NEW del 08 giugno 2005

 
     

Armamenti : USA e Italia ai primi posti per spesa e per produzione
di Gabriella Mira Marq

L'Italia e' il settimo Paese al mondo per spese nel settore militare, prima di Russia e Israele e dopo USA, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Cina e Germania. Lo afferma il rapporto su "Armamenti, disarmo e sicurezza internazionale" dell'Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace. Secondo il dossier, che analizza il 2004, l'Italia investe in armi 27,8 miliardi di dollari.

Le spese militari dei 15 Paesi piu' industrializzati sono aumentate del 6% rispetto al 2003, raggiungendo 1.035 miliardi di dollari, e sono in continua ascesa. Quasi il 50% della spesa viene attribuita agli Stati Uniti. La spesa militare degli Stati del Medio Oriente e' alta e mostra una tendenza ad aumentare dal 1996.

Per quanto riguarda la produzione, le 100 maggiori industrie del mondo hanno aumentato le vendite di armi del 25%. Di queste, 38 sono statunitensi, ed una sola canadese, mentre le 42 imprese europee (comprese le 6 russe) si accreditano per un 30% delle vendite. C'e' pero' una tendenza alla concentrazione delle imprese del settore. Nel 2004 il rapporto cita solo due grosse operazioni di accorpamento (importo maggiore ad 1 miliardo di dollari), ed una di esse riguarda l'italiana Finmeccanica con l'azienda di produzione di elicotteri Agusta.

A livello internazionale non ci si preoccupa pero' delle armi convenzionali, ma solo degli sviluppi relativi alle armi di distruzione di massa. Inoltre, evidenziano i ricercatori, gran parte della discussione corrente sulla costruzione della pace avviene ad alto livello, ma le esperienze operative portano a concludere che la costruzione della pace viene a mancare invece al microlivello, nel contenuto e nella modalita' delle riforme delle leggi economiche, sociali, politiche e sulla sicurezza.

Peraltro, anche al macrolivello, le guerre internazionali non sono state gestite in modo multilaterale e trasparente per garantire la stabilita' postbellica, magari per una carenza parlamentare, come per i conflitti dell'Afghanistan (2002) e dell'Iraq (2003).

Il rapporto evidenzia che nel 2004 la gestione del conflitto iracheno ha richiesto una maggior forza lavoro ed una piu' avanzata tecnologia nel settore degli armamenti ed ha messo in evidenza che i conflitti lunghi sono quelli che determinano un numero piu' grande di morti, di incidenti e di sofferenze.

Peraltro la loro caratteristica di essere datate o ricorrenti, tende a renderle meno visibili a livello internazionale. Il rapporto suggerisce di considerare la possibilita' di dare maggior enfasi a questi conflitti che travagliano interi Paesi da anni.

Secondo i ricercatori dell'Istituto, "oggi il mondo non puo' essere sicuro se non c'e' sicurezza per tutti, ma gli eventi degli ultimi anni hanno fatto poco per portare ad una soluzione globale", ed occorrerebbe agire a tal fine in sede ONU; come suggerito dallo stesso segretario generale Kofi Annan.

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