02 novembre 2007

 
     

Rom , Romeni e delitti . Raccontiamo una storia vera...
di Rita Guma

Nel 1921 molti Italiani, giunti nel sud degli Stati Uniti per lavorare nelle piantagioni di cotone al posto dei neri, venivano chiamati in modo sprezzante "Dago". Alcuni fra essi, mostratisi presto in grado di mettere in piedi discrete attivita' nel settore della pesca e della compravendita di verdure, furono etichettati come mafiosi e furono accusati di aver ucciso l'eroico capo della polizia di New Orleans David Hennessy.

Al processo i giurati stabilirono che gli imputati non erano colpevoli, ma il giudice - in ossequio al sentimento popolare che era stato provocato dalla diffidenza verso i Dago e montato da una campagna stampa e dalle dichiarazioni accusatorie del sindaco Shakespeare ("la peggiore specie di europei: i meridionali italiani... gli individui piu' pigri, depravati e indegni che esistano") - li fece rimettere in prigione. Il carcere fu poi assalito da una folla urlante di migliaia, forse decine di migliaia di persone, che linciarono due degli Italiani e uccisero a colpi d'arma da fuoco gli altri nell'inazione delle forze dell'ordine.

L'episodio non fu condannato, ma addirittura definito un gesto sano da parte di qualche opinionista. Solo in seguito alle proteste del Regno d'Italia (che si accontento' poi del pagamento di una penale) il presidente americano Harrison condanno' l'accaduto, trovando pero' l'avversione dell'ambiente politico.

Non si e' mai saputo chi fosse stato ad uccidere Hennessy - considerato oggi il primo esperto americano di mafia - il quale tuttavia era inviso non solo a veri gruppi mafiosi ma anche a qualche esponente delle stesse forze dell'ordine. Inoltre, essendo benvoluto dalla popolazione, costituiva un pericolo per gli ambiziosi in un Paese in cui molte cariche sono elettive. Percio' - senza raggiungere la verita' e trucidando quelli che il tribunale aveva riconosciuto come incolpevoli - fu fatta giustizia secondo il "sentimento popolare".

I nostri vecchi ricordano altre storie in cui - forse in modo meno cruento ma altrettanto lesivo della dignita' della persona - il pregiudizio la fece da padrone e rese la vita durissima agli Italiani che volevano solo sopravvivere, spostandosi a prezzo di mille difficolta' dove c'era piu' benessere e speranza di lavoro, anche se in genere in ruoli umili, insalubri e malpagati.

Talora quel pregiudizio, precludendo strade sane ai giovani e generando in loro un malinteso senso di appartenenza e una voglia di rivalsa, non fece che favorire proprio l'arruolamento nelle fila della criminalita' organizzata. Peraltro, se gli immigrati italiani fossero stati espulsi solo perche' non avevano gia' un lavoro e quindi la possibilita' di mantenersi fin dal loro arrivo, negli USA di italiano vi sarebbe oggi solo la mafia, che, controllando locali notturni e attivita' commerciali, poteva permettersi di assumere personale.

E' vero infatti che alcuni immigrati italiani erano davvero criminali - cosi' come oggi lo sono alcuni Romeni, Albanesi, Marocchini etc etc - ma moltissimi altri, dopo un difficile periodo di adattamento - si sono distinti per la loro correttezza e laboriosita', contribuendo al progresso economico di diverse fra quelle che oggi sono potenze mondiali.

Tuttavia e tichette come "dago" e i pregiudizi che - negli USA come in Sudamerica come in alcuni Stati europei - accompagnarono per decenni i nostri connazionali, colpivano e danneggiavano indistintamente tutti, buoni e cattivi.

Ricordarsene oggi - pur nello shock e nella dura condanna per quanto accaduto a Giovanna Reggiani (e per ogni delitto contro le persone commesso in Italia da alcuni immigrati, come da alcuni Italiani) - non sarebbe una cattiva idea.

Speciale immigrazione e razzismo

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