NOTIZIARIO del 11 gennaio 2005

 
     

La politica e la legge : il mio giudice e' un animale di partito
dall'Economist, traduz. di Giulia Alliani

La democrazia rappresentativa batte l'indipendenza del giudice.

Quando infine George Bush dovra' nominare un giudice della Corte Suprema, verranno dette un mucchio di stupidaggini da entrambe le opposte fazioni politiche americane su due argomenti: se l'interessato rifletta la nazione nel suo insieme e se stia tenendo nascoste le sue opinioni politiche.

Ma che cosa accade quando si cerca di fare in modo che i giudici rappresentino gli elettori e dichiarino le loro opinioni politiche? Nove giudici americani su dieci sono per l'elezione. La teoria e' meravigliosamente democratica: se coloro che fanno le leggi vengono eletti, perche' non dovrebbero esserlo anche coloro che le interpretano?

Eppure, sempre piu' spesso, questa teoria viene a trovarsi in conflitto con l'idea che i giudici dovrebbero essere imparziali.

Fino a non molto tempo fa era proibito ai candidati giudici parlare molto, temendo che potessero sorgere in seguito dei problemi sull'indipendenza del tribunale. I conservatori si sono sempre scatenati dicendo che certi freni hanno permesso ai "giudici attivisti" di tenere nascoste le loro opinioni su questioni come l'aborto, e aggiungono che certe restrizioni limitano il diritto alla libera espressione.

A favore di questo punto si e' espressa la Corte Suprema nel 2002: in Partito Repubblicano del Minnesota contro White, la Corte ha bocciato, nella parte riferita alle dichiarazioni dei giudici, una legge del Minnesota che proibiva ai candidati giudici di rendere note le loro opinioni su questioni dibattute.

La cosiddetta decisione White non manchera' di rendere piu' rapida la politicizzazione delle elezioni dei giudici. Gia' ora, in alcuni stati, non e' raro che gli aspiranti giudici si facciano pubblicita' negli spot radiofonici vantando, per esempio, la loro opposizione ai matrimoni gay, oppure il loro punto di vista sulla riforma della legge sul danno.

Sono a rischio anche le regole che impediscono ai candidati di cercare appoggio in gruppi esterni, impegnandosi in incontri a scopo raccolta fondi e, cosa piu' grave, dichiarandosi "Repubblicano" o "Democratico". Il Minnesota e' uno dei 19 stati in cui si tengono elezioni di magistrati non legate a partiti (in parte allo scopo di impedire ai giudici di restare intrappolati nelle macchine raccogli-soldi dei partiti).

Nelle elezioni dei giudici le lotte Repubblicani/Democratici tendono ad essere piu'costose e bellicose delle sfide apartitiche. L'eliminazione della regola che impedisce il fundraising diretto avrebbe importanti conseguenze.

Attualmente la maggior parte dei giudici deve raccogliere i fondi in modo "cieco", attraverso comitati che non riferiscono i nomi dei donatori. Permettere all'aspirante giudice di guardare negli occhi chi lo sovvenziona, mentre esprime le proprie convinzioni su vari argomenti, potrebbe dare la pericolosa idea di un giudice che vende il proprio impegno.

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Speciale Giustizia


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