NEW del 21 ottobre 2006

 
     

Diritto d'autore e copyright : la finanziaria e la legge
riceviamo e rispondiamo

A partire da domani associazioni, comitati di quartiere, enti no profit, singoli cittadini potrebbero essere costretti a pagare un "obolo" alle associazioni degli editori per continuare a svolgere le loro attivita'. In base all'articolo 32 del capo IX del decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato gia' in vigore il 3 ottobre scorso.

La forma stessa del decreto indica una lesione al diritto di informazione e alla libertà di comunicazione in difformità al dettato costituzionale (art. 21). La finanziaria è forse servita anche a tutelare le lobby dell'editoria modificando per l'ennesima volta le norme diritto d'autore in senso peggiorativo, limitando il diritto dei cittadini alla realizzazione di rassegne stampa, e penalizzando le forme di uso libero e gratuito dell'informazione giornalistica a fini culturali.

Anche se l'attività è senza fini di lucro, umanitaria o ha una valenza socio-culturale, si devono versare comunque dei soldi. Soldi che per giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai giornalisti che hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la cessione dei loro diritti d'autore alle testate per cui lavorano.

La precedente formulazione dell'articolo 65, che condizionava le rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purchè si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato", secondo alcuni dava troppa libertà ai cittadini senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino sulle attività non-profit.

I cittadini sostengono già di tasca propria le imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge sull'editoria che premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a improbabili partiti e movimenti creati proprio allo scopo di fare profitti e lucrarci sopra, come ha documentato la recente inchiesta di "Report".

E' veramente una situazione preoccupante e ognuno di noi, in qualunque posizione si trovi, dovrebbe prendere una posizione forte in merito, decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.

Domenico Ciardulli

Risponde Rita Guma

La Sua lettera - come quella di ieri sulla questione - mi permette di chiarire alcuni aspetti di questo specifico tema e di quello ad esso correlato del diritto d'autore e di copyright, visto che l'Osservatorio si occupa del diritto fondamentale alla liberta' di espressione e di informazione.

In primo luogo le fara' piacere sapere che ieri sera la Commissione della Camera ha bocciato l'articolo 32 in questione, che pero' resta ancora in finanziaria ove il governo decida di sottoporla intergralmente alla fiducia. Tuttavia il collegato alla finanziaria va visto nel suo complesso, e l'art. 26 parla di limitazioni agli aiuti all'editoria, per cui il 32 appare come una forma di compensazione della ipotizzabile riduzione del sostegno agli editori, e non come arbitraria soprattassa. Temo che questo aspetto non sia stato rilevato dalla commissione che ha votato l'emendamento, o che sia stato dato maggior valore all'immagine presso il popolo del no-profit.

In secondo luogo, francamente l'articolo della Finanziaria non mi sembra una limitazione della liberta' di informazione, perche' basta linkare gli articoli dalle testate invece che copiarli e tutti si possono informare lo stesso, se lo scopo e' informare. Se invece e' utilizzare l'opera altrui per farsi pubblicita' attirando sul proprio sito chi cercava in rete informazioni su un dato argomento, oppure se lo scopo e' riempire in fretta con contenuti di qualita' il giornaletto autoprodotto, allora - ne convengo - l'effetto e' molto attenuato.

Peraltro oggi quasi tutti i giornali a stampa o sul web appongono il diritto di copyright in calce agli articoli e alcuni giornali chiedono il pagamento per articoli che invece troviamo gratis su siti che acquistano la password o che li ricavano dall'edizione stampata. Ma la legge - come lei stesso riporta - afferma che "possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata". E apporre una password o un diritto di riproduzione significa riservare espressamente la lettura di quei contenuti a chi paga per ottenerla. Ed anche la Corte di Cassazione - occupandosi di filmati della paytv - ha di recente sottolineato che i contenuti riservati ai paganti non possono essere divulgati gratis da altri.

Quanto ai giornalisti, essi si stavano gia' organizzando per chiedere una fetta dell'introito supplementare. Legalmente non so dargli torto, tuttavia lo scopo del governo era proprio compensare le mancate entrate degli editori, non diretto quindi alla tutela del diritto d'autore, ma a quella del copyright.

La liberta' d'informazione passa anche attraverso le entrate dei giornali che servono loro per sopravvivere e per pagare i giornalisti d'inchiesta che tutti apprezziamo e che hanno svelato tanti scandali. Crediamo forse che in caso di minori entrare l'editore rinunci al suo guadagno o che invece, avendo meno finanziamenti decidera' di sacrificare il buon giornalismo in favore di chi si fa pagare meno ma vale meno?

E qui arrivo al punto che e' frequentemente oggetto di controversia, con la pretesa da parte di associazioni o siti web di rendere fruibile a tutti gratuitamente cio' che oggi si paga come opera dell'ingegno.

Fare un giornale ha dei costi per pagare un giornalista, le sue spese di viaggio e soggiorno per una inchiesta, il resto del personale, le spese di stampa e spedizione, l'amministrazione, i locali, le strutture e cosi' via. Inoltre un imprenditore difficilmente investe solo per la gloria, a meno che non abbia secondi fini, come 'educare' l'elettorato in vista delle elezioni. Vogliamo lasciare il campo a costoro o pensiamo di mantenere pluralista l'informazione? I giornali di partito iperfinanziati (ma c'e' una proposta dell'Udeur di non finanziarli piu') non sono tutti i giornali, ma una minima parte. Quelli a grossa tiratura si pagano in edicola e con la pubblicita' fra le pagine o on line.

Anche un giornalista poi - come uno scrittore - deve pagare le bollette, l'affitto e il conto del salumiere. Se deve mantenersi con un altro lavoro fara' articoli meno documentati, inchieste inadeguate, non potra' controllare bene le fonti, perche' tutto cio' richiede tempo. E' nel nostro interesse pagare il diritto d'autore, e chi e' bravo piu' degli altri e' giusto che venga retribuito di piu'.

Perche' chi pretende di copiare il lavoro altrui gratis non se le fa da solo le inchieste e le interviste, in ogni angolo d'Italia, in ogni Paese sperduto del mondo, passando ore in biblioteca o in emeroteca? Perche' e' faticoso e costa. Quindi vuole essere libero di usare un lavoro altrui gratuitamente senza muovere un dito. Ma questa non e' liberta' di espressione, e' una furbizia che in breve si tradurrebbe nella morte dell'informazione di valore.

Peraltro il tanto abusato (in questi casi) art. 21, recita che "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione". La Costituzione parla di "proprio pensiero", non di quello altrui.

Se quindi chi scrive vuole far pagare il proprio pensiero e lavoro, e nell'equilibrio della domanda e dell'offerta trova chi lo paga, non si vede come possa dirsi un diritto usare gratis le sue idee, parole, inchieste, etc. E' invece la lesione di un diritto.

Se invece chi esprime il suo pensiero ne rende libero l'uso, come fa l'Osservatorio (che pero' rispetta il copyright), allora lo si puo' utilizzare gratuitamente, alle condizioni riportate dall'autore e/o editore.

Speciale libera informazione

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