![]() ![]() |
|||
NOTIZIARIO del 29
giugno 2004
|
|||
![]() |
![]() |
||
![]() |
![]() |
||
Corte
Costituzionale su Condono edilizio LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Gustavo ZAGREBELSKY Presidente - Valerio ONIDA Giudice - Carlo MEZZANOTTE " - Fernanda CONTRI " - Guido NEPPI MODONA " - Piero Alberto CAPOTOSTI " - Annibale MARINI " - Franco BILE " - Giovanni Maria FLICK " - Ugo DE SIERVO " - Romano VACCARELLA " - Alfio FINOCCHIARO " - Alfonso QUARANTA " ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), e dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 come risultante dalla conversione ad opera della legge 24 novembre 2003, n. 326 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), promossi con due ricorsi della Regione Campania (date omissis), con due ricorsi della Regione Marche, (omissis), con due ricorsi della Regione Toscana, (omissis) , con due ricorsi della Regione Emilia-Romagna (omissis), con due ricorsi della Regione Umbria, (omissis), con due ricorsi della Regione Friuli-Venezia Giulia (omissis), con un ricorso della Regione Basilicata (omissis) e con un ricorso della Regione Lazio (omissis). Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri nonché gli atti di intervento del Comune di Salerno, del Comune di Ischia e del Comune di Lacco Ameno, dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature (WWF) ONLUS e del CODACONS, del Comune di Roma; udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 2004 il Giudice relatore Ugo De Siervo; uditi gli avvocati (nomi omissis) l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Le Regioni (omissis) hanno impugnato l'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), ed in particolare i commi: 1, 2, 3, 5, 14-20; 25-31; 32 e seguenti (reg. ric. n. 76 del 2003); 1, 2, 3, 5, 6, 9, 10, 13, 14-20; 24-41 (reg. ric. n. 81 del 2003); 1, 3, 5, 6, 9, 10, 14-20; 24, 25-40 (reg. ric. n. 82 del 2003); 1, 2, 3, 4, 25, 26, lettera a), 28, 32, 35, 37, 38, 40, nonché l'Allegato 1 (reg. ric. nn. 83, 87 e 89 del 2003). La Regione Marche ha impugnato anche l'art. 32 citato nel suo complesso. 2. - Preliminarmente le ricorrenti evidenziano come - dopo la riapertura dei termini del condono edilizio previsto dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), disposta per effetto dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) - l'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 abbia nuovamente aperto detti termini, riproponendo, con qualche modifica, le regole sostanziali e procedurali dei due precedenti condoni edilizi, di modo che - sostiene la Regione Emilia-Romagna - "sommando tutti i periodi, ne risulta che [...] chiunque negli ultimi venti anni abbia effettuato opere edilizie in spregio alle regole sostanziali e formali di governo del territorio ha potuto o potrà trarre vantaggio dal proprio illecito". Sostengono le ricorrenti che il comma 2 della norma censurata dispone che la normativa in questione è posta "nelle more dell'adeguamento della disciplina regionale al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380", e facendo comunque "salve le competenze delle autonomie locali sul governo del territorio". Su tale base, alcune delle Regioni (ad esempio, la Regione Toscana) sostengono che quanto appena evidenziato dovrebbe comportare l'inapplicabilità del medesimo art. 32 nei territori di quelle Regioni che abbiano già provveduto a dotarsi di una disciplina coerente con le linee guida fornite dallo Stato mediante il citato testo unico. In tale evenienza verrebbe meno lo stesso motivo di doglianza delle Regioni in questione. Le censure, viceversa, sono proposte per il caso in cui si ritenesse che la prescrizione di cui al comma 2 citato non valga ad escludere le Regioni che si sono già adeguate al disposto del testo unico dall'ambito di applicabilità della disciplina impugnata. In relazione al citato comma 2, la Regione Marche ritiene "del tutto formale e pretestuoso" il richiamo compiuto da tale disposizione al testo unico dell'edilizia, in quanto quest'ultimo "non ha innovato il sistema normativo, ma ha confermato e riordinato i principi vigenti senza peraltro prevedere alcuna esigenza di sanatoria". Il fulcro della disciplina oggetto delle doglianze regionali è contenuto nel comma 25 dell'art. 32, il quale prevede che "le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi", e che "le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria". Le ricorrenti riconoscono che il comma 3 dell'art. 32 afferma che "le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del (...) titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali", evidenziando tuttavia come le minute e dettagliate disposizioni del medesimo art. 32 lascino margini di manovra del tutto esigui alle autonomie regionali, per di più da esercitare entro il termine temporale assai ristretto fissato dal comma 33. In definitiva, gli spazi nei quali sarebbe ammesso l'intervento regionale sarebbero: a) l'aumento sino ad un massimo del 10 per cento della misura dell'oblazione; b) l'incremento degli oneri di concessione sino ad un massimo del 100 per cento; c) la individuazione delle modalità di attuazione della regola che consente a coloro che intendano eseguire in tutto o in parte le opere di urbanizzazione primaria di "detrarre dall'importo complessivo quanto già versato, a titolo di anticipazione degli oneri concessori"; d) la possibilità di prevedere l'obbligo di allegare "ulteriore documentazione" alla domanda di condono; e) la possibilità di consentire con proprie leggi la sanatoria degli abusi di minore gravità (restauro e risanamento conservativo, nonché la semplice manutenzione straordinaria), mentre per gli abusi più gravi non vi sarebbe alcun margine di scelta per le autonomie regionali. 3. - Con un primo gruppo di censure le Regioni lamentano la violazione dell'art. 117 della Costituzione. In particolare, la Regione Marche sostiene che la disciplina in esame dovrebbe essere collocata nell'ambito della materia "edilizia", la quale, non essendo "nominata" tra le materie dell'art. 117 Cost., ricadrebbe automaticamente nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Ciò basterebbe per ritenere costituzionalmente illegittime le disposizioni impugnate, in quanto dettate in un ambito nel quale lo Stato non avrebbe alcuna potestà legislativa. Anche a non voler considerare la disciplina dell'edilizia come afferente ad una materia autonoma, secondo la Regione Marche, essa andrebbe comunque collocata nell'ambito dell'urbanistica, la quale - dovendo essere distinta, sulla base di quanto appena evidenziato, dal "governo del territorio" - non potrebbe che essere considerata materia di competenza residuale delle Regioni. Le conclusioni sarebbero dunque le medesime di quelle più sopra richiamate, ossia la illegittimità costituzionale di qualunque normativa statale in detto ambito materiale. Analoghe sono le argomentazioni svolte dalla Regione Campania, la quale - adducendo in termini meramente formali anche la violazione dell'art. 114 Cost. - considera la normativa oggetto del presente giudizio ricadente nell'ambito dell'urbanistica, e quindi afferente alla competenza residuale delle Regioni. Quale ulteriore ipotesi interpretativa le Regioni Marche e Campania suggeriscono la collocazione della disciplina impugnata nell'ambito della materia "governo del territorio", contemplata dall'art. 117, terzo comma, Cost. A tale conclusione si giungerebbe considerando l'urbanistica - cui afferirebbe l'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 - non quale materia autonoma ma ricompresa in tale, più ampia, qualificazione. A sostegno di tale impostazione viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 303 del 2003, nella quale si affermerebbe che la disciplina dei titoli abilitativi alla edificazione rientrerebbe nell'ambito dell'urbanistica, che a sua volta sarebbe compresa nel "governo del territorio". Anche collocandosi in tale ordine di idee, l'illegittimità costituzionale della disciplina impugnata sarebbe del tutto evidente. Ciò in quanto, nell'ambito della materia "governo del territorio", lo Stato potrebbe porre solo norme idonee ad esprimere principi fondamentali. E tali non potrebbero certo essere considerate le norme che prevedono e regolano la sanatoria edilizia. Le ricorrenti, infatti, evidenziano come la giurisprudenza costituzionale abbia a più riprese sottolineato che principi fondamentali possono essere ritenuti "solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono per i principi enunciati o da esse desumibili" e che, comunque, i principi fondamentali devono essere caratterizzati da "un livello di maggior astrattezza rispetto alle regole positivamente stabilite dal legislatore regionale" (vengono richiamate al riguardo le sentenze di questa Corte n. 482 del 1995 e n. 65 del 2001). La disciplina impugnata, invece, sarebbe senz'altro qualificabile come normativa di dettaglio, contenendo una disciplina particolareggiata del procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Le ricorrenti ritengono, in sintesi, che la normativa posta dalle disposizioni impugnate sia illegittima, in quanto "minuziosa, dettagliata, autoapplicativa, direttamente operativa nei confronti dei privati interessati, laddove, invece, i principi fondamentali della materia dovrebbero essere rivolti al legislatore regionale che poi dovrebbe articolare la normativa applicabile ai terzi interessati". Né essa sarebbe stata configurata come normativa cedevole rispetto alle leggi regionali. Più in generale, secondo le ricorrenti, sarebbe la stessa idea di condono edilizio a porsi irrimediabilmente in contrasto con la possibilità di qualificare le norme che lo prevedono quali principi fondamentali della materia. A questo riguardo le Regioni richiamano, tra le altre, le sentenze di questa Corte n. 369 del 1988, n. 416 del 1995 e n. 427 del 1995. Da tali decisioni emergerebbe con chiarezza come, secondo il giudice costituzionale, il condono edilizio possa giustificarsi esclusivamente quale misura del tutto straordinaria ed eccezionale, in quanto tale non reiterabile, e tale da dover trovare - per poter essere ritenuto conforme a Costituzione - specifiche giustificazioni in punto di ragionevolezza, le quali, pur se ritenute sussistenti nel caso dei precedenti condoni, sarebbero del tutto assenti nel caso presente. La correttezza di tali argomentazioni, peraltro, sarebbe corroborata - secondo le ricorrenti - da quelle decisioni della Corte costituzionale le quali evidenziano che, affinché si possa discorrere di principio fondamentale, è necessario che la norma in questione esprima una consapevole scelta di politica legislativa, o, quantomeno, sia in grado di orientare i futuri interventi legislativi: ciò che, con tutta evidenza, mancherebbe nel caso della sanatoria. Anzi, quest'ultima si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali vigenti nella materia in questione, travolgendoli senza appello, dal momento che tali principi contemplerebbero, invece, proprio l'obbligo di perseguire e sanzionare gli abusi, nonché la necessità di ridurre ed eliminare per quanto possibile le conseguenze lesive di questi ultimi. Né sarebbe possibile considerare la disciplina impugnata come espressione della competenza statale concernente l'ordinamento penale. Al riguardo, la Regione Emilia-Romagna ritiene che "l'irriducibilità del condono edilizio alla questione penale [sia] già stata affermata [dalla Corte costituzionale] nel momento stesso in cui essa ha dichiarato ammissibile il ricorso regionale avverso l'art. 39 della legge n. 724 del 1994". In secondo luogo - espone la Regione - in contestazione non è affatto l'esclusività del potere statale nel disporre del "potere di clemenza in materia penale"; viceversa, ad essere oggetto di contestazione "è che disponendo di ciò di cui lo Stato poteva disporre, lo Stato abbia anche disposto di ciò di cui non poteva disporre, cioè della sanzionabilità in via amministrativa degli illeciti edilizi". Secondo la Regione Marche, nel caso di specie, lo Stato, utilizzando una norma penale di favore, in realtà "disciplinerebbe procedimenti e norme sostanziali relative all'ordinato assetto del territorio e al corretto esercizio delle attività edilizie, determinando la violazione delle competenze in materia di governo del territorio". Neanche in base alla norma costituzionale concernente il "coordinamento della finanza pubblica" sarebbe possibile ritenere lo Stato legittimato a dettare norme quali quelle impugnate. In primo luogo, non sarebbe giustificabile in base a tale competenza "asservire" la materia urbanistica ed edilizia alle esigenze finanziarie. In secondo luogo, in vista del coordinamento della finanza pubblica, lo Stato potrebbe solo porre principi fondamentali; e la normativa impugnata non sarebbe in alcun modo classificabile quale determinazione di principi fondamentali. by www.osservatoriosullalegalita.org ___________ I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE
|
|