell'iceberg, si è rappresentata con l'aggressione a Roma, nei pressi di un supermercato di Tor Bella Monaca, di quattro cittadini romeni. Di essi, uno è riuscito a sfuggire all'agguato, rifugiandosi nella propria automobile, per gli altri non c'è stato modo di sfuggire al raid punitivo opera di soggetti (sembra una decina) armati di arme da taglio e mazze da baseball. Ciò senza contare che il fatto è stato motivo di una formale protesta diplomatica da parte dell'ambasciata romena, incrinando i già non facili rapporti tra Roma e Bucarest.

Anche in questo caso le dichiarazioni dei politici hanno dato prova del loro "spessore" e per fortuna sono rimaste poche e a circoscritti episodi, non certo di dialettica: il nuovo raggruppamento politico di Francesco Storace "La destra" ha avuto modo di sostenere che "certe reazioni sono inevitabili"; la Lega non si è risparmiata non facendo mistero di continuare a pensare come soluzione per le grandi città del Nord alle "ronde verdi".

Tralasciando questi aspetti e tornando al provvedimento di natura contingente, non è certamente così che si combatte la criminalità, abbiamo già un adeguato impianto normativo ordinario; il nocciolo del problema non lo si trova nel colpevolizzare l'immigrato, tanto quanto è sbagliato pensare in maniera strumentale che chi ha commesso l'azione delittuosa (sia se di matrice autoctona, sia se d'importazione) deve pagare in maniera certa una pena commisurata al reato che ha commesso, perché ciò è fuor di dubbio, semmai, per restare nell'ambito della giustizia, bisogna guardare altrove, dirigere gli sforzi verso altri sistemi deficitari dell'Italia che vedono coinvolti, per esempio, l'apparato giudiziario che giudica forse con una discrezionalità poco coerente, comminando, alla fine del percorso del processo, delle pene non proprio edittali.

Se emergenza sicurezza c'è quindi non è certo il brutale assassinio della povera Reggiani che la determina. E' giusto, pertanto, essere severi con chiunque delinque, perché l'Italia, e questo lo vogliamo tutti, a meno di non essere masochisti, deve essere un Paese tranquillo e sicuro. L'impressione allora è che il problema non lo debba individuare tanto nell'emergenza criminalità ma, diversamente, nella regolamentazione dei flussi migratori. In tal senso, non si può sottovalutare che l'Italia, allo stato, non ha le risorse economiche e strutturali ed un sistema politico-sociale in grado di garantire la corretta integrazione degl'immigrati, che siano essi cittadini comunitari o extracomunitari.

Al contempo, non è il caso di dimenticare, come dal mondo dell'imprenditoria viene più volte puntualizzato, che molti sono i lavoratori stranieri i quali, ormai, assicurano tante di quelle manualità a cui i nostri concittadini non vogliono più dedicarsi. Essi risultano lavoratori indefessi, perciò forse bisogna ringraziarli, altresì bisogna evitare situazioni di generalizzazione che, oltre ad offendere chi si guadagna la sacrosanta "pagnotta", possono mettere in discussione, con grave nocumento, questa reciproca forma di collaborazione.

Non è necessario allora l'intervento degli esperti di economia per comprendere che, in quella che definiamo "era della globalizzazione" l'integrazione sociale con la sana reciproca contaminazione tra più culture è conditio sine qua non per la crescita di qualsiasi paese, ma tale processo, scevro da condizionamenti di natura faziosa, deve essere, indiscutibilmente, regolamentato e sorretto da una solida impalcatura istituzionale capace di garantire la serena convivenza tra le diverse comunità.

Ha detto Martin Luther King: "Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti".

* Responsabile di Sede Ufficio Esecuzione Penale Esterna - Ministero della Giustizia - Vibo Valentia, Docente a Contratto Facoltà di Scienze Politiche - Università degli Studi di Messina.

Speciale immigrazione

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