NEW del 09 agosto 2006

 
 
       
 

Corte diritti dell'uomo condanna Italia su legge Pinto
di Gabriella Mira Marq

La Corte Europea per i diritti dell'uomo ha ieri condannato l'Italia per una insufficiente applicazione della legge Pinto, che stabilisce il risarcimento equo per il danno prodotto dalla lentezza dei processi. Il caso che ha originato la sentenza e' quello di tre napoletani, oggi anziani, la cui terra e' stata espropriata dalle autorita' nel marzo 1974.

A luglio 1977 i ricorrenti hanno contestato per via giudiziaria l'entita' del compenso. Nel 1990 un esperto ha valutato il valore di mercato della terra a 26.600 lire di allora per metro quadro, ma in conformita' con i test di verifica stabiliti dalla legge 359 del 1992, i ricorrenti hanno ricevuto circa la meta' di tale valore.

Il processo si e' concluso nel febbraio 2002, per cui i querelanti - a norma “della legge Pinto„ - hanno fatto ricorso per chiedere una compensazione per la lunghezza del procedimento. La Corte d'Appello ha riconosciuto che gli atti erano stati eccessivamente lunghi ed ha assegnato solo 3.500 euro a ciascun ricorrente per danni morali, oltre alle spese.

I malcapitati hanno allora portato il caso alla Corte dei diritti dell'uomo contando sul comma 1 dell'art. 6 (diritto ad un'udienza giusta in limiti di tempo ragionevoli) e lamentando la lunghezza eccessiva (24 anni per tre livelli di giurisdizione) e della entita' "ridicola" del risarcimento avuto dai tribunali italiani. Inoltre, contando sull'articolo 1 del protocollo 1 (protezione della proprietà), hanno protestato la modestia della compensazione ottenuta pre l'espropriazione e quindi la lesione del diritto al godimento pacifico dei propri possedimenti.

La Corte ha ribadito le critiche all'Italia sui ritardi nella gestione della giustizia ed ha stabilito che anzi si poteva parlare di circostanza aggravante nella violazione dell'art 6 comma 1,essendo intervenuta nel frattempo la legge Pinto, che avrebbe dovuto indurre una velocizzazione almeno dei processi piu' lunghi. I giudici europei hanno giudicato all'unanimita' che c'era stata una tale violazione.

La corte ha poi considerato che l'interferenza con il diritto dei candidati al godimento pacifico dei loro possessi era stata prevista per perseguire l'interesse pubblico, ma notato che la compensazione ricevuta dagli appellanti era stata sostanzialmente inferiore al valore di mercato della terra in questione e che non c'era giustificazione di motivi di legittimo pubblico interesse.

Di conseguenza, il tribunale ha giudicato all'unanimita' che c'era stata una violazione dell'articolo 1 del prot. 1. Per una giusta soddisfazione, la Corte ha assegnato ai candidati 600.000 euro per danni figurati, 24.500 euro per danni morali e 25.000 euro per i costi e le spese.

Speciale diritti umani

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