NEW del 29 agosto 2006

 
     

UE : troppo carcere preventivo per delitti commessi all'estero
di Gabriella Mira Marq

La Commissione UE ha discusso un nuovo strumento legislativo teso a stabilire con certezza le procedure di controllo preprocessuali fra i diversi Stati membri UE al fine di trattare un sospettato conformemente a quanto disposto dalla legge dello Stato di cui e' cittadino (residente) anche ove sia indagato per aver commesso un reato all'estero.

La detenzione cautelare, a giudizio della Commissione (ma anche in conformita' ai trattati internazionali) sia per la presunzione di innocenza, sia per il divieto di violare la liberta' di un essere umano e assicurare la liberta' di movimento nell'UE, dovrebbe essere una misura eccezionale e dovrebbe invece essere utilizzato per quanto possibile il metodo delle misure di controllo non detentivo.

Attualmente, pero', i cittadini UE non residenti nel territorio dello Stato membro nel quale sono sospettati di aver commesso un crimine sono talora posti in carcerazione preventiva piu' di quanto non accada a chi sia sospettato di aver commesso un delitto nella stessa nazione di residenza, al quale vengono imposte solo misure di limitazione negli spostamenti o di firma presso le autorita' di pubblica sicurezza. Il rapporto fra i cittadini esteri in custodia cautelare ed i propri residenti sottoposti alla stessa misura va dal doppio a sei volte tanto, con l'eccezione dell'Olanda, che opera un ugual trattamento (l'Italia non e' citata nello studio).

Peraltro, nota la Commissione, gia' la situazione si presta a rendere questa categoria di sospettati piu' vulnerabili di chi sia inquisito nel proprio Paese, poiche' anche in conseguenza della sola proibizione di viaggiare vi e' una limitazione di contatti con la famiglia, il rischio di perdere il lavoro, etc, col rischio di generare una disuguaglianza fra le due categorie di cittadini UE.

A latere di queste osservazioni viene anche fatta una analisi dei costi di detenzione cautelare presso i diversi Paesi UE, ma la commissione fa osservare che - in mancanza di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie fra Paesi membri - e' impossibile stabilire regole 'incrociate' per ovviare a questi problemi di diritti, oltre che pratici.

Una indagine ha rivelato che circa l'80% dei cittadini esteri sottoposti a carcerazione preventiva potrebbe essere tasferita nel proprio Paese per esservi sottoposto a misure restrittive meno rigide del carcere, a patto di operare un riconoscimento delle decisioni giudiziarie fra gli Stati interessati.

Il mandato per presentare una proposta di questa decisione sull'ordine europeo di controllo nelle procedure preprocessuali fra gli Stati membri e' indicato chiaramente nel "programma di riconoscimento reciproco" del novembre 2000, che elenca un certo numero di misure specifiche di riconoscimento.

Il Consiglio di Tampere (1999) aveva dichiarato che un maggior riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie avrebbe facilitato la cooperazione fra le autorita' e la garanzia giudiziaria di diversi diritti, affermando il principio di riconoscimento reciproco come la pietra angolare della cooperazione giudiziaria sia negli argomenti civili che criminali, che dovrebbero anche applicarsi agli ordini preprocessuali.

Una proposta di mutuo riconoscimento di misure per una supervisione non detentiva prima del procedimento e' anche una priorita' del programma de L'Aja (2004) della Commissione e del piano d'azione europeo per rafforzare liberta', sicurezza e giustizia nell'UE, obiettivo fra i piu' importanti dell'Unione.

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