NEW del 05 ottobre 2005

 
     

Legittima difesa : giuristi preoccupati per progetto modifica
di giuristi

Analisi sottoscritta da numerosi docenti di diritto e procedura penale sul progetto di legge in materia di legittima difesa. Il documento è già stato inviato alla Commissione Giustizia della Camera (ndr).

A seguito dell'approvazione in Senato del disegno di legge n.1899 in tema di legittima difesa, i sottoscritti docenti di diritto e procedura penale ritengono indispensabile e urgente informare la pubblica opinione della reale portata della riforma proposta e fanno appello, nel contempo, agli onorevoli deputati, perché sia scongiurata la definitiva approvazione del disegno di legge varato dall'aula del Senato.

L'art.52 del codice penale, nel testo attualmente vigente, stabilisce che non è punibile chi commette un qualsiasi fatto costituente reato quando vi è "costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa".

Il Senato ha approvato l'inserimento nell'art. 52 del codice penale dei seguenti commi aggiuntivi: "Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma (violazione di domicilio, n.d.r.), sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.". Appare subito evidente che l'innovazione proposta non ha in nessun modo l'effetto di "ampliare" i limiti di principio della legittima difesa. E' infatti assolutamente pacifico che l'attuale normativa consenta la difesa, non solo dell'incolumità personale, ma anche dei beni patrimoniali, propri o altrui e, altrettanto sicuramente, del diritto all'inviolabilità del domicilio.

Si aggiunga che l'art. 59 del vigente codice penale estende la non punibilità anche ai casi in cui chi agisce per difendersi creda solo per errore di essere aggredito nella persona o nei beni, e che l'art.55 dello stesso codice prevede una marcata attenuazione della responsabilità per chi ecceda colposamente nella legittima difesa da un'aggressione, reale o supposta, cagionando, senza averne l'intenzione, un danno maggiore del necessario.

La norma approvata dal Senato introduce però la presunzione che la reazione dell'aggredito sia sempre e comunque proporzionata all'offesa minacciata, quando il fatto avvenga nel domicilio dell'aggredito o nel suo luogo di lavoro. Ciò nell' intento di sottrarre al giudice, limitatamente a questi casi, la valutazione della proporzione tra offesa e difesa e di ridurre, conseguentemente, tempi e modalità di accertamento dei fatti. E' però del tutto irragionevole equiparare comportamenti assai diversi fra loro, solo perché avvenuti in un determinato luogo.

Anche a casa propria, si può reagire a un'interferenza in modo appropriato, oppure in modo manifestamente eccessivo. Non si può trattare allo stesso modo chi neutralizza un rapinatore armato, chi spara freddamente a un ladruncolo sorpreso a rubare nell'orto e chi coglie una buona occasione per sbarazzarsi dell'ex moglie infuriata, che si è introdotta in casa e gli sta sfasciando i mobili!

Costituisce, d'altra parte, una pura illusione - per non dire una mistificazione - l'idea che all'innovazione legislativa proposta possa conseguire l'eliminazione, o la significativa riduzione, delle sofferenze che causa all'aggredito il "normale" iter processuale che consegue all'emergere di una caso di possibile difesa legittima. E', infatti, evidente che in nessun caso si potrà prescindere dall'accertamento delle concrete circostanze in cui si è svolto il fatto (su cui, fra l'altro, potranno esserci versioni differenti da parte dei protagonisti e degli eventuali spettatori).

Se qualcuno è stato ucciso o ferito, bisognerà sempre accertare le cause della morte o delle lesioni e il movente dell'azione, stabilire dove esattamente il fatto è avvenuto, e con quali modalità; se (come prevede la stessa norma approvata dal Senato) la persona che ha commesso il fatto era legittimamente presente sul posto, se deteneva legittimamente l'arma, se non vi fosse stata desistenza, se vi era stato pericolo di aggressione.

Ma anche, aggiungiamo noi, se il corpo dell' eventuale vittima sia stato spostato, se l'aggressore non sia stato attirato di proposito sul luogo del fatto, ecc. Tutti accertamenti, questi, che richiedono esami testimoniali, perizie, consulenze, ispezioni del luoghi, e così via, con l'inevitabile corredo di informazioni di garanzia, nomina di difensori, ecc: atti, cioè, di carattere e di competenza prettamente giurisdizionale, almeno in uno Stato di diritto.

In realtà, disposizioni come quella approvata dal Senato rappresentano solo un arretramento a leggi di tipo casistico, come le "gride" di manzoniana memoria, annullando il progresso insito nel carattere generale e astratto della legge, proprio del diritto moderno. Esse, da un lato, mediante il ricorso alla "presunzione", mortificano in via di principio il ruolo del giudice; dall'altro, aprono la strada a inevitabili controversie applicative.

Basti pensare, per fare un esempio banale, ai problemi che potrebbero nascere nei casi di liti violente fra vicini di casa! Ma ben più grave, dal punto di vista ideologico, è l'implicita affermazione di principio che, in casa propria - o, peggio, sulla soglia della propria bottega - tutto sia lecito.

Dal punto di vista politico-criminale, un solo effetto sarebbe certo: la rincorsa al possesso più o meno legittimo di armi da parte delle categorie e dei ceti più esposti, e la conseguente maggiore aggressività di una delinquenza, già di per sé ben agguerrita, consapevole dell'accresciuta aggressività "difensiva" delle potenziali vittime. La cronaca recente fornisce, a questo riguardo, esempi molto significativi. Nè ci vuole molta fantasia per immaginare l'instaurarsi di prassi malavitose, che vedano aumentare gli agguati predisposti attirando il proprio nemico in casa propria.

E' per questi motivi che i sottoscritti ritengono ormai indifferibile una forte mobilitazione contro riforme legislative, in cui non si sa dove finisca l'analfabetismo giuridico e dove inizi la malafede; e ritengono, per intanto, loro preciso dovere quello di sollecitare la più severa e vigile attenzione degli onorevoli componenti della Camera dei Deputati, nonché della pubblica opinione, perché sia bloccato l'iter parlamentare della ennesima disposizione di pura facciata - ma quanto mai pericolosa per la coerenza e la civiltà del sistema giuridico - con cui, in mancanza di meglio, si va alla ricerca di un facile consenso presso un'opinione pubblica disorientata e assai scarsamente informata.

(seguono le firme di 53 docenti di diritto penale di diversi atenei italiani).

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