NOTIZIARIO del 30 luglio 2004

 
     

Libia : OSCE e Amnesty , no a pena di morte per sei
di red

Ancora in sospeso la vicenda degli operatori umanitari, 5 Bulgari ed un Palestinese, condannati a morte in Libia il 6 maggio scorso. Il 4 luglio l'OSCE aveva lanciato un appello perche' l'esecuzione fosse sospesa ed anche Amnesty International chiede di commutare la pena , sottolineando che i sei hanno lamentato torture e maltrattamenti.

I sei, Kristiana Malinova Valcheva, Nasya Stojcheva Nenova, Valentina Manolova Siropulo, Valya Georgieva Chervenyashka, Snezhanka Ivanova Dimitrova, infermieri, ed Ashraf Ahmad Jum'a, medico, sono accusati di aver contagiato 426 bambini con il virus dell’HIV mentre lavoravano all’Ospedale Pediatrico al Fateh di Benghazi, iniettando loro prodotti contaminati.

L'assemblea parlamentare dell'OSCE (l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) approvo' il 7 luglio una risoluzione in cui si appellava alla Libia, ed il presidente dell'assemblea, il britannico Bruce George, dichiaro' che sperava nell'intervento dello stesso Gheddafi per impedire l'esecuzione di persone che si dichiarano innocenti, non colpevolezza di cui sono convinti anche diversi altri medici.

I sei hanno presentato appello. Nel frattempo interviene anche Amnesty International, denunciando che i sei hanno riferito di essere stati torturati allo scopo di estorcere loro delle confessioni.

Amnesty International chiede anche "che le condanne a morte vengano immediatamente commutate e che venga annunciata una moratoria sulle esecuzioni, in linea con quanto richiesto dalla Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite a tutti gli Stati che applicano ancora la pena di morte."

L'organizzazione umanitaria rileva che "dal 1998 nessun passo concreto sembra essere stato fatto verso l’abolizione della pena di morte in Libia" e ritiene troppo ampia l'applicazione di questa sanzione nella bozza di codice penale attualmente in discussione, persino per atti che costituiscono l'esercizio del diritto alla liberta' di espressione e di associazione.

Amnesty International chiede inoltre alle autorità di Tripoli "di porre fine alla pratica della detenzione in isolamento e senza possibilita' di contattare avvocati e familiari, che viola apertamente le leggi del Paese: e' durante questo periodo che i prigionieri corrono il piu' alto rischio di essere torturati o maltrattati".

by www.osservatoriosullalegalita.org

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