NEW del 27 novembre 2006

 
     

Iraq : UE , collaborazione ma anche politica su armi e diritti
di Rico Guillermo

L'Iraq cerca una maggior collaborazione con l'Unione Europea e lamenta da un lato l'insostenibilita' della violenza quotidiana nel Paese e dall'altro che i media occidentali non abbiano dato adeguato risalto alle fosse comuni di Saddam Hussein rinvenute via via.

Sono i punti salienti dell'intervento della scorsa settimana tenuto presso la commissione esteri del parlamento europeo dal viceprimo ministro iracheno Barham Salih, preoccupato della revisione della politica statunitense ed europea nel Paese mediorientale travagliato dal conflitto.

Di fatto le richieste alla UE riguardano maggior collaborazione con l'Europa per aumentare la stabilita' in Iraq, una riduzione del debito e maggiori investimenti. Dall'altro canto il vicepremier ha sottolineato che le istituzioni irachene sono ora elettive e quindi sotto il profilo istituzionale la situazione non e' negativa come la si dipinge.

La risoluzione del Parlamento UE sulla collaborazione con l'Iraq varata nel luglio dell'anno scorso sollecitava l'importanza "di promuovere la riconciliazione nazionale", essenziale affinche' "gli Iracheni esercitino l'autorità completa ed il controllo sopra le risorse naturali del Paese" e garantire che il reddito derivante dal greggio raggiunga la popolazione.

A maggio il Parlamento UE ha pubblicato il suo rapporto annuale sui diritti dell'uomo intorno al mondo. Per l'Iraq ha notato "la preoccupazione circa gravi abusi sui diritti dell'uomo… incluso nelle prigioni irachene".

Il comitato di affari esteri del Parlamento giovedi' 23 novembre ha richiesto una esecuzione piu' dura del codice UE di comportamento sulle esportazioni di armi, che prevede l'embargo nei confronti dei Paesi dove i diritti umani sono a rischio o dove sono in atto guerre civili.

In febbraio i membri del Parlamento Europeo voteranno su un rapporto sulla lotta contro il terrorismo internazionale in cui si chiedera' un codice di comportamento esteso alle guardie private che lavorano nelle compagnie occidentali in Paesi stranieri. Cio' potrebbe essere cruciale perche' si ritiene che vi siano 20.000 operatori privati della sicurezza che attualmente lavorano in Iraq.

Salih ha anche incontrato il segretario generale della NATO, il quale ha sottolineato che tutti i membri dell'alleanza atlantica stanno contribuendo allo sforzo di addestramento in Irak o di Iracheni nel proprio Paese e sostenendone le spese. Otto paesi UE (Italia, Danimarca, Regno Unito, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Bulgaria e Repubblica ceca) hanno soldati o personale militare in Iraq come componente della forza multinazionale.

Speciale pace e diritti

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