01 ottobre 2007

 
     

Docente musulmano : Islam compatibile con abolizione pena di morte
di Rico Guillermo*

Molti, nel mondo arabo, sostengono che nel Corano si trovi il fondamento della pena di morte, ma questa e' una lettura falsa dei testi, secondo Mustapha Bouhandi, professore di religioni comparate all'universita' Hassan II di Casablanca.

In vista del possibile voto ONU su una moratoria universale contro la pena capitale, in una intervista Bouhandi - una voce islamica della tolleranza fatta segno di critica feroce da parte degli estremisti musulmani - ha spiegato che l'abolizione della pena di morte e' compatibile con l'Islam.

A giudizio del docente nusulmano, nei Paesi arabi la pena di morte e' mantenuta dai regimi che non desiderano perdere il loro strumento piu' importante di repressione: poiche' la maggior parte di essi non deriva la sua legittimita' dalle urne, credono che qualunque genere di opposizione che abbia il supporto popolare sia una minaccia. Con la pena di morte dispongono quindi di uno strumento efficace per eliminare i leader dell'opposizione, intimidirli o tenerli a freno.

Questi avversari - sottolinea Bouhandi - sono liquidati spesso senza prove e senza che nemmeno le loro famiglie abbiano notizia della loro esecuzione e possano organizzare loro un funerale. Anche dove ci sono processi, la giustizia nel mondo arabo non gode una buona reputazione, secondo il professore, poiche' e' influenzata dal potere politico, anche quando si tratta di condanna a morte. Quindi, "la religione non ha niente a che fare con l'applicazione della pena di morte nel mondo arabo".

Secondo Bouhandi, molti ancora credono che la pena di morte sia collegata molto strettamente alla religione, ma cio' avviene a causa dell'abuso politico della religione usata per giustificare le uccisioni nella storia passata dell'Islam. Il docente spiega che la legge di dio, la Shariah, e' fondata sui principi fondamentali che si trovano in tutte le religioni monoteiste. L'ordine principale e' non uccidere.

La pena di morte e' una punizione che ostacola gli omicidi con il timore di essere uccisi, ma - sostiene Bouhandi - se un'uccisione e' evitata senza ricorso ad un'uccisione, allora effettivamente si sta seguendo il comandamento divino di non uccidere. Il docente confuta l'affermazione di alcuni eruditi musulmani secondo i quali ci sono quattro casi in cui la pena di morte si applica (in alcuni Paesi il numero aumenta a 865) e dice che questo e' attribuito scorrettamente all'Islam, come si potrebbe dimostrare dettagliatamente.

Il resto e' un retaggio storico ed egli ritiene sia tempo di "denunciare" questo sfruttamento della religione da parte di "usurpatori del potere" nel mondo musulmano. Secondo il professore, le punizioni alternative che l'Islam prevede per il piu' grave di tutti i crimini sono fra le altre l'imprigionamento e il risarcimento ai parenti della vittima. Il versetto del Corano "La pena per i quelli che combattono contro il dio ed il suo messaggero e' che siano uccisi o crocifissi, o le loro mani e piedi siano tagliati o che siano esiliati" e' stato troppo preso alla lettera dagli eruditi, ma il versetto non sancisce la pena di morte.

La pena di morte puo' essere abolita facilmente - secondo Bouhandi - grazie ad una rilettura degli stessi testi usati dai fautori islamici della pena di morte. Tuttavia, in un momento in cui il mondo musulmano e' preso di mira da attacchi aerei e non in conseguenza della lotta internazionale al terrorismo, sembra improbabile che la pena di morte possa essere abolita nel mondo arabo: "Coloro che desiderano abolire la pena di morte dai loro codici penali - sostiene i docente arabo - dovrebbero in primo luogo richiamare le potenze internazionali che causano la maggior parte di questa violenza oggi sulla terra".

Infine, conclude Bouhandi, "credo che non possiamo parlare dell'abolizione della pena di morte alla luce di una cultura globale che sta invadendo le case dappertutto con film di violenza, guerra e omicidio", occorre invece ripristinare prima i valori di compassione, nobilta' e umanita'.

* Si ringrazia Claudio Giusti

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