NEW del 07 ottobre 2005

 
 
       
 

USA : caso CIA , giustizia favorisce consigliere di Bush ?
di
Rico Guillermo

Era fra i piu' quotati come candidato alle prossime presidenziali americane, ma per ora e' coinvolto in un processo come sospettato di aver rivelato l'identita' di un agente della CIA, reato punito col carcere negli Stati Uniti.

Si tratta di Karl Rove, il miglior consigliere del presidente USA George W. Bush, che testimoniera' per la quarta volta davanti agli investigatori incaricati dell'inchiesta prima del Gran Giuri' federale e - secondo gli esperti legali - potrebbe non riuscire ad evitare la grave accusa. Per il momento pero', dicono i suoi avvocati, sta collaborando volontariamente con il procuratore speciale Fitzgerald e non ci sono inviti a comparire o accuse contro di lui.

Il codice legale USA non permette che i procuratori ascoltino i testimoni prima del Gran Giuri' se vi e' una possibilita' di incriminazioni future, a meno che ai testimoni sia comunicato in anticipo che la loro testimonianza puo' essere usata contro di loro in un atto d'accusa successivo. Alcuni esperti legali hanno sollevato dubbi sulla correttezza del procedimento e sospettano che si tratti di un favoritismo nei confronti del consigliere presidenziale.

Il collaboratore di Dick Cheney, Lewis "Scooter" Libby e lo stesso Rove rischiano infatti una formale incriminazione per aver rivelato l'identita' dell'agente CIA Valery Plame e non risulta che Rove sia stato avvertito a norma di legge. Peraltro la testimonianza prima del Gran Giuri' non prevede la presenza del difensore, e per questo in genere la maggior parte degli avvocati la sconsiglia.

Il presidente Bush aveva dichiarato dopo lo scandalo che chiunque alla Casa Bianca avesse fatto le rivelazioni sarebbe stato licenziato, ma vi era stato qualche tentennamento quando si era saputo che il suo principale consigliere era in qualche modo coinvolto nella vicenda.

Gli inquirenti infatti avevano acquisito la prova di una e-mail con cui un funzionario dell'intelligence della Casa Bianca aveva saputo che Karl Rove aveva parlato al giornalista del ruolo segreto di Valerie Plame. Inoltre il reporter Mattew Cooper aveva ammesso che in una telefonata del 2003 con Rove per la prima volta senti' dire che la donna era un funzionario della CIA.

Rove invece aveva dichiarato davanti ad un gran giuri' lo scorso anno di aver appreso del lavoro di Plame alla CIA dai giornalisti, non da fonti di governo. E' possibile che il tentativo sia quello di aggirare l'incriminazione con la scusa che Rove pensava di star citando un pettegolezzo e non stava fornendo un'informazione riservata oppure quello di invocare le testimonianze preventive per giustificare una mancata incriminazione.

L'inquirente incaricato del caso e' stato invece molto severo con la giornalista del New York Times Judith Miller, incarcerata per ostacolo alla giustizia per essersi attenuta al segreto sulle fonti, e con il suo collega Cooper, minacciato di prigione ove non avesse parlato. Miller e' stata liberata dopo tre mesi, avendo accettato di collaborare perche' la sua fonte l'aveva personalmente e volontariamente liberata dall'impegno.

Quanto alla vittima delle rivelazioni, Valery Plame, suo marito, l'ex ambasciatore Wilson, aveva criticato sui media l'amministrazione Bush per la vicenda delle false armi di distruzione di massa in Iraq, quindi probabilmente il fatto che la rivelazione della sua identita' di spia ne abbia messo a repentaglio la vita passa in secondo piano...

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