NEW del 10 maggio 2005

 
     

Costa D'Avorio : processo di pace lento , a rischio diritti umani
di Carla Amato

Il processo di pace in Costa D'Avorio ha subito un nuovo strappo nel finesettimana, quando il governo ed i ribelli hanno concluso i colloqui sul disarmo senza mettersi d'accordo su una data in cui i ribelli cedano le armi. Secondo i capi dei ribelli, che affermano di non voler essere presi in giro, i gruppi della milizia filogovernativa devono essere i primi ad essere smantellati.

In base ai termini dei colloqui di pace tenutisi a Pretoria - capitale sudafricana - il mese scorso, i ribelli e le milizie pro-governo che agiscono nella parte occidentale del Paese, devono dismettere le armi prima della creazione di un esercito nazionale unico che includera' membri di entrambe, e comunque entro il 31 luglio, in vista delle elezioni presidenziali di ottobre.

Ma il capodelegazione ribelle Louis Andrč Dacoury Tabley ha detto ai giornalisti domenica che gli insorti non consegneranno le armi fino a che il presidente Laurent Gbagbo non dara' loro soddisfazione sul piano politico. In questi ultimi due anni, diverse date sono state fissate pre l'inizio del disarmo, ma senza esito proprio per la diffidenza nel governo.

I ribelli avevano ottenuto rapidamente il controllo del nord del Paese, immerso nella guerra civile, nel mese di settembre del 2002 e lo hanno tenuto da allora. L'amministrazione Gbagbo, che ha il suo quartier generale ad Abidjan, ha saldamente sotto controllo il sud, che produce la maggior parte delle esportazioni di cacao e di caffe' del Paese.

L'accordo di Pretoria e' stato firmato dal presidente Gbagbo e il leader ribelle Guillaume Soro il 6 aprile dopo tre giorni di colloqui mediati dal presidente sudafricano Thabo Mbeki. Gbagbo e Soro erano d'accordo su una cessazione immediata e definitiva delle ostilita', ma da allora vi sono state nuove violenze: a fine aprile sono stati uccise 35 persone e 10.000 sono fuggite dalle loro case, secondo le autorita' comunali locali, e si rifiutano di tornare.

Un blocco importante alla pace e' stato invece rimosso la settimana scorsa, quando Gbagbo - sotto la pressione internazionale - ha accettato di sottoscrivere il decreto con il quale il suo rivale principale, Alassane Ouattara, potra' candidarsi nell'elezione presidenziale di ottobre. Ouattara, un ex primo ministro che vive in esilio a Parigi, e' sostenuto dal movimento ribelle e si riconosce nel partito repubblicano, che e' il secondo pių grande gruppo di opposizione in Parlamento.

Ouattara e' un musulmano oriėginario del Nord ed era stato scartato dalle elezioni dalla Corte Suprema nel 2000 per "difetto di nazionalita", a norma della Costituzione. Tuttavia il presidente della repubblica "ha deciso a titolo eccezionale ed unicamente per l'elezione presidenziale dell'ottobre 2005, che i candidati presenti fra le parti firmatarie degli accordi di Marcoussis siano eleggibili".

Ma i ribelli rimangono prudenti e sul campo le tesnioni etniche e politiche restano cosi' forti che alcune associazioni per i diritti dell'uomo hanno chiesto all'ONU di aumentare la consistenza della loro forza di peacekeeping - che conta oggi 10.000 uomini - al rinnovo del mandato il 4 giugno. L'Osservatorio internazionale dei diritti umani ha lanciato un allarme sul fatto che "gli attacchi contro i civili potrebbero generare una spirale improvvisa di violazioni dei diritti dell'uomo che sarebbero difficili da controllare".

Le ONG di volontariato che portano aiuti umanitari alle fasce deboli della popolazione hanno invece messo in evidenza che i donatori, incerti per la situazione di "non-guerra, non-pace", hanno interrotto il flusso dei fondi, per cui i progetti iniziati, molti dei quali riguardano bambini, rischiano di non poter essere portati a compimento.

Speciale pace e diritti umani


by www.osservatoriosullalegalita.org

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