22 febbraio 2007

 
     

Fusioni religiose. Economist su un merger tra Cattolici e Anglicani
trad. di Giulia Alliani*

Gia' i piu' scettici esprimono dubbi sulle anticipazioni, comparse qua e la' questa settimana sulla stampa britannica, a proposito di un grosso remerger nell'industria della comunicazione globale. Le prospettive di accordo tra una grande corporation con base a Roma e una rivale piu' piccola, con sede nel sud dell'Inghilterra, hanno scatenato la fantasia degli analisti, pronti a delineare futuri scenari.

Pare abbiano gia' avuto luogo i primi abboccamenti tra i rappresentanti dei due antichi gruppi. Se dovesse avere successo, l'accordo vedrebbe ancora insieme un'azienda madre e un'unita' che se n'era staccata, non senza traumi, nel sedicesimo secolo. Secondo alcuni osservatori l'accordo potrebbe rivelarsi gravido di significati, almeno quanto lo split e la relativa rifusione di parti di AT&T, una compagnia telefonica che conservo' una posizione di monopolio in America fino agli anni '70. Come nel caso di AT&T, la spaccatura all'interno di un'organizzazione in posizione dominante lascia inevitabilmente profonde cicatrici. Ma con il tempo, quando l'emergere di nuovi competitors, portatori di nuove idee, induce cambiamenti nel panorama del business, allora l'abuso di monopolio, e il trauma della separazione, vanno messi da parte in funzione del guadagno reciproco.

Nel 2006, il remerger di AT&T e BellSouth, un ramo del gigante delle telecomunicazioni, staccato ai tempi della riforma del sistema delle telecomunicazioni americano, fu considerato una mossa intelligente, tenuto conto del cambiamento nel panorama della concorrenza. Simili considerazioni potrebbero valere anche per le due forze dominanti nelle comunicazioni cristiane. Il Cristianesimo puo' ancora far conto su un numero di consumatori che rappresenta circa un terzo della popolazione mondiale. Di questi, il brand cattolico, che ha sede a Roma, vanta 1,1 miliardi di aderenti. Anche gli Anglicani hanno una diffusione mondiale, ma il loro apporto alla corporation unica sarebbe di circa 80 milioni di aderenti. Tuttavia, in un momento di crescita fiacca della cristianita', un'espansione per via di fusioni sembra essere l'unico mezzo per guadagnare quote di mercato.

I tradizionali luoghi di culto hanno visto la pesante concorrenza proveniente da Evangelici e Pentecostali, che operano dalle mega-chiese sorte fuori citta'. Le forme di Cristianesimo piu' antico, proprio come i giornali stampati, stanno perdendo terreno man mano che i clienti piu' vecchi non vengono rimpiazzati dai piu' giovani, e il consumo occasionale diventa la norma al posto del tradizionale consumo regolare. Entrambi le chiese hanno tentato di smorzare le voci di un merger. Ed e' chiaro che permangono molti ostacoli. Come sempre in questi casi, il tentativo di combinare due management rivali potrebbe rivelarsi complicato.

Ognuno ha la sua idea sulla natura dell'eucaristia e sul sacerdozio delle donne. Anche il riconoscimento del papa a capo dell'azienda risultante dal merger potrebbe costituire un impasse. Il brand anglicano ha anch'esso i suoi guai. Non ha un modello chiaro di business e soffre di evidenti divisioni fra i top managers, che hanno una forma di potere molto piu' delegata. Molti managers sono impegnati in un'accesa disputa sull'opportunita' di assumere personale omosessuale nelle sussidiarie americane. Al contrario la chiesa cattolica ha una chiara linea di comando tra il suo chief executive, i suoi 4,700 senior executives, e i 400,000 line managers sparsi per il mondo.

Eppure le potenziali sinergie non mancano. L'aggregazione della forza lavoro permetterebbe significativi risparmi, anche se i tagli di personale potrebbero rivelarsi impopolari. Un vivace mercato immobiliare permetterebbe a una chiesa unica di trarre grossi vantaggi dalla vendita degli assets inutilizzati, molti dei quali in qualificate zone centrali cittadine. Siccome le due organizzazioni non otterrebbero gli stessi vantaggi (il merger sarebbe in realta' un takeover della sua piccola rivale da parte della chiesa cattolica), gli Anglicani potrebbero optare per un legame piu' blando, magari spostando alcuni assets in una joint-venture o anche, guardando al cielo, adottando qualcosa di simile agli accordi di code-sharing tra le grandi compagnie aeree.

Qualsiasi aspetto debba infine assumere la fusione, se mai avverra', i due gruppi hanno dimostrato, se non altro, la seria intenzione di riformare il business della comunicazione di massa per il ventunesimo secolo.

* traduz. dell'articolo "Religious mergers A marriage made in heaven? Amid talk of a merger between Catholicism and Anglicanism, a look at how the two businesses might fit together", tratto dall'Economist del 21 febbraio, sezione Economia

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