NOTIZIARIO del 18 febbraio 2005

 
     

Primarie e referendum : i partiti li temono
di Rodolfo Roselli

Da quando, nella politica italiana, ha fatto irruzione il termine "elezioni primarie", anche se del tutto imprecisato, i partiti ed i loro funzionari/candidabili , sono entrati in uno stato di preoccupata agitazione. Dopo i risultati concreti nel Lazio e in Puglia, ove sono stati fatti i primi esperimenti pubblici, l'agitazione è cresciuta.

La ragione è molto semplice, i partiti si sono accorti che gli elettori non gradiscono i candidati da loro imposti e, quando possono, ne scelgono altri. E la preoccupazione è più che giustificata, se i candidati non provengono dai partiti, ma devono essere grati, se eletti, solo al popolo che li ha scelti. Come possono poi essere ricattati dai partiti ? Come possono curare esclusivamente le voglie delle segreterie e non i legittimi interessi di coloro che rappresentano ? Come possono infiltrare in tutte le istituzioni le loro "quinte colonne" fidate, per trarre il massimo vantaggio dai finanziamenti, dagli appalti, etc.? Come possono perpetuare quelle dinastie che,accanto ai professionisti raccattatori delle tessere, vi sono i figli, i nipoti, gli amici che devono, senza discussione, essere i naturali eredi del capo politico ?

L'agitazione, come sempre, porta anche allo smarrimento della logica, e così i partiti non sanno più che fare. Da una parte tentano di far passare per elezioni primarie, quel che non sono, tanto per darla a intendere ai soliti gonzi, per altra parte , nonostante annacquino il loro significato con regole, regolette , e altre imbecillità, poi si accorgono che non potendo evitare di richiedere un parere alla gente, si trovano comunque spiazzati. E allora tentano , come al solito, accordi sotto banco, intimidazioni, tentativi di fare tutto in famiglia alla chetichella e, quando proprio non vedono alcuna speranza, rinunciano alle elezioni primarie,per non rischiare il peggio, in un modo così clamoroso, da evidenziare anche ai ciechi , che razza d'imbroglio tentavano di rifilarci.

Tutto questo è avvenuto recentemente anche a Viterbo. I partiti che fanno capo all'Unione (ex Ulivo) avevano, incautamente, deciso d'indire elezioni primarie per la scelta del candidato per le elezioni provinciali e, le consultazioni ,avrebbe dovuto svolgersi il 13.2.2005. Il voto è stato però annullato all'ultimo momento, perché il candidato ulivista Enrico Panunzi avrebbe rischiato di perdere, contro Antonio Filippi, sostenuto dalla sinistra radicale, ma soprattutto perché, inaspettatamente, aveva raccolto un numero di firme preliminari, superiori all'altro candidato. Il giochino si è rotto, e allora niente più elezioni primarie. Oltre tutto, aveva impressionato il fatto che, alla sola possibilità di partecipare alle elezioni primarie, gli elettori avevano risposto con entusiasmo, e in un numero assolutamente imprevisto. Un trionfo del popolo, che non poteva essere permesso.

La cosa ancor più incredibile, è che Viterbo, da sempre collegio di sinistra, era stato recentemente conquistato dalla destra, e un consenso popolare così massiccio "rischiava", per il centrosinistra, di far perdere la destra. Cose da non credersi ! Ma in questa cosiddetta Unione, le lotte intestine, sono più importanti delle rivincite politiche. Da notare che qui, non si trattava di favorire, come in Puglia, un bertinottiano, ma semplicemente un diessino che, però, apparteneva alla minoranza interna. Quindi elezioni primarie no, perché contro i piani da tempo stabiliti dai partiti. Queste primarie non erano primarie aperte, cioè aperte a tutti coloro che volessero candidarsi alla guida della Provincia, ma primarie di partito, furbescamente condizionate da molte rergolette, che costituivamno un percorso di guerra, per chiunque avesse avuto l'ingenuità di volersi candidare. Un regolamento fatto su misura e approvato da tutti i partitini dell'Unione.

Le regole più importanti erano :

  • 1- per presentarsi occorreva raccogliere 600 firme in almeno dieci comuni della Provincia.
  • 2- Le firme erano valide solo se gli elettori erano disposti a sottoscrivere, a scatola chiusa, il programma dell'Unione
  • 3- Il giorno fissato per la presentazione delle candidature era il 27 gennaio, e il voto il 13 febbraio.

Quindi l'elettore non doveva scegliere una persona, ma doveva scegliere e confermare il programma del partito, il nome era una cosa secondaria (anzi credevano scontata), che poi il garante di quel programma, fosse Topolino o Gamba di Legno, era del tutto irrilevante. Inoltre gli elettori designatori erano chiaramente gli attivisti di partito, non la gente comune. Nonostante tutte queste precauzioni, e la speranza dunque di assistere alla pura formalità di riconferma della scelta di Enrico Panunzi, disgraziatamente, anche gli attivisti di partito hanno preso la cosa sul serio e, allora , i candidati, sono diventati tre, Enrico Panunzi, Antonio Filippi e Antonio Zezza. Nonostante l'appoggio massiccio dei partitini dell'Unione, il predestinato ha raccolto 4500 firme, Antonio Filippi 4700.

Scandalo, perché non erano previste primarie con tre candidati, scandalo perché doveva vincere tranquillamente il predestinato. Bisognava trovare il modo di annullare le primarie, e allora la manovra è cominciata. Per prima cosa facendo rinunciare "per motivi personali" al predestinato Enrico Panunzi, che ormai aveva capito come sarebbe andata a finire, poi sono state fatte pressioni sull'altro candidato Antonio Zezza, che ha dovuto rinunciare con questa sua frase "stendiamo un velo pietoso" e infine, hanno imposto ad Antonio Filippi di rinunciare, lasciandolo solo e infatti, giustamente ha dichiarato "non potevo correre da solo".

E così basta primarie, si decide nel partito , come sempre! E gli elettori subiscano le nostra sacrosante scelte. Questa è la poco edificante storia di elezioni primarie, tristi, ridicole, negazione della democrazia. Un giorno arriveranno al traguardo le primarie aperte a tutti gli elettori, e allora saranno guai seri sia per i partiti, sia per tutti coloro che oggi hanno creato una struttura inossidabile del loro potere, sia per coloro che tremano al solo pensiero di cambi epocali. Cambiamenti epocali che non solo non lo sono, ma che, da decenni, sono attuati altrove, e quindi sarebbe più giusto chiamarli cambiamenti, per una restaurazione della ragione.

Ad esempio la Svizzera, non ha un capo dello stato, e quindi niente codazzo di una struttura burocratica che ci costa centinaia di miliardi di lire, perché la presidenza è collegiale e ogni membro di un Consiglio esercita a turno tale funzione. Non ha un governo e non ha un presidente del consiglio, perché un Consiglio Federativo, composto di sette persone, svolge quella funzione. Non ha una opposizione, perché tutti i quattro partiti maggiori, siedono insieme nel Consiglio,non è una repubblica parlamentare, perché il potere legislativo è esercitato congiuntamente dalle Camere e dal popolo, e solo al popolo, pensate un po', spetta il diritto di approvare o respingere con referendum , le leggi federali e, a livello locale, quelle cantonali.

Indire un referendum non è drammatico e costoso come da noi, e tutto viene fatto per agevolarlo e non per ostacolarlo, o peggio, per mandare i cittadini al mare. Per promuovere un referendum bastano 50.000 firme, raccolte entro 100 giorni dalla promulgazione della legge in questione. Queste norme che per noi sembrano lunari e addirittura inimmaginabili, sono applicate da 130 anni in Svizzera, i referendum sono stati circa 500, e il successo di questo sistema di consultazione è andato crescendo nel tempo. Negli ultimi 50 anni se ne facevano in media circa 6 all'anno, dal 2000 al 2004 se ne sono fatti 11 all'anno.

I referendum non hanno trattato temi di poco conto, ma fondamentali per la vita del paese, e su questi temi, democraticamente, l'ultima parola è stata data sempre al popolo. E così sono stati votati i provvedimenti sul suffragio femminile, sull'aborto, sulla liberalizzazione del mercato elettrico, sull'adesione all'area economica europea,(a noi nessuno ha chiesto se volevamo o no l'euro), sull'orario di lavoro, sull'acquisto di aerei militari,sul traffico autostradale, sulla riduzione delle forze armate,sulla creazione di nuovi cantoni, sui diritti per i disabili, sulle limitazioni domenicali del traffico automobilistico, sull'istituzione di una nuova festa nazionale, e anche su questioni, che per noi , sarebbero di secondaria importanza.

In alcuni casi, sullo stesso referendum, hanno votato più volte, a distanza di qualche anno, per richiedere, senza sondaggi cretini, una decisione dei cittadini. Ad esempio la legge sul voto femminile è stata bocciata nel 1959, e poi approvata nel 1970. Non possono esistere manovre di boicottaggio dei referendum contando sul quorum, perché ,giustamente, il quorum non esiste, chi va a votare è libero di giudicare personalmente se vale la pena e, se ne interessato, e qualsiasi maggioranza è valida. Così di fa amici italiani,in democrazia!

E la Svizzera, con queste regole, non è nel caos, perché le leggi, prima di essere proposte e proprio perché rischierebbero , se fatte da imbecilli, di essere bocciate dal popolo, sono attentamente vagliate e misurate alle reali attese della popolazione. Infatti di tutte le leggi proposte negli ultimi 45 anni , solo il 25% è stato respinto, il che vuol dire che i governanti hanno un reale rispetto dell'opinione pubblica. Che abisso, con noi ! I partiti si guardano bene dal boicottarsi tra loro, perché il timore dei referendum li spinge a preferire un ragionevole compromesso dettato più dal buon senso che dagli interessi delle lobby.

Abbiamo quindi come vicino di casa uno Stato ove esiste il trionfo della democrazia, ove la democrazia diretta è uno degli strumenti più importanti di governo, ove è il popolo che dice l'ultima parola, ove è il popolo sovrano che controlla tutto quello che i partiti fanno. Nessuno sostiene che questa sia una formula perfetta da imitare, tutto è perfettibile, ma partire da un tale esempio vissuto da decenni, sarebbe un atto d'intelligenza politica. E noi, invece, stiamo ancora combattendo duramente per avere uno straccio di primarie aperte, per avere il referendum propositivo, e al solo nome di primarie i partiti se la fanno sotto!

*intervento su Radio Gamma 5 del 15.2.2005

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