NOTIZIARIO del 14 marzo 2004

 
     

Lettera di Marco Travaglio a Vittorio Feltri

Un paio di giorni fa Libero ha pubblicato una lettera di Marco Travaglio che, chiamato in causa e accusato di reticenza in un editoriale di domenica scorsa, ha replicato con dei dati. Ha ricevuto una risposta del Direttore argomentata con epiteti quali "sciocchino", "bananone", "pollastrone". Non e' una novita': chi non ha argomenti, ricorre all'insulto. Ma se, come risposta agli insulti, arrivano altri argomenti, allora la faccenda si complica e per superare la difficolta', prima di pubblicare, bisogna prender tempo, informarsi e riflettere. Intanto, in attesa di vederla pubblicata su Libero, Marco Travaglio ci ha fatto conoscere la sua risposta:

Signor direttore,

alla malafede non c´è mai limite. Soprattutto dalle sue parti.

Se questo la fa stare meglio, resti pure convinto che Gomez e io teniamo in un cassetto i famosi verbali di Tanzi e non li tiriamo fuori perché citano nostri presunti "amici" (tutta gente che, notoriamente, ci detesta e talvolta ci denuncia). Visto che però, magari, c´è ancora qualche lettore che le crede, preciso che né io né Gomez quei verbali li abbiamo mai avuti. Sandro Sallusti è stato più bravo o più fortunato di noi, e non capisco perché lei tenti di sminuirne i meriti, accreditando l´idea balzana che il suo scoop fosse alla portata di tutti.

Gomez, che è molto più bravo di me a trovare le notizie, era riuscito a ricostruire il contenuto di quei verbali, ma non il testo: si apprestava a pubblicare il tutto martedì scorso, come le dico per la terza volta sperando che lei, prima o poi, capisca. Senonchè, martedì, mentre iniziava a scrivere, ha aperto Libero e vi ha trovato la prima puntata della Tanzi-story. Così ha desistito. Sono cose che capitano spesso a chi lavora in un settimanale.

Uno si ingegna giorno e notte per trovare qualcosa di diverso dai quotidiani, e poi al momento di scrivere un quotidiano glielo brucia. Lei dovrebbe saperne qualcosa, visto che un paio di settimanali li ha diretti. Come faceva Gomez, il martedì, a sapere che voi avreste diluito un paio di verbali di Tanzi in ottocento puntate, manco fosse Calisto di Rivombrosa? Pensava che li avreste esauriti in pochi giorni, e che il venerdì l´Espresso sarebbe uscito con materiale già vecchio.

Quanto a me, quei verbali non li avevo. Altrimenti li avrei pubblicati, come ho sempre fatto (e adesso attendo con ansia che lei mi smentisca e mi "copra di ridicolo", se ci riesce: possibilmente con qualche prova).

Sorvolo sulle sue sciocchezze a proposito di Telekom Serbia (lo scandalo lo sollevò D´Avanzo su Repubblica, e me ne occupai anch´io sullo stesso giornale: ma riguardava le mediazioni da 50 miliardi pagate dalla banda Milosevic a due "facilitatori", uno italiano e uno serbo, non le tangenti inventate su Commissione dai vari Volpe, Marini, Romanazzi e da altri peracottari ai quali i commissari del Polo, i telegiornali, il Giornale e, a giorni alterni, Libero hanno prestato fede per mesi).

Può darsi che a me le notizie - come gentilmente lei ha scritto - "diano l´orticaria". Dipende da quali. Quando, per esempio, lessi sul suo "Giornale" che "L´Arno si appresta a invadere Firenze", o che "Scoppia il colera a Messina", o che Di Pietro "progettava una rivoluzione" o aveva "un tesoro di 5 miliardi in Austria", provai in effetti un certo prurito. Perché si trattava di bufale.

Bufale come quella che lei ha scritto a proposito del "banano Travaglio" l´altro giorno, accusandomi di non aver parlato del vostro scoop. Io le ho dimostrato di essere stato l´unico giornalista a parlarne (l´ho rifatto domenica pomeriggio al Palaforum, prima dello spettacolo di Fo e Rame, davanti a 5 mila persone, e non finirò mai di pentirmene).

Le ho dimostrato che lei ha mentito. Lei, invece di riconoscerlo, preferisce cambiare discorso, accusandomi di non aver citato l´elenco completo dei nomi. Sa benissimo che sarebbe stato impossibile, nel breve spazio di una rubrica come "Bananas", condensare nomi, cognomi, circostanze, cifre e relative smentite, precisazioni, rettifiche, preannunci di querela pubblicati in una trentina di pagine di Libero (mi fossi limitato alla lista senza i particolari di contorno, mi sarei beccato non una, ma venti o trenta querele, e le avrei giuistamente perse tutte).

Ho scritto che avete fatto un bello scoop, ho precisato che Tanzi dice di aver pagato "esponenti di destra, di centro e di sinistra", e visto che la rubrica si occupava di Ferrara ho ricordato gli accorati appelli di quest'ultimo per far scarcerare Tanzi, possibilmente prima che parlasse. Se poi lei vuol trovare liste di nomi di tutti i colori, con annesse tangenti, non ha che da sfogliare i libri che ho scritto, da solo o a quattro mani con Gomez, Barbacetto, Veltri.

Per raccontare le tangenti rosse in "Mani pulite - La vera storia", per esempio, abbiamo rinunciato a un principesco contratto con Feltrinelli, che pretendeva di farci tagliare un paragrafo dedicato a Fassino e uno a D´Alema. Il libro uscì, ovviamente integrale, per Editori Riuniti. Si figuri se ci impressionano un De Castro, un Colombo, un Minniti.

Le scrivo tutto questo non perché io debba giustificarmi di ciò che scrivo con uno come lei. Ma soltanto perché la sua insolenza e la sua malafede possono aver tratto in inganno qualche lettore che, non conoscendola, le dà ancora ascolto. A costoro, tanto per farsi un´idea, suggerisco di fare una capatina in emeroteca e di consultare le collezioni del "Giornale" da lei diretto dal '94 al '97 e di cercare le leccatine e leccatone firmate Feltri e/o Farina a quel povero martire di Cesare Romiti, perseguitato dai giudici cattivi di Torino per i fondi neri della Fiat.

Era il periodo in cui i verbali e le relative notizie le davano l´orticaria, e il falso in bilancio, almeno quello targato Fiat e Fininvest, era per lei una preclara virtù. Era il periodo in cui ogni arresto era un abuso e ogni confessione il frutto bacato di una tortura. Salvo casi di omonimie, doveva essere proprio lei il Feltri che il 18 agosto 1996 scriveva sul Giornale: "La paura della galera è una cosa talmente seria che non può essere adoperata per ottenere confessioni. Una giustizia che consente che accadano fatti del genere, quanto a spirito nazista, è seconda soltanto a chi l'amministra nel modo che sappiamo".

E doveva essere ancora lei il Feltri che il 25 e il 31 agosto '96 aggiungeva: "Tutti i pentiti spifferano per convenienza... Quello del pentito è un signor mestiere. Per svolgerlo egregiamente si tratta di rispondere alle domande di giudici ambiziosi e politicizzati. Occhio a rispondere non a cavolo, ma attenti ad accontentare le aspettative di chi interroga, che di solito sono trasparenti... Devi sempre essere disposto a sputtanare qualcuno -innocente o colpevole non importa- che i giudici per motivi loro (non indagare) desiderano sia sputtanato".

Ecco: perchè oggi non dice che quel sant'uomo di Tanzi viene tenuto in carcere per fargli sputare nomi di galantuomini che i giudici politicizzati desiderano sputtanare?

Lo so, sarebbe una corbelleria. Ma tanto, una più, una meno...

MARCO TRAVAGLIO

P.S. Guardi che Segni si chiama Mario, non Antonio. Antonio era il padre, faceva il presidente del Consiglio e poi della Repubblica: non foss´altro che per l´anagrafe, con Tanzi non c´entra.

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