NOTIZIARIO del 30 gennaio 2004

 
     

Gli inglesi indagano un avvocato italiano gia' noto per Telekom Serbia e altre storie...
a cura di Giulia Alliani

The Independent del 28 gennaio riportava la seguente notizia: "Tre giudici della Corte di Appello hanno chiesto di fornire spiegazioni ad un italiano, Giovanni di Stefano, che sostiene di essere un avvocato penalista."

SECONDO IL GIUDICE ROSE, VICE-PRESIDENTE DELLA CORTE D'APPELLO PENALE, DI STEFANO NON HA IL DIRITTO DI ESERCITARE IN INGHILTERRA. ROSE SI RISERVA DI SVOLGERE ULTERIORI INDAGINI SULLE QUALIFICHE DI DI STEFANO. DOPO L'UDIENZA DURANTE LA QUALE ERA STATA SOLLEVATA LA QUESTIONE

"...il Signor Di Stefano ha detto ai giornalisti che se i giudici avessero avuto la cortesia di chiederglielo egli stesso avrebbe provveduto a produrre la prova della sua qualifica. Di Stefano ha mostrato una Carta d'Identita' italiana che certifica che la sua professione e' quella di avvocato, e alcune tessere che dimostrano la sua appartenenza alla American Bar Association e alla International Bar Association. Un portavoce della Law Society of England and Wales ha dichiarato che il Signor Di Stefano non risulta registrato come avvocato straniero accreditato in questo paese e che la Law Society sta fornendo assistenza alla Polizia nelle sue indagini."

Ma il nome di Di Stefano lo ricordiamo per averlo gia' sentito in relazione alla vicenda Telekom Serbia.

Da "La Stampa" del 29 agosto 2003, intervista di Guido Ruotolo:

"...Dopo Marini adesso è il turno delle rivelazioni del faccendiere amico del regime di Milosevic, plurindagato da diverse procure italiane, l'avvocato Giovanni Di Stefano. Di Stefano dice che non furono pagate tangenti per Telekom Serbia anche se tutti sapevano dell?affare. Come valuta le sue rivelazioni? Anche Di Stefano sarà convocato a palazzo San Macuto?

Furono i radicali a sollecitarne l'audizione, sulla base che Di Stefano avrebbe introdotto una nuova circostanza, e cioè che un parlamentare di Alleanza nazionale, che allora parlamentare non era, l'onorevole La Starza, essendo pilota, avendo effettuato dei voli tra Belgrado e Roma, avrebbe trasportato dei personaggi proprio nel periodo in cui si chiudeva l'affare Telekom Serbia.

La Starza, sentito in commissione, ha spiegato che era pilota, titolare di una compagnia di aerei adibiti al trasporto passeggeri e che era disponibile a fornire ogni spiegazione. Dopodichè ci siamo fermati: tutte le volte in cui si sono state sollecitazioni che apparivano diversivi le abbiamo bloccate. Quando si è presentata l'occasione Di Stefano, non c'erano circostanze precise che potessero indicarci elementi utili. Adesso, dobbiamo valutare se sentirlo o meno?. "

Gian Antonio Stella, in un articolo per il Corriere della Sera, scrive:

"C'è qualche baccalà, in giro. Forse (forse) sono Lamberto Dini, Piero Fassino e gli altri tirati in ballo, se dovesse risultare vero che si son fidati di uno così. O forse sono quelli che, dimentichi di anni di battaglie turbo-garantiste tese a dimostrare che neppure il passaggio di 434.404 dollari in un?ora dal conto di Cesare Previti a quello di Renato Squillante è un buon indizio, prendono ora per buone tutte le cose sparacchiate dalla nuova gola profonda dell?affaire Telekom Serbia. Quella di Giovanni Di Stefano, noto al pianeta come il mitico Johnny Molise.

Un uomo dalla storia assolutamente fantastica. Quello che qualche buontempone descrive come un «avvocato di grido a Londra» (così di grido, evidentemente, da non avere bisogno di mettersi nell?elenco telefonico) fa irruzione nella vita della provincia italiana sgommando una mattina di qualche anno fa su una sontuosa Rolls Royce per le strade di Petrella Tifernina (Campobasso), da dove papà Carmelo e mamma Michela erano partiti con le valigie di cartone. Racconta di essere cresciuto in Inghilterra, di avere preso a Cambridge il massimo dei titoli di studio («Bachelor, Master e PhD») di essersi arricchito importando video da Hong Kong, di avere «inventato la deregulation delle banche», partecipato alla fallita scalata di Giancarlo Perretti e Florio Fiorini alla Metro Goldwin Mayer e di avere infine scelto come patria adottiva la Jugoslavia dei suoi amici Slobodan Milosevic e soprattutto Zelko Raznatovic, l'ex ultrà della Stella Rossa di Belgrado diventato ricco e famoso col nome di comandante Arkan.

Destinato a essere ucciso, contrattempo seccante che capita non di rado nei dintorni del nostro Johnny, poco prima di essere colpito da un mandato di cattura del tribunale dell?Aja per una serie di crimini tra cui l'assassinio di 250 pazienti dell?ospedale croato di Vukovar. Papà Michele, a dirla tutta, ha ricordi diversi. E spiega che «il ragazzo ci andava sì, all?università, ma poi s?era stancato» e che da allora aveva «lavorato come benzinaio, commesso, rappresentante». Più altri lavoretti, se è vero che aveva beccato una condanna a cinque anni per bancarotta fraudolenta.

Era il 1986. E il giudice Anthony Lewisohn dell'Old Bailey , il tribunale criminale londinese, lo aveva bollato come «un naturale truffatore» riconoscendolo colpevole d?avere incanalato soldi di piccoli risparmiatori su una finta banca, la Facari Bank, per farla fallire soffiando ai poveretti un paio di miliardi. Un giochetto che, insieme con altre operazioni spregiudicate, avrebbe spinto l? Evening Standard a salutarlo anni dopo come «The King con of Belgrade» giocando sull?assonanza con King Kong e con , in inglese, truffa.

In paese, si sa, le voci girano. E girarono anche laggiù a Petrella Tifernina. Ma Johnny non ci fece caso. E ostentando rotoloni di dollari lasciati con noncuranza sporgere dalle tasche, seminò il Molise intero di racconti strabilianti: e disse che aveva una villa con piscina a Hollywood, una casa ai Parioli, una in Spagna, una a Londra, uno yacht a Montecarlo, un jet personale, una Mercedes da 190 mila dollari, undici aero-taxi a Vienna...

Impazzirono, a Campobasso. «Iniziarono tutti a gridare che volevano Di Stefano - avrebbe ricordato anni dopo Carlo Scasserra, l?ex presidente della società di calcio -: "Johnny", dicevano, "Johnny, viene accà, accattete u? Campubbass?!" E io li ho accontentati: volete Johnny che vi porta in serie A? E piglietevi 'sto Johnny!». E chi l?aveva mai visto un presidente così? Si presentò scucendo decine di milioni per i fuochi d?artificio, sentenziò «nel Duemila la squadra sarà in A», arringò da Telemolise i tifosi ad abbonarsi e infine, voilà, il colpo da maestro: l'arrivo di mister Lekovic: «E' stato allenatore del Manchester».

U' Manchesterrre! A Campubbass?! Un delirio. Finché l?allenatore serbo, che conosceva solo quattro parole di italiano («Avanti! Atakare! Zegnare! Fincere!») non si rivelò un bidone. Come allenatore e come specchietto per le allodole: macché Manchester! «No sir, qui da noi non ha mai fatto neanche il massaggiatore. Sorry». Era una balla. Seguita da una catastrofe sportiva, finanziaria, giudiziaria e pure politica, dato che Johnny tentò inutilmente l?elezione a senatore nelle fila del Partito Popolare Progressista d?Ispirazione Cristiana. Costretto a mollare dopo aver mancato l'assalto alla Banca Popolare del Molise, stoppato dalla Consob per irregolarità plateali, sventolò sotto il naso dell?inviato del Diario un rotolo di banconote: «Ho soldi, avvocati, tempo e la farò pagare a tutti, specie ai molisani bastardi. Regione schifosa! Guarda quanti bigliettoni ho in tasca! Tu li hai fatti tutti questi soldi?».

Ciò detto, inseguito dai «mortacci» di quelli che ci erano cascati, compresi i padroni dei ristoranti dove aveva dato pantagrueliche cene elettorali (mai pagate, come le magliette da calcio e gli alberghi dei ritiri), l'«avvocato di grido della City» sparì. Per riapparire qualche tempo dopo nelle pagine degli esteri come uno degli avventurieri arricchitisi immensamente nel Far West di Belgrado e come minaccioso vendicatore di Slobodan Milosevic: «Faremo una fatwa. Una fatwa serba. Gli ipotetici obiettivi sono Javier Solana, il presidente Bill Clinton, ma pure quello francese e tedesco...».

Nelle pagine di politica come fondatore della Lega Sud: «Un esercito imbattibile. Ho 11 mila uomini pronti ad intervenire per l'unità d?Italia. Uno dei miei soldati vale cinque marines americani». E infine in quelle di cronaca nera in seguito all?arresto a Roma, dovuto a uno spiacevole ordine di cattura inglese. Seguito dall?estradizione, controfirmata (guarda coincidenza!) proprio da Piero Fassino, all?epoca ministro della Giustizia, col quale il nostro Johnny mostra d?avere il dente un po? avvelenato giacché, secondo lui, si trattava di «una vicenda penale fondata su documenti palesemente falsi, fabbricati in Inghilterra».

Ah! I giudici! Un incidente di percorso. Cose che possono capitare a uno che, alla nostra Maria Grazia Cutuli poi uccisa in Afghanistan, ammise che sì, aveva fondato una una società (Italian International Financing) per vendere dollari allo Zimbabwe e al Sud Africa nel periodo dell?embargo, ma non aveva rimorsi: «Quelli con i dollari compravano armi, lo sapevo, certo, sarà stato politically incorrect ma chi se ne frega... Non era affar mio».

Uomo di saldissimi principi morali, si vanta di conoscere il fior fiore dei potenti del mondo. Nell'ultimo elenco, stilato per il Guardian meno di un anno fa, citava ad esempio Mohamed Al Fayed, l'editore di Playboy Hugh Hefner, che vive in mezzo a conigliette nude in una villa con l?ingresso che dice «Veni, Vidi, Viagra», e poi l?ayatollah Khomeini e l?editore Rupert Murdoch e Yasser Arafat e il mafioso John Gotti e perfino Saddam Hussein («un uomo estremamente logico e grande lavoratore») e Osama Bin Laden: «Lo conobbi nel 1998 durante una visita a Bagdad: stringeva la sua mano calda come quella di un prete».

E Silvio Berlusconi? Niente? Ma sì, pure lui: «Io non dimentico gli amici», dichiara al Corriere nel 1995: «Nel dicembre ?89 dalla Fininvest ricevemmo 89 milioni di dollari per comprare in Inghilterra la catena Cinema 5». «Il più grosso sputanomi mai incontrato», ha scritto il Guardian .

Ecco, l'unica cosa che gli secca, spiega Johnny Molise, è non aver mai avuto occasione di incontrare Belzebù in persona: «Nella Bibbia non esiste una parola in difesa di Satana, tutti lo odiano, ma mi piacerebbe conoscere la sua versione dei fatti». Vatti a fidare della versione di Dio...

by Bollettino Osservatorio

_____________

I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE COPIATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE