NOTIZIARIO del 27 ottobre 2004

 
     

censura mediatica : l' Italia nel rapporto mondiale RSF
di red

Anche l'Italia fra i Paesi europei meno rispettosi della liberta' di stampa, insieme alla Spagna, nella classifica mondiale che per la terza volta viene pubblicata dall'organizzazione Reporter sans frontieres.

Per elaborare questa classifica, Reporter senza frontiere ha chiesto alle organizzazioni partner (14 associazioni di difesa della liberta' di stampa sparse nei cinque continenti), alla sua rete di 130 corrispondenti, ad alcuni giornalisti, ai ricercatori, ai giuristi o ai militanti dei diritti umani di rispondere a un questionario di 52 domande.

Nella classifica compaiono 167 nazioni, mentre le altre sono assenti per mancanza di informazioni. I Paesi piu' liberi si attestano ai primi posti, mentre quelli che mettono in atto piu' censure oppure vedono persecuzioni nei confronti dei terroristi da parte delle autorita' politiche, della magistratura o della criminalita' organizzata, occupano gli ultimi posti.

E qui troviamo molti Paesi dell'Asia orientale (Corea del Nord, 167° in ultima posizione; Birmania, 165° ; Cina, 162° ; Vietnam, 161° ; Laos, 153°) e del Medio-Oriente (Arabia saudita, 159° ; Iran, 158° ; Siria, 155° ; Iraq, 148°). In questi paesi, denuncia l'associazione, la stampa indipendente è semplicemente inesistente e i giornalisti devono fare quotidianamente i conti con la repressione o con la censura.

Non sono garantite inoltre ne' la liberta' di informazione, ne' la sicurezza dei giornalisti. La guerra in corso in Iraq si sta rivelando, per chi fa informazione, il conflitto piu' micidiale di questi ultimi anni (44 uccisi dall’inizio del conflitto, nel marzo del 2003).

Spiccano in negativo, fra le altre nazioni Cuba (166° posto), la Cina, la piu' grande prigione del mondo per i giornalisti, 26 detenuti che dopo essere stati condannati a pene detentive che vanno dai 14 ai 27 anni di carcere, marciscono in prigione dalla primavera del 2003.

In positivo troviamo i Paesi dell’Europa del Nord (Danimarca, Finlandia, Irlanda, Islanda, Norvegia, Paesi-Bassi), vere e proprie oasi di pace per i giornalisti, tanto che fra i 20 paesi meglio classificati, solo tre non sono europei (Nuova-Zelanda, 9°; Trinidad e Tobago, 11° ; e il Canada, 18°). La posizione della Grecia (33° posto) è imputabile alla moltiplicazione di ostacoli al lavoro dei giornalisti in occasione dei Giochi olimpici.

Altre piccole democrazie, spesso economicamente piuttosto povere, rientrano pero' tra i paesi tradizionalmente piu' rispettosi della liberta' di stampa, secondo l'organizzazione: in America centrale troviamo El Salvador (28°), il Costa Rica (35°) e Capo Verde (38°); in Africa la Namibia (42°), in Asia Timor Est (57°).

Il nostro Paese si trova al 39° posto insieme alla Spagna, ma se nel Paese iberico la situazione negativa e' da imputarsi principalmente allla passata gestione Aznar, nel nostro viene rilevato il persistente conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, allo stesso tempo presidente del Consiglio e proprietario di un impero mediatico, con pesanti riflessi sull'indipendenza del settore radiotelevisivo.

Ma la relativa cattiva posizione e' dovuta, quest’anno, anche alle perquisizioni, alle violazioni del segreto delle fonti giornalistiche durante le inchieste giudiziarie, nonche' alla condanna a pene detentive di giornalisti.

Dal rapporto si rileva che alcune legislazioni di Paesi dell'Unione Europea non sono ancora conformi agli standard europei che raccomandano di sopprimere le pene detentive per i reati a mezzo stampa, mentre, fra gli aspiranti, la Turchia (113°) non traduce in pratica i progressi legislativi fatti nella prospettiva dell'adesione all'Unione.

Lo speciale libera stampa con la bocciatura all'Italia dell'UE, dell'OSCE e del Consiglio d'Europa


by www.osservatoriosullalegalita.org

___________

I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO E LINKANDO LA FONTE

 

 

Speciale 2003 con rapporto OSCE sull'informazione in Italia

Il Consiglio d'Europa sull'informazione in Italia

Il rapporto del parlamento UE sui media