NEW 01 giugno 2005

RASSEGNA STAMPA
 
     

Inviti all'astensione e reati: una analisi
di Ubaldo Nannucci*

Il vivace dibattito sul diritto e sugli inviti all'astensione nella prossima consultazione referendaria ha lasciato in ombra un aspetto relativa alla a questo tema che per una migliore informazione meriterebbe di essere considerato.

Esistono difatti nel nostro ordinamento delle norme che pongono limiti e fissano criteri in ordine a quanto sia lecito o non lecito compiere al fine di indirizzare gli elettori chiamati al voto, o anche di distoglierli dal voto.

In materia di elezioni alla Camera dei deputati dispone la legge - articolo 98 DPR 30 marzo 1957 n. 361 - che "il pubblico ufficiale, l'incaricato di pubblica necessità il ministro di un qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere e funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse si adopera,ad indurli all'astensione è punito con la reclusione".

Norma pressoché identica si trova nel dpr 16 maggio 1960 n. 570 in materia di elezione degli organi delle elezioni comunali. Si può quindi ritenere che queste disposizioni corrispondono ad un principio generale dell'ordinamento dello Stato. Codeste disposizioni si applicano anche alla materia del referendum, in forza del richiamo effettuato dall'articolo 51 L. 25 maggio 1970 n. 352.

In occasione di precedenti referendum il problema dell'invito all'astensione si è posto all'attenzione della Corte di Cassazione, in particolare con riguardo ad iniziative assunte da ministri del culto, la quale ha escluso la sussistenza del reato in base all'argomento che la nozione di abuso non andrebbe valutata secondo l'ordinamento italiano, bensì secondo quello canonico.

L'argomento desta sorpresa, poiché le norme concordatarie non implicano automatica recezione come legge dello Stato dell'ordinamento canonico come tale, e perché in materia di diritti politici e civili lo Stato non può rinunciare a stigmatizzare i comportamenti di chi interferisca con codesti diritti.

Ora appunto il diritto di voto è, oltre che un diritto, un dovere civico, come espressamente lo definisce la Costituzione; ciò significa che l'astensione configura pur sempre un comportamento costituzionalmente deprecabile, anche se per ragioni politiche non sanzionato.

La espressione del voto è la principale manifestazione di quel diritto di partecipazione all'organizzazione politica economica e sociale del paese che costituisce uno dei fondamentali obiettivi dello Stato costituzionale, come recita l'articolo 3. Sarebbe d'altro canto singolare che l'invito all'?astensione fosse lecito, ove in ipotesi provenisse da ministri di altre religioni che vietassero il voto alle donne.

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Nostra nota: L. 25 maggio 1970, n. 352. Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo. TITOLO V

Disposizioni finali Articolo 50. Per tutto ciò che non è disciplinato nella presente legge si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 nonché, per i cittadini italiani residenti all'estero, le disposizioni della legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.

Articolo 51. Le disposizioni penali, contenute nel Titolo VII del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, si applicano anche con riferimento alle disposizioni della presente legge. Le sanzioni previste dagli articoli 96, 97 e 98 del suddetto testo unico si applicano anche quando i fatti negli articoli stessi contemplati riguardino le firme per richiesta di referendum o per proposte di leggi, o voti o astensioni di voto relativamente ai referendum disciplinati nei Titoli I, II e III della presente legge. Le sanzioni previste dall'articolo 103 del suddetto testo unico si applicano anche quando i fatti previsti nell'articolo medesimo riguardino espressioni di voto relative all'oggetto del referendum.

* procuratore capo di Firenze, stralcio da un articolo scritto per la Nazione, maggio 2005


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