23 giugno 2007

 
     

Preti pedofili e repressione sessuale nella Chiesa : associazione deleteria
di Rita Guma

Si e' tenuto ieri a Roma un convegno dal titolo "La repressione sessuale: una politica che genera violenza. Basta con le omertà vaticane".

Come molti sanno, in passato mi sono espressa con durezza nei confronti della Chiesa cattolica per la sua politica sulla questione dei preti pedofili e per le sue incursioni nella politica legislativa degli Stati laici (in primis il nostro). Sul nostro sito sono anche comparsi diversi chiarimenti non certo favorevoli alla Chiesa in merito all'ICI delle strutture vaticane o all'8 per mille. La stessa indipendenza l'abbiamo dimostrata sulla questione delle vignette su Maometto e sull'ironia fatta su Papa Ratzinger.

Queste prese di posizione danno la misura della nostra terzieta' rispetto a quella religione (come a tutte le altre). Una terzieta' che pero' non e' anticlericalismo, perche' non si puo' fare una corretta difesa dei diritti di tutti se si mira a contrastare la liberta' di alcuni, una liberta' beninteso che finisce laddove lede i diritti altrui. Ebbene, con lo stesso spirito con cui ho criticato la Chiesa affermo invece che l'incontro in oggetto ed iniziative simili contengono 'in nuce' violazioni dei diritti umani, al di la' dell'intento dichiarato della tutela dei diritti.

Ritengo infatti che preti e Vescovi (e religiosi di altre confessioni) possano essere criticati per gli aspetti politici dei loro interventi come qualsiasi altro cittadino e che debbano essere perseguiti anche penalmente per eventuali violazioni dei diritti di terzi, cosi' come penso possa essere criticata sotto il profilo etico la struttura religiosa il cui comportamento finisca con il coprire il reato o proteggere il perpetratore. Sono convinta tuttavia che discutere i principi e le regole interne di una religione - se non illegali - non sia compito della politica e che tali regole, finche' accettate e condivise da esseri maggiorenni e consenzienti, possano essere discusse solo all'interno di quella comunita' religiosa. Diversamente si tratta di una indebita ingerenza della politica nella religione, la quale peraltro, essendo basata sulla fede, non puo' essere messa in discussione nei suoi fondamenti da organismi o esponenti secolari: la fede non si spiega, la fede si ha o non si ha. Inoltre, come diro' in seguito, tale pretesa mette a rischio alcune liberta' fondamentali.

In particolare, il tema oggetto dell'incontro - discusso fra Matteo Mecacci (rappresentante all'ONU del Partito radicale transnazionale), Maurizio Turco (deputato della Rosa nel Pugno, segretario di una associazione anticlericale), Robert Costello (impegnato contro i preti pedofili), Joe Cultrera (regista di Hand of God), Daniel Shea (avvocato), Gabriella Simoni (antropologa e giornalista televisiva), alcuni esponenti di associazioni per i minori e due esponenti del movimento preti sposati - rientra nel filone che argomenta che il celibato dei preti (e la trasmissione dell'idea di donna come 'diavolo') sia foriera di violenze sessuali da parte dei preti.

In primo luogo vorrei far notare che la lista di relatori dell'incontro 'mescola' esponenti politici, antilericali dichiarati, tecnici, difensori dei diritti dei bambini violentati e infine preti sposati. Non ho nulla contro alcuna di queste categorie, tuttavia mi pare una scorrettezza usare la questione dei preti pedofili (e quindi la tragedia delle loro vittime) per una discussione-insalata con vasti aspetti anticlericali. Seppure si volesse discutere la questione storico-sociale-psicologica del celibato nella Chiesa, questo andrebbe fatto in sede appropriata, per esempio in un incontro di studi, con persone tecnicamente preparate e non politicizzate, prevenute o mosse da astio verso l'oggetto dei loro studi.

In tale sede emergerebbe fra l'altro che anche fra i sacerdoti delle religioni che consentono il matrimonio ai religiosi esistono fenomeni di violenze sessuali ai danni di bambini e donne o bambine, fatto che da solo farebbe gia' cadere una tesi del convegno di ieri, mentre l'altra (che l'idea della donna-lucifero provochi preferenze omosessuali) viene automaticamente smentita dalla presenza dei preti sposati allo stesso convegno. In qualsiasi contesto di potere - da sempre, dallo 'jus primae noctis' a Vallettopoli - si determinano situazioni favorevoli al sopruso, senza necessariamente cause come regole di castita' o celibato. Se il contesto prevede piu' probabilita' di avvicinare minori - di per se' prede piu' facili - maggiore sara' la frequenza del delitto ad opera di persone malate o senza scrupoli.

Inoltre, secondo la Costituzione italiana, art. 8. "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge" e, art. 19. "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume". Se una regola religiosa non e' contraria ai diritti dell'uomo e viene accettata liberamente dal fedele (in questo caso da chi prede i voti sacerdotali) non puo' essere discussa dal potere temporale ed i politici che lo facciano si comportano come i vescovi che interferiscono nella sfera di competenza dello Stato laico.

Non solo, ma grazie alla loro visibilita', con questi discorsi costoro creano pure un clima di intolleranza, perche' una cosa e' la critica ad un atteggiamento 'esterno' della Chiesa (prendere una posizione politica su un pdl dello Stato o coprire un prete pedofilo) altra cosa una critica alle regole e fondamenti di una religione, che ha come conseguenza di porre in cattiva luce quella religione e suoi fedeli, e non un singolo prete o vescovo o la gerarchia. E non la pone in cattiva luce in quanto abbia violato un diritto o coperto un reato (che sarebbe giusto) ma in quanto applica un principio cardine di quella religione cui si pretende di attribuire conseguenze malefiche per la societa'.

Mi si opporra' a questo punto che allora anche regole di altre religioni limitative dei diritti delle donne o di chicchessia non dovrebbero essere discusse. Sinceramente penso che donne maggiorenni che in una societa' libera come quella occidentale decidano volontariamente di portare il burqa aderendo alla religione islamica debbano poterlo fare (con i limiti stabiliti dalle leggi sulla pubblica sicurezza). Anche per i Testimoni di Geova ho sottolineato in passato che se questi liberamente (quindi da maggiorenni in possesso delle proprie facolta') scelgono di non sottoporsi a trasfusione debbono poterlo fare anche se vanno incontro alla morte. In entrambi i casi e in altri simili fanno eccezione i minori (ad es se una minore viene sposata ad uomo o sottoposta a mutilazione genitale dall famiglia, quell'atto e' - anche per legge - una violenza) e fanno eccezione tutte quelle regole che confliggono con leggi quali il divieto della poligamia.

Quindi - entrando nel merito della questione e alla luce della responsabilita' individuale sancita dalla Costituzione - se un prete avverte pulsioni sessuali che confliggono con il suo stato sacerdotale, puo' semplicemente lasciare la tonaca. Se non lo fa e preferisce violentare i bambini o le ragazzine, la responsabilita' e' sua, non della Chiesa che ha stabilito la regola (peraltro alcuni preti pedofili colti in flagrante hanno confessato di aver scelto di operare nella Chiesa proprio con la finalita' di sfruttare il contesto per molestare i bambini). Lo stesso discorso vale per i preti sposati, che rispetto e di cui comprendo la sofferenza, ma dei quali penso che o aderiscono ad un'altra fede che preveda il matrimonio per i suoi ministri del culto, o continuano a combattere all'interno della Chiesa per far cambiare una regola che ritengono teologicamente infondata.

Per esemplifcare il mio pensiero, prendo ad esempio lo statuto della nostra associazione, il quale stabilisce delle incompatibilita' stringenti riguardo alle cariche associative. Chi voglia candidarsi a presidente, portavoce o referente locale dell'associazione non puo' essere dirigente politico di un partito o eletto nelle Istituzioni o amministratore di una impresa e cosi' via. Chi aderisce alla nostra associazione lo fa volontarimente e sapendo che ci sono questi limiti. Non puo' poi lamentarsi di non poter essere eletto presidente o di doversi dimettere quando in capo alla sua persona sorge una di queste incompatibilita'. Se la cosa non gli piace puo' pero' uscire dall'associazione o tentare di cambiare lo statuto.

Non credo - in conclusione - che faccia bene a nessuno cavalcare iniziative come quella di cui ho parlato, iniziative che anzi a mio avviso fanno solo danno, sia perche' non rispettano il diritto di una religione di autoregolamentarsi entro i limiti di legge come stabilito invece dalla Costituzione e da tutte le Carte dei diritti internazionali, sia perche' alimentano - come gia' detto - un clima di intolleranza, sia infine perche' inquinano una battaglia per la giustizia e per i diritti delle vittime con i loro intenti chiaramente anticlericali, inducendo di conseguenza diffidenza in una parte dell'opinione pubblica che sara' disposta a sostenere la levata di scudi della Chiesa, che invece dovrebbe impegnarsi con piu' efficacia contro i delitti perpetrati al suo stesso interno e resi possibili proprio dall'autorevolezza derivante nell'ambito della comunita' dall'investitura ecclesiastica.

Altra cosa e' la difesa delle vittime o la denuncia, benemerita quando imparziale e mirata solo al bene delle vittime, senza altri odii o scopi, ed alla quale anche noi da anni contribuiamo.

Speciale preti pedofili

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