31 agosto 2007

 
     

Discriminazione razziale e xenofoba : UE , in Italia nessuna sanzione
di Gabriella Mira Marq

In Italia nel 2005 867 denunce di discriminazione razziale sono state ricevute da entita' preposte. Di queste denunce, 282 sono state confermate da parte di tribunali ed enti preposti, ma nessuna di esse e' stata sanzionata in alcun modo. Lo afferma il rapporto 2007 sul razzismo e la xenofobia presentato dall'Agenzia UE per i diritti fondamentali al comitato liberta' civili del parlamento europeo questo lunedi'.

Secondo il rapporto - che analizza le discriminazioni nell'impiego, nell'alloggio e nella formazione nei 27 Stati membri - "la violenza ed il crimine razzisti rimangono un tema sociale serio in Europa". La maggior parte dei Paesi UE ha messo in atto gli indirizzi comunitari sull'uguaglianza razziale, ma l'alto numero di reclami e le sanzioni imposte - che al contrario rimangono eccessivamente basse per numero e per importi - suggeriscono la necessita' di suscitare maggiore consapevolezza sulla questione.

Inoltre, nota l'Agenzia, mancano i dati circa la violenza razzista, poiche' solo 11 dei 27 Stati membri forniscono statistiche, peraltro disomogenee per metodo di raccolta. L'unico Paese con un sistema adeguato, la Gran Bretagna, ha permesso di evidenziare in un periodo di 12 mesi piu' episodi di razzismo che tutti gli altri Paesi messi assieme. I dati disponibili mostrano che i crimini razzisti aumentano nel Regno Unito, in Germania, Danimarca, Francia, Slovacchia e Irlanda e diminuiscono solo in Austria, Svezia e nella Repubblica ceca.

Il metodo di sanzioni nei casi di discriminazione etnica varia significativamente fra gli Stati membri dell'UE. Secondo il rapporto, gli Stati UE possono essere divisi in tre gruppi riguardo alla severita' e quantita' delle sanzioni: nel primo gruppo sono gli Stati membri che irrogano sanzioni pesanti e lo fanno con frequenza (la Francia, l'Irlanda, l'Ungheria, la Romania, la Svezia, il Regno Unito). Nel secondo gruppo sono gli Stati membri in cui le sanzioni non sono state molto severe o frequenti (il Belgio, la Danimarca, il Latvia, l'Austria).

Nel terzo gruppo (Italia, Estonia, Grecia, Cipro, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia), esiste la possibilita' di presentare denunce sulle discriminazioni etniche, ma secondo l'Agenzia europea le procedure non producono sanzioni e c'e' solo un ricorso generico a pressioni ed a raccomandazioni morali per risolvere le dispute e scoraggiare la discriminazione.

Altro dato che emerge dal rapporto e' che la disoccupazione fra gli immigrati e le minoranze rimane significativamente superiore rispetto alla maggioranza della popolazione, poiche' anche un nome con un suono arabo puo' compromettere le prospettive di lavoro del candidato, come denuncia una indagine fatta in Svezia. I migranti illegali sono poi spesso utilizzati come una sorta di moderni schiavi nei settori agricolo e domestico. Anche nell'alloggio sono elevate le discriminazioni razziali.

Quanto alla formazione, il rapporto denuncia che sulla carta la maggior parte dei Stati membri fornisce una formazione per tutti, ma di fatto si nota difficolta' di accesso nelle scuole dei richiedenti asilo e spesso gli insegnanti non hanno gli strumenti per dialogare con gli allievi che parlano una lingua straniera, mentre in alcuni Paesi e' in atto una vera e propria segregazione di minoranze come i Rom.

Secondo gli eurodeputati intervenuti a commentare il rapporto, occorrerebbe dare piu' stabilita' ed importanza all'Agenzia per i diritti fondamentali, pur evitando di farne un uso politico, al fine di essere punto di riferimento in Europa e nel mondo. Inoltre, e' stato rilevato, non e' ammissibile che non sia previsto un obbligo da parte degli Stati di consultare l'Agenzia.

Speciale immigrazione

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