NEW del 23 dicembre 2005

 
     

Caso Welby : chi rifiuta le cure e chi invece le taglia
riceviamo e pubblichiamo

Oggi si parla molto della morte di PierGiorgio Welby e della sua precedente determinata volontà di farsi "staccare la spina". I Pm dicevano: "è un diritto non curarsi".

Si discute di meno, invece, di quale siano le possibilità di cura per i malati oncologici e di supporto per i loro congiunti nelle fatiche quotidiane dell'assistenza. Ad esempio, poco si discute della decisione dell'Assessorato alla Sanità della Regione Lazio di tagliare i posti letto e accorpare i reparti non produttivi.

A mio avviso, i tagli dei posti letto negli ospedali, per le modalità prospettate, sono iniqui, perché già oggi ammalati colpiti da patologie oncologiche sono costretti a curarsi a casa ove si resta attaccati a mini-computer che iniettano nell'organismo, ad intervalli regolari, i medicinali specifici tra i quali il platino, ecc.. con effetti collaterali di certa rilevanza e preoccupazione sui pazienti. Talvolta, purtroppo, per carenza di attrezzature d'asporto si è rinviati, seppur già in fila per la cura (ciclica con scadenze predeterminate all'avvio della stessa), ad altra data, mentre la malattia, come è noto, non aspetta e non rinvia i suoi effetti di sofferenza sugli ammalati.

Chi pratica il Polo Oncologico dell'I.F.O. - I.R.E. (Irccs d'eccellenza) di Roma può convenire sulla decisione di mettere mano a sacche d'inefficienza ma non a percentuali di riduzione tout-court, così come sta avvenendo nella citata struttura, punto di riferimento e faro della speranza per ammalati residenti nella Regione Lazio e per quasi tutto il Centro-Sud del Paese. Alle ore 7.00 di ogni mattina, in tutto il Polo Oncologico, c'è una gran quantità di persone, arrivate anche da ogni parte del Centro-Sud d'Italia. Davanti alla porta di ingresso di uno dei Reparti, che verrà sacrificato per l'accorpamento con altri similari, staziona un certo numero di pazienti in attesa del ricovero.

Ammalati "specialissimi", così come tutti coloro che si devono avvalere delle cure in questione - già scadenzati sulla limitata ricettività oggi esistente - che si devono sottoporre ad interventi per l'asporto di parti ammalate in organi del proprio corpo. Credo quindi che si debba valutare preventivamente l'impatto di certe decisioni importanti ed esaminare prima quali siano le potenzialità sul territorio dei cosiddetti moduli abitativi medicalizzati (hospice) e quale sviluppo possa raggiungere un'efficace ospedalizzazione domiciliare.

Domenico Ciardulli

Speciale diritti

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