25 gennaio 2007

 
     

Trasfusione a Testimone di Geova : controversa sentenza Cassazione
di Rita Guma

Desta quantomeno perplessita' la sentenza emessa dalla Terza sezione civile della Corte di Cassazione che ha negato - di fatto - l'esercizio concreto del diritto di rifiutare un trattamento medico ad un Testimone di Geova.

L'uomo chiedeva infatti un indennizzo ai chirurghi che gli avevano praticato una trasfusione di sangue durante un intervento chirurgico occorso alcuni anni fa, nonostante l'esplicito rifiuto da parte sua mentre era ancora cosciente e non in pericolo di vita. Tuttavia, secondo la Cassazione, il medico puo' mettere in atto terapie d'urgenza salvavita in seguito a complicazioni intervenute perche' la volonta' del paziente poteva riferirsi ad un probabilita', mentre l'emergenza verificatasi diviene certezza, e quindi una diversa situazione, nella quale si puo' ipotizzare che il paziente avrebbe dato il suo assenso.

Nella situazione descritta intervengono pero' due aspetti. Quello della liberta' di un paziente di rifiutare il trattamento e quello della liberta' di esercizio di un credo religioso.

Il primo aspetto coinvolge tutti i cittadini. Chiunque abbia espresso la propria volonta' di rifiutare un trattamento mentre era cosciente, basta sia sottoposto a sedazione per non essere piu' pienamente cittadino, e non godere piu' il diritto di veder rispettate le proprie volonta'. A lui subentra il medico, che si arroga il diritto di ribaltarne i voleri. Inutile quindi sottoscrivere il consenso informato prima di una operazione, visto che il mutamento della situazione darebbe piena liberta' al medico di contraddire la volonta' del paziente. Ad esempio, chi abbia un tumore per il quale si preveda una resezione di un modesto tratto di apparato digerente e nel caso l'estensione del male si rivelasse molto maggiore, preferirebbe affrontare una morte piu' rapida piuttosto che una lunga vita di sofferenze e umiliazioni, potrebbe trovarsi invalido a vita contro la sua volonta' perche' il medico potrebbe valutare vitale una resezione invalidante a causa delle mutate condizioni.

A questo proposito ricordo il caso di un missionario, un sacerdote cattolico, affetto da tumore allo stomaco, che chiese di essere operato con anestesia locale per evitare una lunga degenza successiva, perche' doveva prendere un aereo per il Brasile, per raggiungere i suoi piccoli Xavantes. E' ovvio che le terapie normali in questo caso nel decorso post operatorio non saranno state applicate. Certamente il missionario era consapevole della minore attesa di vita determinata da quella scelta, ma egli sapeva anche di avere troppo da fare e poco tempo per farlo, in nome della sua convinzione.

Secondo la Costituzione italiana: Art. 32 - "... Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Art. 13 - "La libertà personale è inviolabile. ... È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà". Va considerato infatti che per un Testimone di Geova, la trasfusione eterologa e' una violenza morale, perche' tocca la sfera delle sue convinzioni piu' profonde.

Al Testimone di Geova si e' peraltro applicato quello che la Cassazione ritiene il corrente comune sentire ma che in realta' e' un principio religioso diverso dal suo, quello cattolico, e cioe' la priorita' della vita su tutto il resto. Diversa sarebbe la situazione di un minore figlio di Testimoni di Geova. In quel caso egli non e' ancora cittadino nella pienezza dei suoi diritti, quindi - ove fosse in pericolo di vita - il medico potrebbe chiedere ad un giudice minorile una decisione diversa dai desiderata della famiglia, nel superiore interesse del minore.

Sotto il profilo della discriminazione religiosa e della lesione della liberta' personale in contesti internazionali, va considerato che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo prevede che Art. 9 - "1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui". Da rilevare che qui si parla di salute pubblica, e non individuale, e non vi e' in Italia una legge che imponga un trattamento, ma semmai il contrario.

Inoltre la stessa convenzione specifica all'Art. 17 che "Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione".

Secondo la Dichiarazione ONU dei diritti dell'uomo, Art. 18, poi, "Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti". E anche qui si ricorda che, Art. 30, "Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati".

Non a caso uno dei contenziosi piu' frequenti all'attenzione del relatore ONU contro le discriminazioni per culto o credo e' quella relativa all'obiezione di coscienza dei Testimoni di Geova, conculcata in diversi Paesi che puniscono con la prigione il rifiuto di prestare servizio militare. L'ONU ritiene infatti che lo Stato non possa imporre con la minaccia o la forza ai testimoni di Geova di ottemperare ad una disposizione di legge. Figurarsi dove non solo non e' previsto per legge il doversi sottoporre ad un trattamento sanitario, ma addirittura il contrario.

Speciale diritti

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